Africa

Sviluppo, immigrazione, energia. I tre tasselli necessari del Piano Mattei 

«L’aspetto interessante del Piano Mattei è l’approccio che prende il nome dal modo di lavorare di Enrico Mattei», dice Giampaolo Silvestri, segretario generale di Fondazione Avsi. «Dobbiamo adottare un approccio multistakeholder e che parte dal basso, ascoltare i bisogni in gioco, del nostro Paese e dei Paesi africani, mappare i progetti di cooperazione riusciti, replicarli e potenziarli»

di Anna Spena

Dopo un anno dal suo annuncio si ritorna a parlare di Piano Mattei. Il Consiglio dei ministri, su proposta della presidente Giorgia Meloni e del ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Antonio Tajani, ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti per il “Piano Mattei”. Sette articoli per costruire il tanto atteso partenariato tra l’Italia e l’Africa.

 “Il Piano Mattei”, si legge nella nota comunicazione del Governo, “di durata quadriennale, avrà l’obiettivo di potenziare le iniziative di collaborazione tra Italia e Stati del Continente africano, promuovere uno sviluppo economico e sociale sostenibile e duraturo di questi ultimi e prevenire le cause profonde delle migrazioni irregolari. Inoltre, rafforzerà il coordinamento delle iniziative pubbliche e private, anche finanziate o garantite dallo Stato italiano, rivolte a Stati del Continente africano”. Il testo prevede la condivisione e la partecipazione degli Stati africani interessati all’individuazione, alla definizione e all’attuazione degli interventi del Piano e l’impegno compartecipato alla stabilità e alla sicurezza regionali e globali. “Saranno attuate”, continua la nota, “azioni di partenariato nei seguenti settori: cooperazione allo sviluppo; promozione delle esportazioni e degli investimenti; istruzione, formazione superiore e formazione professionale; ricerca e innovazione; salute, agricoltura e sicurezza alimentare; approvvigionamento e sfruttamento sostenibile delle risorse naturali, incluse quelle idriche ed energetiche; tutela dell’ambiente e adattamento ai cambiamenti climatici; ammodernamento e potenziamento delle infrastrutture anche digitali; valorizzazione e sviluppo del partenariato energetico anche nell’ambito delle fonti rinnovabili; sostegno all’imprenditoria e in particolare a quella giovanile e femminile; promozione dell’occupazione; turismo, cultura, prevenzione e contrasto dell’immigrazione irregolare e gestione dei flussi migratori legali”. Ma affinché il Piano riesca è necessario un vero lavoro di rete. Lo spiega bene in questa intervista Giampaolo Silvestri, segretario generale di Fondazione Avsi

L’abbiamo sentito nominare spesso, e adesso finalmente qualcosa si è mosso. Il documento di lancio del Piano Mattei dovrà essere adottato in via istituzionale ed entro 60 giorni dall’entrata in vigore del testo, i ministri trasmetteranno alla struttura di missione una relazione con le iniziative rivolte a Paesi africani programmate o in corso di svolgimento e proposte di linee di azione e di riforma. Ma ancora lo chiamiamo piano “per” l’Africa. Non sarebbe più adatta l’espressione Piano “con” l’Africa?

Di un piano per l’Africa si parla da anni. Da quando si è insediato il nuovo Governo, la presidente del consiglio Meloni l’ha citato moltissime volte. Adesso un passo avanti è stato fatto, inizia a delinearsi la governance che deve gestire il processo, ma affinché riesca bisogna tenere insieme più fattori. Il Piano va certamente pensato, scritto e attuato con  i Paesi africani e i cittadini africani. Ma io farei una ulteriore riflessione.  Mi concentrerei su un elemento che caratterizza l’approccio Mattei, e cioè su un modo di lavorare con gli africani alla pari, in uno relazione tra partner, credo che questo sia il vero punto. Non riduciamo il Piano Mattei all’aspetto energetico, che rimane un un tema fondamentale per lo sviluppo, ma certamente non è l’unico. 

Come si costruisce un Piano efficace?

Il lavoro deve essere tra pari, e soprattutto con un approccio bottom up. Ciò significa partire dal basso e realizzare iniziative pensate e discusse con gli africani. Non un “piano calato dall’alto”. Poi, affinché abbia successo, bisogna avere un approccio multistakeholder, che tra l’altro è il fiore all’occhiello della cooperazione italiana, e quindi deve coinvolgere tutti i soggetti: Stati, imprese, società civile, università, diaspore, amministrazioni territoriali. Deve avere un orizzonte di lungo periodo, non lo si può pensare come qualcosa “mordi e fuggi” e neanche con un approccio emergenziale. 

Da cosa si può partire?

Da quello che abbiamo già. Da quello che di buono stiamo già facendo replicando i progetti e le esperienze che sono già in essere e che funzionano. É importante capire che non stiamo partendo dall’anno zero. La cooperazione con l’Africa va avanti da tantissimi anni. Quindi il Piano Mattei deve avere la capacità di fare scaling up, di mettere a sistema le esperienze positive e fare sia sintesi che replica di queste esperienze. Speriamo davvero che una delle priorità del Piano sarà rappresentata dagli interventi nell’ambito dell’educazione e della formazione professionale strutturata in rapporto alla domanda del mercato del lavoro, noi come Avsi riteniamo che questa sia la chiava di volta per creare sviluppo in Africa. Allora esistono già tante esperienze positive nel continente di scuole e centri di formazione professionale nati da organizzazioni della società civile. Dobbiamo ingrandirle ed estendere, avrebbero un grandissimo impatto. Si fa educazione, si formano professionisti, si dà lavoro, si coinvolgono le imprese e le università.

“In merito alla governance”, si legge nella comunicazione del Governo, “il decreto prevede l’istituzione di una Cabina di regia, presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e composta dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, con funzioni di vicepresidente, e dagli altri Ministri, dai vice ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e delle imprese e del Made in Italy, dal Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, dal direttore dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, dai presidenti dell’Ice-Agenzia italiana per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, della società Cassa depositi e prestiti S.p.a., della società Sace S.p.a., della società Simest S.p.a., da rappresentanti di imprese a partecipazione pubblica, delle università, della società civile e del terzo settore, di enti pubblici e privati”. C’è un riferimento esplicito alla presenza del Terzo settore

Questo mi pare un punto positivo. E sembra si vada verso la direzione dell’approccio multi stakeholder che citavamo prima, non solo perché si parla del coinvolgimento del Terzo settore, ma anche perché vengono citate università, imprese, e anche altri soggetti. Non abbiamo ancora un piano, però abbiamo una cornice. Questo decreto poteva essere fatto prima, ma direi che ora i presupposti sono giusti.

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Oggi oltre 600 milioni di africani vivono infatti senza accesso all’elettricità. Se sostenuto da un’intelligente e coerente cooperazione internazionale, il Piano potrebbe riuscire a garantire l’accesso di tutto il continente ai servizi energetici?

In nessun modo il piano dovrà avere un approccio predatorio. Non dobbiamo pensare allo schema “l’Africa ha tante materie prime ed energia da portare in Italia”. Un obiettivo prioritario è garantire, prima di tutto, energia agli africani, investendo su fonti rinnovabili. 


Ma qual è la relazione tra il Piano Mattei e l’immigrazione?

Non facciamo il piano per avere meno immigrati, ma investiamo in questo piano per creare le condizioni affinché le persone siano libere di scegliere di restare, e quando vogliono emigrare devono poterlo fare attraverso percorsi regolari. Allora sì che il Piano funziona, che il Piano ha un senso. La promozione di sviluppo sostenibile, il governo delle migrazioni e la ricerca di approvigionamento energetico devono procedere insieme, se manca uno di questi tre elementi vengono meno anche gli altri due, quindi la stabilità del Piano.

La premier Meloni ha dichiarato che sarà un grande progetto geopolitico

Approccio dal basso, cooperazione internazionale alla pari, sviluppo delle esperienze esistenti, collaborazione con gli africani nella definizione di bisogni e risposte. Se queste cose avverranno credo che il Piano Mattei sarà una delle più grandi azioni di politica estera dell’Italia degli ultimi 50 anni. Ma solo se saranno rispettate queste condizioni. Se ci appiattiamo sul ragionamento del “portare o no il gas in Italia”, certamente non sarà il grande programma auspicato.  

Foto Aldo Gianfrate/Avsi

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