Benevento

iCare, la cooperativa di comunità diffusa

di Anna Spena

Ventisette comuni interessati, oltre 90mila abitanti, e 60 parrocchie sul territorio che fungono da sentinelle per intercettare bisogni e fragilità delle persone, in modo particolare giovani e disabili, e trovare insieme a loro una risposta concreta. iCare è nata nel 2017 e ad oggi ha aperto Dolcemente, un laboratorio di pasticceria, una sartoria e avviato un progetto di agricoltura sociale

Ventisette comuni, venticinque nella provincia di Benevento e due ricadenti, invece, nella provincia di Caserta. Tutti sono afferenti al territorio della Diocesi di Cerreto Sannita – Telese – Sant’Agata de’ Goti che comprende circa 92mila abitanti. È per loro che è nata nel 2017, sulla spinta del Vescovo don Mimmo Battaglia, dal 12 dicembre 2020 arcivescovo metropolita di Napoli, la cooperativa sociale di comunità iCare. Aperta con l'obiettivo di «prenderci cura della comunità e delle fragilità, per generare nuovi interventi di welfare, per innovare il volontariato, ascoltare il territorio, per produrre innovazione sociale dal basso», racconta don Giuseppe Campagnuolo, che oggi è il presidente dell’impresa sociale di Cerreto Sannita. Ma come si intercettano le fragilità? «Sono 80 i delegati a cui è stato chiesto di fare da sentinelle del territorio per leggere la loro realtà sociale, pregi e disagi presenti compresi; 60 le Parrocchie della diocesi coinvolte in questo processo di conoscenza. La nostra cooperativa non è una piccola città chiusa nelle mura, è un’azione diffusa che collabora, agisce, si riunisce, insomma tiene insieme le persone».

Un territorio quello del beneventano che non è semplice: il tasso di disoccupazione arriva al 48% e tra i giovani, dai 25 ai 34 anni, risulta occupato solo il 31% (meno di uno su tre); mentre il 20% del 69% dei disoccupati/inoccupati ha meno di 35 anni e il 34% è composto dagli inoccupati che non studiano e non lavorano. «Altra grande questione del nostro territorio», spiega Campagnuolo, «è certamente il continuo spopolamento delle aree interne ed il calo delle nascite. Nell’intera provincia di Benevento sono andati via negli ultimi 5 anni 13 giovani ogni 10mila abitanti. E i giovani vanno via non perché non sono affezionati al territorio che abitano, ma perché non hanno opportunità di lavoro». Dall’attenta lettura del territorio e dagli spazi di confronto con stakeholder si è intercettato anche un bisogno sociale legato alla disabilità adulta. L’attuale contesto presenta l’assenza di servizi specifici per persone con disabilità e le loro famiglie: vi sono difficoltà per la continuità al percorso scolastico e riabilitativo, complementari ai Servizi Sociali territoriali. Il bisogno reale è legato all’assenza di contesti e luoghi di relazione, orientamento e inserimento lavorativo, dove i ragazzi con limitazioni funzionali possano sentirsi inclusi in ambiente accogliente, di rispetto e cura, per poter diventare così autonomi e lavoratori. «I ragazzi con fragilità», dice il presidente di iCare, «raggiunta l’età adulta, vengono esclusi da qualsiasi percorso formativo e/o socio-riabilitativo; di conseguenza le “famiglie con disabilità” non ricevono alcun sostegno nella gestione della disabilità adulta, ormai relegata esclusivamente al contesto domestico. I genitori/tutori, spesso con l’avanzare dell’età, non conservano forze e capacità genitoriali idonee e inevitabilmente i disabili regrediscono nelle funzioni e nelle competenze acquisite, con fatica, nei percorsi precedenti».

È in risposta a queste criticità che è nato il Laboratorio di pasticceria DolceMente, un luogo inclusivo, non solo per le relazioni sociali di persone con disabilità, ma anche per creare le condizioni di una cultura del lavoro. Il gruppo di lavoro, ad oggi, coinvolge oltre ai beneficiari, operatori e professionisti con competenze trasversali: pasticcieri, volontari, tirocinanti, tutor scolastici, un assistente sociale e una psicologa. Sono state attivate collaborazioni dal basso sul territorio con imprenditori locali per la fornitura di materie prime a km0 e si producono prodotti di pasticceria e realizzano piccoli catering. «Fino a febbraio 2020», racconta don Giuseppe Campagnuolo, «DolceMente ha garantito 6 turni settimanali, impegnando attivamente 25 ragazzi con disabilità per il raggiungimento di tre macro obiettivi: creare luoghi inclusivi in una ex cucina delle suore in un bene rigenerato, “Casa Santa Rita” a Cerreto Sannita; far acquisire prerequisiti lavorativi mediante lo sviluppo di competenze sociali e l’identificazione del ruolo di lavoratore; realizzare un progetto di vita adulta attraverso l’inserimento lavorativo in attività». A partire da marzo e fino alla fine dell’anno, a seguito dell’emergenza sanitaria da covid-19 e nel rispetto della normativa nazionale e regionale che ha imposto il distanziamento fisico, sono stati organizzati e svolti 2 video-incontri settimanali, con il coinvolgimento degli operatori e delle famiglie».

Insieme alla pasticceria è stata anche aperta una sartoria sociale Si tratta di un laboratorio formativo di cucito e riciclo creativo che offre servizi di sartoria e vendita di prodotti artigianali. È gestito da un gruppo di donne che crea, recupera e trasforma tessuti e materiali di scarto, avendo così cura dell’ambiente, riducendo i rifiuti e dimostrando come lo scarto può acquistare valore e nuova vita attraverso la manualità e l’ingegno. «Il laboratorio è un luogo di interazione intergenerazionale e interculturale, di scambio di saperi e mestieri il cui obiettivo principale è l’inclusione sociale e lavorativa di donne con fragilità», spiega Campagnuolo, «attualmente offre formazione avorativa, laboratori creativi, inclusivi e formativi, realizza mascherine e sai per le prime comunioni, piccoli allestimenti per eventi, bomboniere eco-solidali, gadget aziendali, accessori moda e per la casa».

Ma anche un progetto di agricoltura sociale che accoglie il bisogno espresso da un territorio dove ci sono tantissimi giovani disoccupati, richiedenti asilo e persone con fragilità che amano stare in luoghi aperti. «Il progetto», dice Campagnuolo, «nasce dal desiderio di iCare di specializzarsi nella pratica dell’agricoltura biologica ed offrire prodotti buoni, coltivati nel rispetto della natura e i suoi cicli stagionali, promuovendo così un consumo consapevole anche mediante la scelta della vendita diretta a privati cittadini, mercatini del biologico, ristoranti gourmet, comunità… e tentando, allo stesso tempo, di ridurre isolamento e stigma delle categorie coinvolte, attraverso una risposta terapeutica e occupazionale». Il modello di iCare funziona? A guardare i numeri sembrerebbe proprio di sì. E infatti il Bilancio d’esercizio del 2020, quarto anno di attività della cooperativa, evidenzia una crescita dei ricavi e dei contributi ricevuti. La percentuale maggiore dei proventi proviene da servizi erogati in convenzione, mentre una parte inferiore deriva dalle attività di vendita dei laboratori, DolceMente e Sartoria Sociale. «In particolare», conclude il presidente di iCare, «rispetto all’anno 2019 il fatturato derivante dalle attività di vendita e prestazioni di servizi è più che raddoppiato, con un aumento del 42%. Intento della cooperativa è redistribuire il reddito prodotto oltre che tra i suoi soci anche nella comunità di riferimento con le azioni ad alto impatto sociale che sta progettando, per ridare valore sociale e benessere alla collettività».

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