Rischio ed ecologia

Tagliamento, come la ghiaia disegna (e protegge) il fiume

I fiumi non sono fatti solo di acqua. Ghiaia e sabbia sono componenti fondamentali, da gestire con attenzione. Contribuiscono alla riduzione del rischio alluvionale e alla tutela degli ecosistemi. La terza tappa della campagna Free Tagliamento ha affrontato questo tema con il prof Nicola Surian, direttore del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova. Quasi mai le escavazioni servono per la "messa in sicurezza". Hanno piuttosto ragioni economiche.

di Elisa Cozzarini

Nei luoghi di Pier Paolo Pasolini, tra gli anni 70 e 80, intensi prelievi di ghiaia hanno modificato la morfologia del Tagliamento. È un destino comune ai corsi d’acqua italiani, e in alcuni è accaduto prima e più pesantemente, negli anni del boom economico ed edilizio. I sedimenti hanno un ruolo fondamentale nelle dinamiche fluviali. Se ben gestiti, contribuiscono alla riduzione del rischio alluvionale e al recupero e conservazione degli ecosistemi. Ecco perché la terza tappa della campagna Free Tagliamento (dopo Bibione e Latisana) ha affrontato proprio il tema della gestione dei sedimenti, con il professor Nicola Surian, direttore del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova. L’iniziativa è promossa da Legambiente, Wwf e Lipu del Friuli-Venezia Giulia, con il Centro italiano per la riqualificazione fluviale – Cirf e l’associazione Foce del Tagliamento, grazie al brand Patagonia.

Professore, cosa si osserva passeggiando lungo il fiume, a Camino al Tagliamento?

Si vede che la piana esterna all’alveo attivo è nettamente più alta, disconnessa, rispetto allo spazio in cui scorre il fiume. Questo processo di approfondimento, in termine tecnico “incisione”, si è verificato soprattutto a partire dagli anni 70. È una delle principali modificazioni e riguarda anche altri tratti. L’altro processo, collegato all’incisione, è un restringimento molto marcato dell’alveo. È più difficile da percepire, vista la larghezza del fiume. Ma, in generale, anche il Tagliamento si è ristretto, in alcuni punti addirittura del 50%, nell’arco di pochi decenni. Il prelievo di sedimenti è il fattore dominante che ha indotto queste modificazioni. Quando si preleva dall’alveo  una quantità di materiale solido ben oltre quello che il corso d’acqua trasporta, si determina un deficit e c’è la tendenza all’approfondimento e al restringimento. Per cogliere queste variazioni, oltre all’osservazione, servono i dati.

Il prof Surian, a destra, spiega le dinamiche dei sedimenti in alveo

Quali sono le conseguenze? Ci dobbiamo preoccupare se il Tagliamento, e in generale i fiumi, si incidono e restringono?

L’incisione può avere vari effetti negativi. Dal punto di vista gestionale, può impattare sulla stabilità delle opere presenti in alveo. Ad esempio, i ponti possono essere via via più esposti alla base, fino a crollare. Anche gli argini, se non sono abbastanza lontani dall’alveo attivo, possono essere scalzati. Da un punto di vista ecologico, il fatto che la superficie appena esterna all’alveo non venga più allagata periodicamente, provoca la perdita degli habitat tipicamente ripariali. Viene a mancare la connessione laterale del fiume. Si sottovaluta il fatto che avere un’ampia piana inondabile, delimitata da argini, dove durante le piene di maggiore intensità il fiume può espandersi, ha un effetto di mitigazione del rischio alluvionale. L’acqua infatti può essere stoccata temporaneamente in golena, rallentando la propagazione verso valle. Lungo il Tagliamento, in diversi tratti, le piane non sono più connesse all’alveo attivo e per questo l’onda di piena si propaga più velocemente. Riattivare le piane inondabili non risolverebbe la questione del rischio alluvionale, ma aiuterebbe a ridurlo.

Eppure, spesso, le escavazioni negli alvei dei fiumi vengono descritte come interventi di “messa in sicurezza”…

Il prelievo di sedimenti andrebbe fatto solo quando, in un determinato tratto, il fiume non solo trasporta, ma deposita molto materiale solido, provocando un innalzamento dell’alveo. Questo potrebbe produrre un aumento del rischio. Ma non è il caso del Tagliamento, né della gran parte dei nostri corsi d’acqua. A Camino, dove abbiamo camminato, gli argini distano tra loro circa due chilometri, mentre l’alveo attivo è largo circa 700 metri. In questa situazione, si dovrebbe lasciare che il fiume si muova liberamente da sponda a sponda. Qui, i prelievi di sedimenti, semmai, hanno una motivazione economica, per la necessità di materiali inerti da costruzione. Quelli dei fiumi sono facilmente accessibili e, apparentemente, creano effetti meno negativi rispetto a una cava in pianura. Negli anni 70 e 80, sul Tagliamento, ci sono stati prelievi elevatissimi. Anche qualche anno fa, sono stati asportati circa 300mila metri cubi.

La comunità scientifica internazionale ha individuato il Tagliamento come punto di riferimento per i fiumi. È stata prodotta una quantità di ricerche enorme, che ha pochi eguali in Italia.

Nicola Surian, direttore del dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova

La legge prevede la redazione di programmi di gestione dei sedimenti, per una gestione mirata del materiale solido dei fiumi. Questo documento, che per il Tagliamento non è stato fatto, potrebbe aiutare a evitare il prelievo di inerti quando non necessario e dannoso?

Questo strumento, presente nella normativa già da dieci anni, sarebbe utilissimo. Le Autorità di bacino lo stanno predisponendo per alcuni fiumi. Si parte dalla comprensione di come avviene il trasporto dei sedimenti. E, in base alla conoscenza di queste dinamiche, si danno indicazioni per una gestione corretta. In questo modo, invece di fare interventi puntuali, poco giustificabili se il corso d’acqua è in deficit, si stabilisce la necessità di fare prelievi solo dove è utile. Un piano serve ad avere una visione dell’intera asta fluviale, ed eventualmente di tutto il bacino. È uno strumento funzionale alle direttive Ue Acque e Alluvioni. Sono le due norme europee che forniscono le indicazioni sulla pianificazione dei corsi d’acqua. Gestire i sedimenti è funzionale sia all’obiettivo della mitigazione del rischio, sia al miglioramento della funzionalità morfologica ed ecologica del corso d’acqua.

Il Tagliamento, per più di metà del suo corso, ha una morfologia a rami intrecciati, con isole fluviali

Nonostante incisione e restringimento, il Tagliamento è considerato un fiume che conserva caratteristiche di naturalità altrove perdute. Qual è la sua valenza?

Ha mantenuto dinamiche geomorfologiche ed ecologiche molto più naturali degli altri fiumi alpini di questa dimensione, con trasporto solido elevato e canali intrecciati, per più di metà del suo corso. Ci insegna qual è la dinamica di un fiume con queste caratteristiche. È considerato un riferimento per la comunità scientifica a livello internazionale. A dare il via all’interesse degli studiosi, è stato l’ecologo austriaco Klement Tockner, oggi direttore generale della Senckenberg society for nature research di Francoforte. Se ne sono occupati anche la geomorfologa Angela Gurnell dell’Università Queen Mary di Londra, che si è focalizzata sulla vegetazione, e ricercatori delle Università di Udine, Padova, Trento… Sul fiume friulano è stata prodotta una quantità di ricerche enorme, che ha pochi eguali in Italia. La comunità scientifica lo ha individuato perché è un fiume unico, che merita di essere studiato a fondo.

Le foto sono state fatte durante l’uscita delle associazioni per la campagna Free Tagliamento a Camino, il 17 maggio, da Elisa Cozzarini

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