Nell’agosto del 2001 una ricerca Ipsos in Gran Bretagna stabilì che il 77% degli intervistati era in grado di riconoscere correttamente a colpo d’occhio il logo del WWF. Un risultato straordinario che testimonia della geniale intuizione che ebbe nel 1961 il creatore del piccolo panda in bianco e nero: Sir Peter Scott. Ad ispirare il logo fu un panda in carne ed ossa, dal nome Chi-Chi, che arrivò nello zoo di Londra proprio nel 1961, anno di fondazione del WWF. I primi schizzi furono realizzati da Gerard Watterson, ambientalista ed artista, e fu Peter Scott, uno dei fondatori del WWF, a creare il fortunato logo. Oltre alla simpatia ispirata da Chi-Chi, tra i motivi della scelta del panda ci fu anche il fatto che si trattava di un animale in bianco e nero, quindi anche economico da riprodurre.
Nello stesso anno dell’avvento sulle scene del fortunato panda simbolo del WWF, Peter Benenson fondava Amnesty International, il movimento per i diritti umani che oggi conta oltre un milione di aderenti in 150 Paesi. Due anni dopo, Benenson scrisse ad una socia inglese per comunicarle che un suo disegno, una candela avvolta dal filo spinato, era stato scelto per la prima cartolina di auguri di Natale dell’associazione per via della sua semplicità e per la forza del suo simbolismo. L’artista era Diana Redhouse, morta nel 2007 a 84 anni. Il logo combina due immagini universalmente riconoscibili: l’oppressione, simboleggiata dal filo spinato, e la speranza raffigurata dalla candela. L’artista fu ispirata nella sua creazione da un proverbio cinese: «Meglio accendere una candela che maledire l’oscurità».
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