Non profit

Supermercati, la liberalizzazione può attendere

Retromarcia del governo sull'arrivo dei big stranieri

di Redazione

Anche il governo indiano frena sulle liberalizzazioni di fronte alle pressioni delle lobby. Un cambiamento storico quello proposto dal governo di Manmohan Singh qualche settimana fa: autorizzare il capitale internazionale ad entrare nelle catene commerciali indiane, con quote fino al 51%, quindi in una posizione di controllo, nei negozi multimarca e addirittura del 100% nei monomarca. Ma il crollo a due cifre della Borsa di Mumbai, il pollice verso dei partiti d’opposizione e le vibranti proteste di milioni di commercianti e lobby locali (con scioperi e serrate dei piccoli negozi) hanno spinto il governo alla marcia indietro. Complice il pericoloso isolamento politico delle ultime settimane. Infatti, mentre Auchan, WalMart e Carrefour si stavano già fregando le mani, tutte le opposizioni di destra e di sinistra hanno dichiarato guerra al governo: a loro detta il provvedimento avrebbe creato enormi danni agli agricoltori e al commercio al dettaglio indiano, che impiega circa 40 milioni di persone. E quando anche il TMC del West Bengala e il DMK del Tamil Nadu, i due alleati più importanti senza i quali il Congress avrebbe vita alquanto breve in Parlamento, hanno chiesto di ritirare il provvedimento, l’ultimo atto è stato scritto. O per meglio dire il penultimo, visto che con il consueto temporeggiamento indiano Singh non ha bocciato il provvedimento, ma l’ha sospeso in attesa di un consenso più vasto. Poi tornerà alla carica.
Il governo, infatti, è convinto che la riforma avrà il vantaggio di calmierare l’inflazione e, soprattutto, di ridurre l’arretratezza che caratterizza il settore in questione in India, eliminando le molte intermediazioni presenti al momento tra il produttore ed il consumatore finale e creando le infrastrutture, come una catena del freddo, necessarie per eliminare la grande quantità di sprechi di prodotti agricoli.

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