San Siro, lo stadio più capiente d’Italia, non basterebbe ad accoglierli tutti. Sono le studentesse e gli studenti delle Unitre d’Italia che lo scorso anno sono risaliti a quota 80mila dopo «la falce terribile» del Covid. Il virgolettato è di Piercarlo Rovera, presidente nazionale di una realtà dalla storia antica e ad altissima partecipazione. Tanto da essere citata lunedì scorso, insieme alle università popolari, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso di inaugurazione dell’anno scolastico a Cagliari: «Svolgono una funzione preziosa a favore della collettività».
Per chi non lo sapesse, Unitre sta per Università della Terza Età o delle Tre Età. Un mondo accademico a tutti gli effetti, basato sul volontariato di tutti gli aderenti e ispirato all’universitas del Medioevo, la cui organizzazione faceva capo agli studenti e in cui i docenti prestavano la loro opera gratuitamente perché ritenevano il sapere un dono. Non c’è un limite imposto dalla data di nascita registrata all’anagrafe, ma la stragrande maggioranza di chi siede tra i banchi è over65. Del resto, l’idea è nata in Francia, a Tolosa, in seno all’Università delle Scienze sociali su iniziativa del professor Pierre Vellas che nel 1973 aveva scritto un libro dal titolo eloquente: “Les chances du troisième age”. Oggi Unitre conta 340 sedi in Italia, due delle quali nelle carceri di Porto Azzurro e Volterra, sette in Svizzera, e un continuo germogliare di nuovi spazi (il prossimo sarà inaugurato in Sardegna grazie a una sinergia tra più Comuni).
Una storia lunga mezzo secolo
Il vento dalla Francia spinge verso l’Italia e nel 1975 l’Università della Terza Età approda a Torino, con una primissima sede in cui si propongono due corsi: “Psicologia e medicina” e “Storia e arte del Piemonte”. Lo schema delle lezioni è lo stesso da mezzo secolo, suddiviso in lectio, pausa e disputatio: ogni lezione dura 45 minuti, a cui seguono 15 minuti di convivialità e altri 60 minuti di informazione.
«Universitas non vuol dire studio specializzato ma riunione di tutte le persone interessate all’argomento. Il termine cioè non è selettivo ma al contrario è un invito alla partecipazione», spiega il presidente Rovera, confermato la scorsa primavera alla guida dell’associazione nazionale con un nuovo consiglio composto da 34 membri suddivisi tra le varie regioni in base agli iscritti. «Due sono le linee portanti con le quali Unitre persegue i propri obiettivi: la cultura, in mano ai docenti, e l’Accademia d’umanità, in mano agli studenti, che non sono utenti passivi che ascoltano le lezioni e tornano la volta dopo, ma sono associati che vengono sollecitati a partecipare alla vita dell’Unitre, sia come assistenti sia come coordinatori o addetti alle segreterie. Gli associati, preparati attraverso la partecipazione ai corsi, si aprono al sociale e al territorio donando a loro volta parte del proprio tempo libero e della propria professionalità».
Rendiamo protagoniste le persone anziane: gli studenti non sono utenti passivi che ascoltano le lezioni, ma associati che vengono sollecitati a partecipare come coordinatori, assistenti, addetti alla segreteria
Piercarlo Rovera, presidente nazionale Unitre
L’Unitre rende protagoniste in modo particolare le persone anziane, «affinché», come recita lo statuto, «partecipando al progetto sappiano trasformarsi da forza lavoro in forza cultura, per avere modo di liberare la propria creatività, riappropriandosi di ruoli significativi e di un tempo libero ritrovato che non ha età». Alla prima sede torinese, seguono altre sedi locali: Livorno, Cuneo, Casale Monferrato, Chieri, Perugia. Poi, nel 1982, si costituisce a Torino l’Associazione Nazionale Università della Terza Età. «Il nostro è un ruolo di supporto alle sedi locali, soprattutto a livello amministrativo», spiega Rovera. «Ogni Unitre è autonoma dal punto di vista della direzione didattica, dell’organizzazione sociale e burocratica: ogni sede inaugura l’anno accademico in modo indipendente (tra ottobre e novembre, ndr) e ha un bilancio proprio». La quota associativa può variare da 30 a 60 euro l’anno, nella quale è compreso un piccolo contributo (2,50 euro) per la struttura nazionale. I docenti, i collaboratori degli uffici di segreteria e gli assistenti che in tutta Italia si spendono per la causa arrivano a numeri importanti: «Il totale a livello nazionale si aggira intorno agli 8-10mila volontari, a fronte di circa 80mila iscritti».
Non è sempre stato così. Gli anni del Covid hanno messo a dura prova l’intero ecosistema: «In quel momento siamo scesi a 33mila associati. La pandemia ha portato via tanti anziani, altri hanno rinunciato all’Unitre per timore del contagio. Tenga presente che i due terzi dei nostri iscritti sono over70: i restanti si suddividono tra ultra90enni e giovani pensionati».
La ripresa è figlia di una vocazione sociale, che è il cuore della mission: «Lo stare insieme è il desiderio più forte che muove i nostri studenti a uscire di casa per venire a sentire una conferenza, qualunque essa sia. La mia Unitre di riferimento è quella di Alba: qui il venerdì è appuntamento fisso per condividere un pomeriggio in modo piacevole. Sono stato insegnante e poi preside, la scuola è stato il mio mondo per oltre 40 anni: dare il mio contributo all’università della terza età è stato uno sbocco naturale». Un ateneo per tutti e di tutti.
Lo stare insieme è il desiderio più forte che muove i nostri studenti a uscire di casa per venire a sentire una conferenza, qualunque essa sia
Se l’Unitre fosse una persona
Se l’Unitre fosse un ritratto, avrebbe il volto di una bellissima donna vicina agli 80, abito e scarpe rosse, sorriso smagliante. Si chiama Lucia Cellino e da 26 anni è la direttrice dei corsi della sede di Torino, «la più antica e la più grande d’Italia», sottolinea con orgoglio tutt’altro che celato.
«Sono arrivata all’Unitre su un paio di sci», racconta. «Ho insegnato fino a quando avevo 47 anni, poi, sulle piste, ho conosciuto una coppia impegnata all’Università della Terza Età. Mi hanno coinvolta e mi sono trovata sul podio di una grande aula a tenere la mia prima lezione di Storia». Il suo ingresso? Memorabile. «È una persona eccezionale, che non mancherà di divertirvi e di stupirvi», dice il presentatore. Tre secondi dopo Cellino entra e rovina a terra, elegantissima, di fronte alla platea attonita: «Mia figlia ancora oggi è convinta che l’abbia fatto apposta». Caduta teatrale a parte, quel corso è attivo ancora oggi: dai 100 iscritti di allora è salito a 500, tanto che, per ospitarlo, serve un grande cinema come L’Ideal. «Per numero di studenti mi batte soltanto Gianni Oliva», dice Cellino.
I volontari
A inizio settembre, la segreteria dell’Unitre di Torino è un brulicare di persone che vanno e vengono. L’Educatorio della Provvidenza è la sede della segreteria e della maggior parte delle aule che a regime ospiteranno fino a una ventina di corsi in contemporanea. Il primo giorno di iscrizioni, le quattro postazioni disponibili in presenza non sono bastate a contenere l’entusiasmo: in serata le adesioni erano 1.929, registrate online e in presenza. Silvana e Rodica sono all’accoglienza, Carla Astegiano e Giovanni Geninatti ci offrono il caffè. «I nostri iscritti dicono che non sono digitali, ma poi molti ha scelto la piattaforma web per compilare l’adesione», spiega Geninatti. «Sono curiosi e noi li stimoliamo continuamente, in particolare Carla, che durante il periodo della pandemia li ha fatti venire qui uno a uno per insegnargli a usare il nostro sito e a collegarsi alle lezioni online. 186 corsi via Zoom con studenti over65 non sono una passeggiata».
L’anno accademico che sta per cominciare ha in cantiere 173 corsi: «Puntiamo a 4mila iscritti, l’anno scorso eravamo 3.128». Le lezioni si svolgono da novembre a maggio: «Ogni docente aderisce con un volontariato di 12 incontri, due ore l’uno, a cadenza quindicinale. Vado molto fiera dei nuovi corsi, andiamo dalle archistar al caffè letterario», incalza Cellino.
Serve autoironia per vivere i nostri anni con un tocco di leggerezza che attutisca le asperità della nostra esistenza e smitizzi ostacoli all’apparenza insormontabili. L’Unitre è un big game, un gioco intellettuale dove tutti ci buttiamo con il sorriso
Lucia Cellino, direttrice dei corsi Unitre di Torino
174 docenti più 160 tra segretari, assistenti e tecnici fanno un totale di 333 volontari che gravitano solo sull’Unitre di Torino. Qual è il segreto? «Tra docenti e allievi si crea un feeling che non è soltanto per la cultura, è amicizia vera e sociale. Esce il piacere di venire e restare. Qui l’umanità si intende nel doppio senso: humanitas secondo l’etimologia latina come raffinatezza, cultura e civiltà, ma anche umanità traslitterata nel parlare quotidiano e nel rapporto sociale».
Il senso di un percorso che ha ancora tanta strada da compiere è scritto nero su bianco nell’introduzione alla guida ai corsi dell’anno accademico. Porta la firma di Cellino e non potrebbe essere altrimenti: «Unitre è un concreto modus operandi: ci lancia tutti in un grande gioco con la voglia di vivere le nostre potenzialità sopite o addirittura non conosciute, con una sempre rinnovata curiosità. Unitre come autoironia per vivere i nostri anni con un tocco di leggerezza che attutisca le asperità della nostra esistenza e smitizzi ostacoli all’apparenza insormontabili». Leggerla è un piacere, ma ascoltarla è una rivelazione continua. «L’Unitre è un big game. È un gioco intellettuale, dove tutti ci buttiamo con il sorriso. L’unica regola è non barare».
L’immagine in apertura è di Tiago Muraro su Unsplash
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