Cultura
Tam, la scuola ideale di Arnaldo Pomodoro
Il grande scultore appena scomparso, per oltre vent’anni ha guidato un’istituzione unica nel suo genere: Tam, ambiente educativo e insieme esperimento sociale per coltivare la sapienza artigianale e far crescere talenti artistici nel trattamento dei metalli. Era convinto infatti che la manualità dell’artigiano sia essenziale per l’arte: un know how da recuperare

Nella parabola umana e artistica di Arnaldo Pomodoro, il grande scultore morto alla vigilia dei suoi 99 anni, c’è un capitolo poco noto ma molto significativo. Si chiama Tam, acronimo che sta per Trattamento Artistico dei Metalli. È una scuola unica nel suo genere che Pomodoro aveva fortemente voluto e fondato nel 1991 a Pietrarubbia, nel Pesarese, a pochi chilometri dal suo paese natale Marciano di Romagna: ambiente educativo e insieme esperimento sociale. Allo scultore l’idea era nata dopo le esperienze di residenze artistiche da lui fatte in America a Berkley e alla Stanford University. Alla radice di questa idea di una scuola c’era la consapevolezza della centralità del fattore artigianale e manuale dell’arte. Pomodoro, grande innovatore e sperimentatore, aveva un grande rispetto per la memoria materiale dell’arte e sentiva l’urgenza che la conoscenza concreta della scultura doveva essere trasmessa al di là delle mura private del suo studio e del know-how dei suoi preziosi collaboratori. Il rischio altrimenti era che andasse perduta.
Il nome stesso dato alla scuola richiamava questa dimensione concreta che metteva al centro l’attenzione per i materiali e per la loro lavorazione rispettosa. La scuola prevedeva corsi su diverse tecniche metalliche e anche lezioni di «antropologia dei materiali». «Gli insegnanti», ha scritto Sharon Hecker autrice di uno studio su questa esperienza, «si descrivevano come “amici” che, insieme a Pomodoro, intraprendevano un viaggio comune per educare le nuove generazioni in un modo diverso dalle possibilità offerte dalle accademie d’arte tradizionali». Tra gli insegnanti c’erano anche delle eccellenze, come ad esempio Eliseo Mattiacci, scultore, che aveva sposato l’idea di Pomodoro. C’era una necessità di costruire competenze sui materiali, per chi voleva fare arte ma non solo. «In certi casi la manualità va sublimata», ha scritto Mattiacci a proposito dell’esperienza di Tam. «Per sublimarla bisogna possederla, conoscere le possibilità di un materiale, riuscire a trasformarlo con la propria idea e tecnica». Pomodoro riteneva che il Tam fosse necessario anche come ambiente educativo, «proprio oggi, in contraddizione con la tendenza alla emarginazione dell’attività artigianale, il Centro Tam si propone il recupero e il mantenimento di un grande patrimonio culturale che è insieme tecnico, inventivo, creativo. Anche per andare al di là di esso».
Proprio oggi, in contraddizione con la tendenza alla emarginazione dell’attività artigianale, il Centro Tam si propone il recupero e il mantenimento di un grande patrimonio culturale che è insieme tecnico, inventivo, creativo. Anche per andare al di là di esso
Arnaldo Pomodoro, artista
Una scuola pensata per trasmissione di saperi, proiettata però nel futuro. Non conservativa, ma fucina di nuovi approcci e di nuove soluzioni, come era stata il Bauhaus in Germania. Del resto Gropius, proprio come Pomodoro, riteneva che la manualità dell’artigiano fosse essenziale e che non vi fosse alcuna differenza tra l’artista e l’artigiano. Lo scultore guardava preoccupato al fatto che l’approccio formativo degli artisti si concentrasse troppo su idee concettuali e filosofiche astratte a scapito del know-how artigianale, con un complessivo impoverimento.

La scuola Tam aveva fatto rifiorire il piccolo centro di Pietrarubbia, grazie anche alla presenza e alle opere lasciate dagli artisti, a iniziare proprio da Pomodoro che aveva realizzato l’altare e la grande pala in forma di sole per la chiesa di San Silvestro. Purtroppo la scuola dopo 23 anni di attività è stata chiusa nel 2014. Resta come eredità ideale di Arnaldo Pomodoro e come modello di riferimento capace di tenere viva la memoria materiale dell’arte, lasciandola allo stesso tempo aperta alle continue indagini future.
In apertura, Arnaldo Pomodoro con gli studenti, da Fondazione Arnaldo Pomodoro. Nell’articolo, l’artista nel 1975: foto di Wikimedia Commons
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