Non profit

«Sui problemi concreti si lavora bene ma il tema immigrazione resta tabù»

di Redazione

Non è stato amore a prima vista. Questo è certo. E, se poi non è stato idillio, di sicuro «si è avviato un confronto sempre molto schietto e diretto, una condivisione dei problemi e uno sforzo da entrambe le parti per risolverli», dice Stefano Rota, presidente della cooperativa sociale L’Impronta di Seriate, Bergamo, una delle “voci sul territorio” che siamo andati a scomodare per avere un riscontro dal territorio, attraverso le realtà sociali e associative che con le Giunte in verde hanno costantemente a che fare, in particolare nella gestione dei servizi alla persona. «All’inizio, anzi, ad essere diffidenti sono state alcune associazioni, più che sindaci e amministratori leghisti: una parte del non profit, all’insediamento delle Giunte verdi, per un po’ di tempo è stato alla finestra; poi, entrando nel merito del lavoro quotidiano, le barriere sono via via cadute», spiega Rota. Chi, come la sua cooperativa, non è partito col sospetto, ha trovato un buon modus operandi: «Dove operiamo, a Seriate per esempio, la giunta leghista ha dimostrato fin da subito disponibilità nell’entrare nel merito delle questioni, non ha mai considerato noi delle cooperative sociali solo come prestatori d’opera, ma sono entrati nel merito, dandoci credito sul medio-lungo termine anche se operiamo in un settore dove il riscontro, i risultati non sono mai immediati», sottolinea Rota.
Parte da posizioni più caute Omar Piazza, presidente di Federsolidarietà Bergamo e vicepresidente di Confcooperative Bergamo, addossando la responsabilità del gelo iniziale ai neoamministratori leghisti («il mondo della cooperazione veniva considerato parte di un mondo politicamente distante dalla Lega: è stato difficile far capire chi siamo, cosa facciamo, qual è il valore del nostro operare…»), e criticando soprattutto i primi passi mossi dalle Giunte del Carroccio: «Nell’irruenza degli esordi, sono state buttate via anche tante esperienze buone che le amministrazioni precedenti avevano avviato. Più che per ideologia, molto spesso per mancanza di cultura politico-amministrativa».
Rota e Piazza concordano su un aspetto: il terreno comune su cui «col tempo» si sono avviati dialogo e collaborazione è quello dei «problemi concreti delle comunità, soprattutto quando, con la crisi, le appartenenze politiche e le posizioni preconcette si sono un po’ livellate», osservano entrambi. Scoglio ancora insormontabile resta invece ? anche nelle amministrazioni più “aperte” ? il tema dell’immigrazione e, collegato a questo, quello della sicurezza intesa come paura dell’altro, chiusura. «La posizione ideologica sull’immigrazione ha compromesso politiche più ampie sull’inclusione e sulla coesione delle comunità», conclude Piazza, «e su questo fronte purtroppo non abbiamo mai trovato porte aperte».

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