Non profit

Telethon e quei 10 milioni della Glaxo

di Redazione

È una vittoria che vale un Gran Premio. Lo deve aver pensato Luca Cordero di Montezemolo, che ha raccolto il testimone di Susanna Agnelli, come presidente della Fondazione Telethon. L’accordo con la potente multinazionale GlaxoSmithKline (ben ilustrato dall’intervista a Francesca Pasinelli, dg della Fondazione Telethon che trovate a pag. 7), che si impegna a tirare fuori subito dieci milioni, per finanziare le ultime fasi della ricerca Telethon su un pacchetto di malattie genetiche rare, ottenendo in cambio – e non è poco – l’esclusiva sulla commercializzazione dei “farmaci” di terapia genica che ne conseguiranno, è infatti una notizia di valenza mondiale. Non si è mai visto, neppure negli Stati Uniti, qualcosa di simile. La ricerca italiana, possibile grazie alla generosità dei donatori e alla qualità e alla trasparenza della ricerca finanziata da Telethon, si impone nella lotta definitiva a un primo gruppo di malattie rare. Poche certo, se paragonate al firmamento delle cinquemila e forse più patologie ancora prive di cura. Ma tante se si pensa che sono passati appena vent’anni dall’inizio di questa sfida. Vent’anni fa io c’ero. Lo posso dire con orgoglio e soprattutto con la gioia di chi ha visto muovere i primi passi alla fondazione, alla maratona televisiva, sotto la spinta della Uildm, l’Unione Lotta alla distrofia muscolare. Vent’anni dopo siamo qui a contare gli anni che mancano alla vittoria finale. Ho incontrato a Milano i volti belli, raggianti, onesti, di ricercatori che ti fanno sentire orgoglioso di essere italiano: Naldini, Ballabio, Roncarolo, Gabellini, e tanti altri, tanti davvero. E Francesca Pasinelli. Una squadra fenomenale, che ogni anno premia la qualità, il merito, il risultato. Se la Gelmini volesse partire da qui per capire come riformare l’università, potrebbe farlo. Se i ministri Sacconi e Fazio, invitati a Milano, avessero avuto l’umiltà di ascoltare, e di imparare, avrebbero potuto farlo. Ma non c’erano. Io sì. E ne sono felice.

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