Può un assassino, un killer di mafia che si è macchiato di oltre 40 omicidi, pentirsi veramente, ritrovare la fede ed ottenere il perdono di Dio? Ne ho parlato a lungo con don Massimiliano De Simone, 40 anni, cappellano del carcere dell’Aquila. Il prete che ha avuto per circa otto mesi, fra il 2008 e l’inizio del 2009, colloqui frequenti con Gaspare Spatuzza.
Come è nato questo rapporto?
«È stato lui a cercarmi. Quando è arrivato all’Aquila aveva già iniziato un suo percorso, con il cappellano del carcere di Ascoli Piceno da cui proveniva. Mi ha voluto raccontare tutta la sua vita. Colloqui lunghi, ogni volta tre ore. Un giorno sì e un giorno no. Dialoghi intensi, spesso interrotti dal pianto».
Lei crede a un’autentica conversione? Non potrebbe essere una “recita” per accreditarsi come pentito?
«Credo sia una conversione autentica. Sono un prete, non mi interessa il lato politico-giudiziario con le possibili strumentalizzazioni. Dio, se vuole, può toccare il cuore anche del delinquente più incallito. Ho visto con i miei occhi il rammarico e la vergogna di Spatuzza mentre raccontava tutto il male compiuto nella sua lunga carriera criminale. Un rapporto continuato per molti mesi, non solo l’impressione o lo sfogo di un momento».
Emilio Fede ha fatto ironia su di lei, il prete che abbraccia uno spietato assassino…
«Non ci bado. Ma mi ha amareggiato vedere come sia stato trattato dai media l’aspetto della “conversione” di Spatuzza. Ignorato o deriso».
Spatuzza è accusato anche dell’omicidio di don Pino Puglisi, il parroco del rione Brancaccio?
«Mi ha raccontato che qualche giorno prima era stato mandato a fare un sopralluogo, per preparare l’esecuzione. E già allora era rimasto colpito dal sorriso, mite, di quel piccolo prete indifeso. Poi quello stesso sorriso lo rivide il giorno dell’omicidio mentre il suo complice, Salvatore Grigoli, stava per premere il grilletto. Sono convinto che l’omicidio di don Puglisi sia stato dirompente nella storia della mafia.
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