La pena che non annienta

Ricucire la vita

di Daria Capitani

A fine 2024, in Italia erano 77mila le persone in detenzione domiciliare o in affidamento in prova al servizio sociale. In Piemonte, l’organizzazione di volontariato La goccia di Lube promuove il reinserimento socio lavorativo di chi sta scontando la pena tramite misure alternative alla detenzione. Storie di ripartenza come quella di Sharon, che a Chieri sta cucendo una nuova trama per il suo futuro

«Questo posto per me è l’aria». Sharon (il nome è di fantasia) sta confezionando una borsa. È di quelle con i manici regolabili: in caso di necessità, può diventare zaino. Ne mostra i dettagli: ogni cucitura è ben rifinita, anche il bottone che, spiega, «è la parte più complicata». I suoi occhi scuri si illuminano quando racconta di quello che in poco più di un mese è riuscita a realizzare. La cosa più bella? «Le camicine per i battesimi».

La consegna del riconoscimento di impresa accogliente.

Siamo a Chieri, uno dei centri del tessile in Piemonte. Una filiera di lunga tradizione, testimoniata da un museo che, poco distante, conserva le espressioni artistiche e manifatturiere della zona. Nella sartoria Vicini di vita Sharon sta imparando un mestiere. È arrivata qui con La goccia di Lube, organizzazione di volontariato che nell’area metropolitana di Torino promuove il reinserimento socio-lavorativo di persone che stanno scontando la propria pena fuori dal carcere tramite le cosiddette misure alternative alla detenzione. Eva Simoni, una delle due volontarie di riferimento, aveva notato in lei una propensione per l’artigianato e le creazioni hand made. È bastato lanciare l’input a Bianca Eula, la responsabile di progetto, per creare un ponte con la cooperativa sociale La Contrada. Ed eccoci qui, in uno spazio di inclusione e co-working in cui nascono abiti, accessori, ricami e storie di ripartenza.

Migliaia di persone che vivono attorno a noi

Anche se fuori piove, la giornata è speciale. La goccia di Lube sta per consegnare il riconoscimento (è l’undicesimo) di “Impresa accogliente” alla cooperativa La Contrada per aver aderito al progetto omonimo promosso dall’associazione con il contributo della Regione Piemonte. «Grazie a un protocollo d’intesa con l’Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna di Torino (Uiepe) e l’Ufficio servizio sociale per i minorenni del Piemonte (Ussm), attiviamo percorsi di reinserimento lavorativo per persone che stanno scontando la propria pena attraverso misure alternative alla detenzione», spiega il presidente dell’associazione Adriano Moraglio. «A fine 2024, in Italia erano 77mila le persone in detenzione domiciliare o in affidamento in prova al servizio sociale (nella sola provincia di Torino erano quasi 3mila), un numero più alto dei detenuti presenti in carcere. Eppure, in Italia siamo una delle poche se non l’unica realtà che si preoccupa di accompagnarle al mondo del lavoro. Persone che vivono attorno a noi, nei nostri condomini, che percorrono, quando gli è permesso, le nostre stesse strade. Investire sui percorsi alternativi alla detenzione significa contribuire alla prevenzione della recidiva e al recupero sociale».

Bianca Eula, responsabile progetto Impresa accogliente.

Come funziona il progetto? «Per ogni persona presa in carico individuiamo almeno due volontari che si occupino di attivare percorsi di orientamento e occasioni di lavoro». Partita nel giugno 2024, l’iniziativa ha intercettato in un anno 86 adulti e giovani adulti, ha contattato 150 imprese e cooperative, di cui 41 hanno dato disponibilità concreta a offrire opportunità lavorative. Ha attivato 45 percorsi di orientamento e 21 persone hanno trovato un’occupazione in modo autonomo dopo o durante l’accompagnamento.

Valeria Gai, vicepresidente ed educatrice della cooperativa sociale La Contrada.

Non solo. La goccia di Lube ha aderito alla piattaforma Torino Social Impact ed è entrata tra i soggetti interlocutori del Cnel per l’iniziativa “Recidiva Zero”, un progetto nazionale che punta a un sistema penale più umano, efficace e reintegrativo. Una rete che cresce in termini di supporto istituzionale e per numero di volontari coinvolti.

In sartoria un laboratorio di relazioni

Offrire una possibilità lavorativa a chi vuole uscire da un percorso difficile per reinserirsi nella società, dare dignità alla persona attraverso il lavoro, il rispetto delle regole e il riappropriarsi delle relazioni con gli altri. «Per chi si trova in detenzione domiciliare, c’è anche un tema economico», aggiunge Silvia Lessona, coordinatrice del Gruppo di ricerca lavoro del progetto “Impresa accogliente”: «la persona non esce di casa, ma l’affitto, la bolletta, la spesa continuano ad avere un impatto».

Silvia Lessona, coordinatrice del Gruppo di ricerca lavoro del progetto Impresa accogliente.

Per ogni beneficiario occorre individuare, tra le varie aziende che hanno dato la propria disponibilità, la più attinente alle sue inclinazioni. «A volte basta un’intuizione», dice Eula, «altre volte serve un grosso lavoro di ascolto da parte dei volontari». Nel caso di Sharon, l’intuizione è stata quella giusta: «È molto motivata e portata», conferma Valeria Gai, vicepresidente ed educatrice della cooperativa sociale La Contrada. «La nostra sartoria è un luogo di formazione e occupabilità, ma anche uno spazio di socializzazione. Non a caso le operatrici sono tutte sia sarte sia educatrici, e non a caso abbiamo scelto questo nome: Vicini di vita. Lo siamo a 360 gradi: il laboratorio è il territorio in cui camminare insieme per un pezzo di vita, e poi proseguire verso l’autonomia».

Le fotografie sono dell’autrice dell’articolo

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