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TERRASANTA. “Il Calvario di oggi è una guerra lunga 60 anni”
Lo dice monsignor Fouad Twal, patriarca latino di Gerusalemme. "Noi cristiani dialoghiamo, ma l'occupazione israeliana deve finire. Per questo dobbiamo alzare la voce"
di Redazione
”Oggi il Calvario e’ una guerra che dura da 60 anni, l’occupazione militare, la disoccupazione, la depressione economica. Oggi si costruiscono muri senza accorgersi che cosi’ facendo ci chiude dentro. Ma in questa terra non servono muri ma dialogo. Bisogna tagliare le cause della paura che ci allontanano dall’altro, chiedersi perche’ abbiamo paura l’uno dell’altro”. A raccontare al Sir, l’agenzia di stampa della Cei, il calvario delle comunita’ cristiane di Terra Santa, che attendono Benedetto XVI a maggio, e’ il patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, 68 anni. ”I politici – dice – devono cambiare, convertirsi, avere coraggio per scelte difficili ma necessarie per il bene di tutta la popolazione”.
Un monito attuale data la situazione politica israeliana e palestinese, con gli israeliani impegnati nella formazione di un Governo di unita’ nazionale ed i secondi in una difficile riconciliazione tra le due anime piu’ forti, Hamas, che controlla Gaza e Fatah, maggioritario in Cisgiordania. ”A Gaza e’ stata fatta l’ennesima guerra – continua il presule di origini beduine giordane – ma con quali risultati? Nessuno. Se qualcuno mi dimostra, fatti alla mano, che la guerra e’ servita a qualcosa, io stesso, come patriarca, invochero’ nuove incursioni militari”. Il problema, spiega il vescovo, e’ che ”semini occupazioni, raccogli resistenza. L’occupazione deve finire”. Twal parla anche di umiliazioni quando ”molti ci chiedono: ma voi cristiani cosa fate? Cosa fa il Papa, per fermare la guerra? Io rispondo: dialoghiamo, educhiamo alla convivenza, alla tolleranza, al rispetto dei diritti. I frutti di questo lavoro non si raccolgono subito, quelli dell’odio, purtroppo si e lo vediamo”.
”Fra 20 anni – aggiunge Twal – ci sara’ qualcuno dei nostri giovani che, divenuto politico, avra’ il coraggio della pace. Adesso pero’ e’ il tempo della denuncia, di alzare la voce, come fece Giovanni il Battista”. ”Ecco – spiega ancora – la prossima visita del Papa servira’ ad incoraggiare le comunita’ cristiane, a far capire loro che essere cristiani qui e’ una vocazione, che devono resistere alle tentazioni di andare via. I musulmani in molti casi vivono in condizioni peggiori dei nostri fedeli eppure non pensano a lasciare questa terra, vi rimangono, resistono. Qui fanno nascere i loro figli. A volte penso che coccoliamo troppo i nostri cristiani”.
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