Filantropia a congresso

Fondazioni bancarie, guardare ai GenP, guardarsi dal Mef

di Giampaolo Cerri

Al XXVI congresso Acri a Gorizia, si parla dei progetti per intercettare i "giovani che partecipano" premiando il Terzo settore. Li illustra il vicepresidente vicario, il fiorentino Bernabò Bocca, che alla platea racconta anche del suo "mestiere di padre". L'altro vicepresidente, il bolzanino Gerhard Brandstätter, lancia un appello per mantenere la biodiversità del sistema bancario, che le casse di risparmio, come banche locali, garantiscono. E auspica che il ministero dell'Economia e della Finanze non voglia imporre alla fondazioni ulteriori riduzioni nelle partecipazioni

«Io sono un padre di due figli, che hanno 14 o 16 anni. Quando torno la sera all’ufficio divento matto se vedo i miei figli appiccicati all’iPad o a TikTok. E cerco sempre di intrattenerli, di fargli venire delle passioni per staccarsene. Essere in ufficio, quindi, è per me di tutto riposo: il mio vero lavoro è quando torno a casa e faccio l’animatore per i miei figli».

A parlare è Bernabò Bocca, vicepresidente vicario di Acri e presidente della Fondazione Crf (Cassa risparmio Firenze), ergo azionista di Intesa Sanpaolo. Un torinese burbero, classe 1962, trapiantato a Firenze come imprenditore alberghiero di terza generazione, che guida da un quarto di secolo Federalberghi: eppure non ha esitato a mettere in piazza, anzi a congresso, le sue fatiche di padre.

Miracoli di questo raduno nazionale delle fondazioni bancarie e delle casse di risparmio, che si è concluso oggi a Gorizia, intitolato Comunità, insieme plurali: Acri è così comunità che, parlando ai colleghi e ai loro collaboratori, uno dei vice del presidente Giovanni Azzone, si apre così.

Il tratto comunitario del popolo “acrista” si è percepito bene, d’altronde, negli spazi, molto belli, del Teatro Verdi goriziano che ha ospitato i lavori del XXVI congresso: fra giardino, caffè e foyer, i rappresentanti delle 88 realtà associate si sono incrociati, salutati, scambiati aggiornamenti di progetti ma anche sfottò calcistici, esperienze e visioni di futuro, pareri sul quadro economico generale e commenti sull’ultima “grana” con l’Agenzia delle Entrate, che vorrebbe togliergli l’esenzione l’Ires (leggi anche Fondazioni bancarie, una cerniera fra pubblico, privato e non profit. Per ricucire il Paese).

La delega alla comunicazione

Ma torniamo a Bocca, perché quella piccola pagina di Lessico familiare serviva al presidente fiorentino per parlare di un progetto che proprio Azzone gli aveva chiesto, dopo avergli affidato la comunicazione. «Ti do una delega non semplice», gli aveva detto, come ha ricordato lo stesso presidente fiorentino.

Bernabò Bocca, vicepresidente vicario Acri

«Credo che non ci sia niente di peggio, per un ragazzo, che non avere un sogno, non avere una passione, non avere un’ambizione», aveva premesso Bocca parlando alla platea e raccontando un progetto che impegna la fondazione del capoluogo toscano: «Si chiama Amici del Maggio Musicale e col quale abbiamo aperto le prove dei concerti classici dello storico teatro dell’opera a ragazze e ragazzi».

Procedendo col suo stile diretto e con poche concessioni all’etichetta, Bocca ha racconta di quando lui stesso ne ha capito chiaramente l’impatto: «Il mio direttore generale, l’altro giorno, me ne aveva ricordato un appuntamento, caldeggiando la mia presenza. E io, che avevo una mattinata pienissima, non ne volevo proprio sapere», aggiunge. L’andarci, al Maggio, aveva fatto la differenza: «Forse non avevo neppure capito bene cosa fosse e, anche quando ho visto la sala piena, non mi sono impressionato: ho immaginato che molti, piuttosto che stare in classe, fossero di buon grado andati a teatro. Ma ho cominciato a cambiare idea», rivela «quando, con l’inizio della prova, in quella sala, è sceso un silenzio impressionate e, ancor di più, quando, uscendo, li ho sentiti canticchiare questa o quell’aria. È vero: fornire opportunità educative è importante».

Un racconto divertito e divertente, che ha permesso a Bocca di introdurre la progettualità che Acri ha lanciato.

Riattualizzare l’immagine

«Abbiamo cercato di immaginarci qualche cosa che potesse – non voglio usare la parola brutta, “svecchiare” – ma che potesse rendere un “pochettino” più attuale l’immagine dell’Acri. E ci è venuto in mente un premio a favore delle associazioni del Terzo settore che coinvolgano i giovani, non solo come beneficiari ma soprattutto nella governance». Perché ha detto Bocca, «questi ragazzi devono trovare una loro strada e il nostro compito è quello di aiutarli a farlo».

Si chiamerà “GenP – Giovani che partecipano”  e premierà le associazioni che lavoreranno sui giovani under 35 , «incentivando la loro partecipazione attiva nella progettazione e realizzazione dei progetti». Un premio», spiegherà poi Acri in una nota, «che intende infatti portare alla luce e dare visibilità a esperienze significative di partecipazione giovanile. Le organizzazioni vincitrici riceveranno un contributo di 10mila euro ciascuna e saranno premiate nel corso di un evento nazionale che si terrà nel mese di dicembre 2025».

Il premio per i Giovani che partecipano. I GenP

Le candidature sono aperte fino al 14 settembre 2025 sul sito ufficiale www.genp.it, dove sono disponibili sia il regolamento completo sia il modulo di partecipazione .

«A novembre verrà annunciata la shortlist delle 10 organizzazioni finaliste e, tra queste, una giuria composta da esperti del settore e rappresentanti dell’Acri selezionerà le tre organizzazioni vincitrici», spiegano. Fra i valutatori, tra gli altri, anche Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del Terzo settore, e Luca Gori che, coi suoi 41 anni, è il presidente di fondazione (Casse di risparmio di Pistoia e Pescia – Caript) più giovane d’Italia.

«Siamo uno strano Paese», ha detto Bocca dal palco, parlando di GenP, «perché qui siamo giovani fino a 50 anni. Senti dire, quando qualcuno viene nominato in una certa posizione: “Ha 48 anni? È abbastanza giovane”. Perché noi abbiamo i vecchi che non lasciano e i giovani che non riescono ad entrare. Negli altri Paesi, a 30 anni, fai l’amministratore delegato di grandi società. Allora», ha concluso, «il concetto è quello di riuscire, questi giovani, a farli crescere prima, con degli interessi e con delle passioni».

Piccole grandi Casse. Che non s’arrendono

Di passione ne ha sfoderata e molta, un altro vicepresidente, Gerhard Brandstätter, che in seno ad Acri rappresenta le Casse di risparmio: sono quelle società bancarie che, per diversi motivi, nel 1990 non si scissero in fondazioni e banche. Nel caso della bolzanina Sparkasse, che Brandstätter guida, accadde perché quell’istituto era già un ente privato quando arrivò la riforma di Giuliano Amato. La sua Cassa, che raccoglie oltre 9 miliardi attraverso 106 sportelli, con oltre 1.200 addetti, rappresenta perfettamente il modello di prossimità di questi istituti di credito.

Gerhard Brandstätter, vicepresidente Acri

Un modello di cui Brandstätter ha rivendicato il valore, in un comparto, quello bancario, che ha scelto le grandi aggregazioni: «Si è raggiunto un sistema che compete», ha concesso, «ma con poca biodiversità. Non possiamo perdere quelle casse che sono rimaste. Se non ci fossero, insieme a noi, quelle 70-80 banche regionali esistenti, i territori sarebbero privi di strumenti finanziari importanti». E ha ricordato le 353 casse in Germania «che fanno il credito alle famiglie e alle piccole imprese» e in Austria, «dove hanno 43 casse che supportano metà del credito austriaco».

Quindi ha evocato il Protocollo Acri-Mef, quell’insieme di asticelle e di regole condivise, fra chi governa pro-tempore e la filantropia bancaria. Un protocollo, che anche Azzone, nella giornata iniziale, aveva ricordato esser prossimo al rinnovo, essendo passati 10 anni: «Confido che possa essere aggiornato», ha detto questo avvocato, 72enne, che s’è laureato a Firenze, forgiando il suo perfetto italiano in Via Laura, viuzza del centro dove aveva sede, allora, la facoltà di Paolo Barile ed Enzo Cheli, «confido che possa essere aggiornato ma senza (che ci venga chiesto di) dismettere ulteriormente partecipazioni. E non si dica», ha aggiunto, «che sarebbe necessario alla sicurezza (dei risparmiatori). Sfido a dimostrare che investire in Borsa o in un fondo sia più sicuro».

Poi si è chiesto, con la retorica tipica dell’avvocato: «Quelle casse dove finirebbero? A Bolzano abbiamo già ora la coda delle banche tedesche e austriache».

Le foto sono a cura dell’ufficio stampa di Acri.

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