S ono stato per anni vicino a Telethon nei giorni della maratona. Ho ricordi bellissimi del clima di entusiasmo e di condivisione di un sogno che si concretizzava ogni volta in una cifra sempre più alta del totalizzatore. C’era un clima familiare, pur essendo Telethon un macchina da guerra sul piano organizzativo e di raccolta fondi. La stessa presenza rassicurante della signora Agnelli, presidente e testimonial al tempo stesso, veniva vissuta da tutti con grande rispetto e stima. Ripenso a quei momenti perché questo fine settimana torna la maratona televisiva, e arriva in un momento di grande crisi economica del Paese (ma non è la prima volta, in questi 18 anni di Telethon), e anche di crisi della Rai. C’è dunque il rischio che questa volta il totalizzatore non superi il record dell’anno scorso, oltre 30 milioni di euro per finanziare la ricerca sulle malattie genetiche?
In realtà Telethon vive tutto l’anno, grazie ad accordi, sponsorizzazioni, iniziative strategiche di partnership nella raccolta fondi e nella sensibilizzazione, perciò alla fine sono certo che i conti torneranno anche quest’anno, consentendo per altri dodici mesi il finanziamento più importante in assoluto della ricerca scientifica sulle malattie genetiche in Italia, non sufficiente specie se paragonato ai risultati francesi, ma comunque imponente. Penso che il merito di questo risultato di eccellenza sia anche da individuare nella neutralità etica della ricerca finanziata da Telethon in Italia: la Fondazione e il Comitato scientifico hanno scelto sempre la strada del lavoro in silenzio, senza entrare nelle polemiche, spesso inutili, sulle scelte di bioetica, ad esempio rispetto alla ricerca sulle staminali. Di questo dovrebbero essere grati prima di tutto i malati, destinatari veri della ricerca, sempre più orientata alla terapia, per malattie dai nomi impronunciabili, ma non per questo meno gravi, quanto piuttosto orfane di cure e di finanziamenti. Grazie, Telethon.
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