Non profit
Sovvenzioni sporche:lo scandalo senza fine del Cip 6
Il governo lascia in piedi la "truffa in bolletta". Anzi, la rilancia...
di Redazione

Cambiano i governi, ma il famigerato Cip6 non cambia mai. Anzi, resiste da 16 anni. Anche il governo Prodi, infatti, ha avallato il provvedimento del Comitato interministeriale prezzi del 29 aprile 1992 n. 6, comunemente noto come Cip6, che concede un regime di benefici per incentivare l’uso di fonti rinnovabili – ma che rinnovabili non sono – in contrasto con le disposizione e le leggi europee. Un provvedimento da sempre osteggiato da tutto il movimento ambientalista.
Dal 1992 il Cip6 preleva dalle tasche degli italiani, attraverso le bollette elettriche, una quota che va dall’8 al 10%. Il meccanismo di incentivazione del Cip6 in Italia, piuttosto che sostenere le fonti rinnovabili ha premiato le «fonti assimiliate» che tutto sono fuorché rinnovabili e pulite. Sotto la dicitura di fonti assimilate vanno i rifiuti indifferenziati, gli scarti di raffineria, i prodotti petroliferi, ecc. Si è venuto a creare così un meccanismo perverso e ingiusto che ha semplicemente sottratto ingenti risorse economiche ai contribuenti. Da 16 anni, circa l’80% dei soldi che gli italiani hanno pagato, pensando di finanziare le rinnovabili, hanno piuttosto alimentato una vera e propria truffa ai danni dei cittadini e dello sviluppo sostenibile. Si tratta di un meccanismo illegittimo che andrebbe al più presto abolito, a favore di sistemi più virtuosi quali certificati bianchi per le raccolte differenziate, e meccanismi in “Conto energia” da destinare alle fonti energetiche rinnovabili vere e sostenibili.
Le sovvenzioni “sporche” del Cip6 sono state utilizzate dal governo anche per avviare a soluzione l’«emergenza» (si può ancora chiamare tale una situazione che dura da 13 anni?) rifiuti in Campania. Con un’ordinanza del presidente del Consiglio, Romano Prodi è stata infatti estesa l’assegnazione delle agevolazioni tariffarie Cip6 agli impianti di termodistruzione o di gassificazione che saranno realizzati nei territori dei Comuni di Acerra e di S. Maria la Fossa e della provincia di Salerno. Questa la conclusione trovata dal governo all’indomani della fallita gara d’appalto per la realizzazione dell’impianto di Acerra, per il quale erano in corsa Asm (A2A) e la francese Veolia. Mentre i contributi dei cittadini, i soldi pubblici, finirebbero in una sorta di procedura a trattativa privata, senza che la popolazione sia sufficientemente informata sui meccanismi e sulla reale destinazione dei finanziamenti.
«Questo provvedimento, in deroga alle norme nazionali e comunitarie», ha detto Andrea Masullo, responsabile scientifico Energia e rifiuti WWF Italia, «va ad incentivare la vendita dell’energia prodotta dagli inceneritori, per rendere economica una soluzione che senza sostegno pubblico non lo sarebbe».
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