Welfare
Sorpresa, l’agenzia immobiliare si veste di sociale
Viaggio tra le esperienze di mediazione per le fasce deboli
di Redazione
A Milano si punta a un fondo di garanzia per inquilini fragili. A Verona si trova un tetto alle famiglie di immigrati. A Bergamo il Comune fa da garante per gli inquilini stranieri. A Forlì le aziende hanno unito le forze per trovar casa ai dipendenti. Un mercato innovativo,
con numeri in crescita
Mediazione immobiliare. È questa la nuova frontiera della cooperazione sociale. Del resto è il mercato a chiederlo. La fascia di popolazione in cerca di affitto senza i requisiti per accedere all’edilizia popolare, ma non più in gradi di restare sul mercato infatti è sempre più larga. I numeri (vedi box) sono lì a dimostrarlo. Umberto Zandrini, del Sistema consortile metropolitano milanese (una rete di vari consorzi provinciali, con 113 cooperative sociali 3.200 occupati di cui 310 svantaggiati, aderente al gruppo Cgm) proprio nel capoluogo lombardo sta mettendo in piedi un progetto all’avanguardia. Obiettivo: replicare il modello Barcellona. Sulla carta il meccanismo è semplice e, allo stesso tempo, efficace. «L’idea», spiega lo stesso Zandrini, «è di creare un’Agenzia immobiliare mista pubblico-privato che gestisca un fondo di garanzia e che funga da garante fra inquilini “fragili” e proprietari immobiliari». Fra i primi vanno compresi non solo le fasce di cittadinanza “svantaggiate” (per lo più minori in difficoltà, anziani e disabili psichiatrici), ma anche i nuovi esclusi dal business immobiliare: studenti fuori sede, famiglie monoreddito e soprattutto gli immigrati. Categorie fortemente marchiate dal rischio solvibilità.
Gli stereotipi negli anni non si sono estinti. «Il mercato ancora non è aperto», spiega Gianni Chiesa, dell’associazione Casa Amica di Bergamo, nata grazie all’impegno di alcune amministrazioni locali, «serve sempre qualcuno che intervenga per garantire, spesso è il Comune. Qui gli enti stanno dimostrando una grande sensibilità, ora gestiamo circa 260 appartamenti. Ma senza il loro intervento gli immigrati non potrebbero mai usufruire di canoni moderati». I proprietari, infatti, tendono ad alzare i prezzi per mettersi al riparo dai temuti danni.
Per fortuna c’è anche chi, rispetto al passato, ha registrato un miglioramento: «Sempre più persone ci affidano gli appartamenti a prezzi più bassi della norma», dice Giuseppe D’Ovidio, presidente della Società per l’affitto di Forlì, «le agevolazioni fiscali che il Comune ha stanziato per chi accetta di affittare a canone sostenibile hanno spinto molti proprietari in questa direzione». D’Ovidio gestisce una vera società, creata dalle industrie della zona per i propri dipendenti stranieri, anche se ormai ne usufruiscono anche gli italiani: «Le aziende trattengono dalla busta paga la rata e i lavoratori danno un piccolo contributo (circa 100 euro per quattro anni ndr)».
«Gran parte dei nostri alloggi deriva da palazzi pubblici dismessi che abbiamo ristrutturato e poi riaffittato con pigioni tra il sociale e il popolare», racconta Sara Travaglini, della cooperativa Dar Casa di Milano, «in questo modo aiutiamo chi ha bisogno di un aiuto e facciamo un servizio per tutti rimettendo in sesto questi vecchi complessi».
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.