Quale sviluppo?

Sostenibilità, gli economisti europei: «Politici tornate a studiare!»

Sono già oltre 260 gli esperti accademici che hanno sottoscritto la dichiarazione di Copenaghen: rendicontazione solida e dovuta diligenza non sono oneri, ma vantaggi strategici per la competitività, la resilienza e l'innovazione dell'Europa. Tra i 7 coautori, l’italiana Gaia Melloni, docente a Losanna

di Nicola Varcasia

Sono preoccupati per il futuro delle politiche di sostenibilità in Europa. Perché si stanno scambiando le giuste esigenze di semplificazione con una marcia indietro su principi, metodi e, dunque, impatti generati. Ad esprimersi è un gruppo di oltre 260 studiosi europei di economia, che si sono pronunciati contro il modo in cui l’Europa sta portando avanti il decreto Omnibus.

C’è luce in Danimarca

Come spiega il professor Andreas Rasche, docente presso la Copenhagen business school e primo firmatario di quella che il gruppo chiama, appunto, dichiarazione di Copenaghen in quanto redatta proprio nella capitale danese: «Pur sostenendo gli sforzi dell’Ue per semplificare le normative e creare quadri più efficienti, siamo allarmati dall’attuale direzione dei negoziati omnibus e pertanto esortiamo a perseguire la semplificazione senza compromettere l’integrità e l’ambizione della Csrd e della Csddd». Ossia delle due direttive che hanno rispettivamente modificato le regole della rendicontazione di sostenibilità e introdotto un nuovo concetto di dovuta diligenza delle aziende lungo la catena del valore.

Pool internazionale

La dichiarazione, tra i cui autori spicca anche l’italiana Gaia Melloni, docente all’università di Losanna, fa leva su cinque aspetti. Primo: procedere alla tanto desiderata semplificazione «sulla base di solide prove accademiche». Un invito, questo, ad abbandonare temi e toni retorici parlando di questioni così serie. Secondo: allineare le riforme con la scienza del clima. Terzo, garantire la coerenza normativa, mantenendo la soglia di applicazione della Csrd a 500 dipendenti, evitando cioè che vada a coinvolgere un numero troppo esiguo di aziende e comunque diverso a seconda delle diverse norme. In sostanza, spiegano gli esperti, per mantenere la coerenza con la direttiva sulla rendicontazione non finanziaria (Nfrd), le imprese con più di 500 dipendenti dovrebbero rimanere nel perimetro di rendicontazione della Csrd. Questa inclusione è necessaria per creare, a livello Ue, un insieme coerente e significativo di soggetti tenuti al reporting.

La diligenza è dovuta

Quarto: bilanciare costi e benefici a lungo termine: l’attuale proposta, osserva il gruppo di docenti, si concentra quasi esclusivamente sulla riduzione degli oneri, «trascurando la vasta mole di ricerche che dimostra il valore economico di lungo periodo delle pratiche di rendicontazione di sostenibilità e di due diligence». Quinto, salvaguardare la due diligence basata sul rischio. Per concretizzare questo che è un principio cardine delle normative in questione, secondo gli esperti la Csddd deve restare allineata agli standard internazionali, in particolare ai Principi guida Onu su imprese e diritti umani e alle Linee guida Ocse per le imprese multinazionali. Questo allineamento garantisce chiarezza giuridica e coerenza etica oltre i confini.

L’invito ai politici

Gli autori della dichiarazione hanno compilato anche una serie di ricerche in merito che i responsabili politici dell’Ue possono utilizzare per decidere al meglio nei negoziati finali, «ad esempio quando si tratta di valutare i costi rispetto ai benefici a lungo termine», aggiunge Rasche, che conclude: «La semplificazione non è il problema: il rischio sta nell’indebolire l’integrità e l’ambizione delle normative vitali sulla sostenibilità». Il messaggio è chiaro: cari politici europei, state decidendo del nostro futuro, preparatevi un po’ di più.

Foto in apertura, il Parlamento europeo, dal sito della Commissione.

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