L'appello
Tagliamento, «ecco perché merita il riconoscimento Unesco»
Lo chiamano il "re dei fiumi alpini" e viene studiato dalla comunità scientifica di tutto il mondo. Eppure il Tagliamento non gode di adeguata tutela. «Meriterebbe di diventare una riserva Mab dell'Unesco», dice l'ecologo austriaco Klement Tockner, uno dei massimi esperti di biodiversità. Assieme a ricercatori di diversa formazione e provenienza, si è dedicato per anni allo studio del fiume friulano, per imparare le dinamiche di uno degli ultimi corsi d'acqua con elevato grado di naturalità. Alcune delle scoperte che hanno fatto sono ora sui libri di testo.

«È incredibile che il Tagliamento, il re dei fiumi alpini, non goda di un’adeguata protezione», afferma l’ecologo austriaco Klement Tockner, direttore generale della Senckenberg Gesellschaft für Naturforschung di Francoforte – uno dei più importanti istituti di ricerca sulla biodiversità a livello internazionale, con diverse sedi in Germania e circa 900 dipendenti, di cui 300 sono scienziati. «Il fiume è la spina dorsale del Friuli, unisce le caratteristiche naturali e culturali del territorio che attraversa. Dovrebbe diventare una riserva Man and Biosphere – MaB dell’Unesco». Tockner è intervenuto sabato 14 giugno a Spilimbergo, al seminario internazionale “I fiumi a canali intrecciati e il Tagliamento”, organizzato dal Centro italiano per la riqualificazione fluviale – Cirf, con Legambiente, Wwf, Lipu Fvg e associazione Foce del Tagliamento, grazie al sostegno di Patagonia, Wetlands International Europe e del Programma Life dell’Ue. Lo studioso è tra i primi firmatari dell’appello della comunità scientifica internazionale per chiedere che il fiume continui a scorrere libero.

Professore, se il fiume friulano è diventato un punto di riferimento per la comunità scientifica in tutto il mondo è soprattutto grazie a lei… Ci racconta come lo ha scoperto?
All’inizio della mia carriera, circa 25 anni fa in Svizzera, lavoravo su vari progetti di riqualificazione fluviale nella regione alpina, anche sul Danubio, e mi accorgevo che non sapevamo realmente come funziona un corso d’acqua naturale, non avevamo un modello di riferimento. Per questo ero alla ricerca di un ecosistema fluviale meno artificializzato possibile. Quando un collega mi ha mostrato un’immagine del Tagliamento, mi sono messo in viaggio per venire a vederlo e ne sono rimasto affascinato. Ho portato altri studiosi e, pian piano, si è formata una comunità scientifica dedita non tanto a studiare, quanto a imparare dal fiume, confrontandolo con sistemi più degradati. Per me è stata una scoperta anche dal punto di vista personale. Ho cominciato a passare qui le vacanze con la famiglia, in una regione poco conosciuta ma ricchissima dal punto di vista storico e culturale. Questo patrimonio naturale e umano si sviluppa proprio attorno al fiume. Ed è l’integrazione tra le due componenti a renderlo speciale.
Non c’è contraddizione tra conservazione della natura e difesa della popolazione. Sicurezza e tutela procedono insieme. Ecosistemi in salute sono fondamentali per il benessere delle persone.
Klement Tockner, ecologo
Cosa avete imparato dal Tagliamento?
Avevamo un campo studio vicino a Pinzano. Gli ingegneri idraulici svizzeri che arrivavano rimanevano a bocca aperta, come me, davanti ai canali intrecciati del medio corso, con le isole vegetate e i depositi ghiaiosi. Prima di allora, non avevano idea che qualcosa del genere potesse esistere. Lo studio del Tagliamento ha influenzato profondamente il loro modo di pensare, tanto da portare a una modifica nella legge elvetica per la mitigazione del rischio alluvionale, collegandola al miglioramento delle condizioni ecologiche. Ci siamo accorti infatti che non c’è contraddizione tra la conservazione della natura e una maggiore difesa della popolazione. Sicurezza e tutela procedono insieme. Ecosistemi in salute sono fondamentali per il benessere degli abitanti. È quel che chiamiamo: nature based solution, soluzioni basate sulla natura. Dobbiamo lavorare con la natura, non contro.
L’impressione è che sia speciale non solo il fiume, ma anche l’approccio interdisciplinare e sistemico che avete adottato…
Sì, in effetti c’erano altri studi precedenti, ma erano individuali. A fare la differenza è stato l’incontro tra ricercatori di diversa formazione e provenienza, non solo europei ma anche giapponesi, statunitensi, australiani… Questa comunità internazionale che si è incontrata sul Tagliamento è stata in sé un’innovazione, un’occasione fertile per la crescita scientifica. Alcune delle scoperte che abbiamo fatto si trovano ora sui libri di testo, per esempio riguardo all’importanza del legno morto e delle isole vegetate per l’ecosistema fluviale. Ci siamo occupati anche della relazione tra ecosistemi acquatici e terrestri, di quanto spazio occupa un fiume da un punto di vista ecologico…
Il tratto più studiato e naturale è il medio corso: ci spiega cosa lo rende unico?
È lo spazio di transizione tra le Alpi e la pianura, dove cambia la pendenza e il fiume si allarga in un ampio alveo a canali intrecciati. Qui si trovano barre ghiaiose e isole con vegetazione, nei vari stadi di evoluzione. Fino a 150, 200 anni fa, queste caratteristiche erano tipiche di tutti i fiumi alpini, nel passaggio tra montagna e pianura. Oggi sono state perdute quasi ovunque nell’Europa occidentale. Ecco perché il Tagliamento è diventato un riferimento, un modello da cui imparare per il ripristino degli ecosistemi fluviali naturali nel futuro. Si investono moltissime risorse per la riqualificazione dei corsi d’acqua degradati, ma la nostra priorità dovrebbe essere prima di tutto la protezione degli ultimi fiumi liberi di scorrere. In questo senso, mi sembra assurdo che il Tagliamento non abbia una forma di tutela, come quella che potrebbe dare il riconoscimento Mab Unesco, un tipo di protezione che include le persone, integra paesaggio umano e naturale. Non si tratta infatti di creare una fortezza isolata, ma di istituire una forma di protezione che consente le attività antropiche, come agricoltura e turismo, tutelando allo stesso tempo la biodiversità naturale e proteggendo le persone.

(foto di Andrea Goltara)
Proprio il medio corso del fiume friulano, il più studiato e meglio conservato, invece, da anni è interessato da progetti di infrastrutture che ne comprometterebbero la naturalità. Di recente si parla di un ponte-traversa tra Dignano e Spilimbergo, una sorta di “Mose fluviale” per la difesa dalle piene a valle, a Latisana. Come mai non si riesce a cambiare approccio?
Uno degli aspetti più difficili da comprendere è perché le istituzioni vogliano distruggere il tratto più naturale, che non solo è quello più affascinante dal punto di vista paesaggistico, ma soprattutto fornisce alla pianura una serie di servizi ecosistemici fondamentali. Il Tagliamento alimenta il sistema delle falde. Se diminuisce l’infiltrazione verticale dell’acqua, tutta la pianura ne paga le conseguenze, soprattutto l’agricoltura, che dipende dalla disponibilità irrigua. Inoltre, già oggi le piane alluvionali del medio corso svolgono un’importante funzione di trattenimento delle piene e mitigazione del rischio. E, ancora, quando si decide di realizzare un’opera, è sempre bene valutare diverse opzioni, basate su una raccolta di dati il più possibile accurata e con il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse. Credo che non considerare alternative sarebbe un’occasione persa. Ed è cruciale includere la popolazione nel processo decisionale, con un approccio partecipativo.
In apertura, la stretta di Pinzano. Foto di Elisa Cozzarini
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