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Testamento solidale, la riforma a metà

Il disegno di legge sul Terzo settore prevede - fra le altre cose - semplificazioni in materia di lasciti solidali. Il Governo non accoglierà emendamenti, per accelerare l'approvazione. Altre modifiche però sarebbero necessarie, a cominciare dall'eliminazione della presunzione che ogni edificio lasciato al non profit sia un bene di interesse culturale

di Sara De Carli

firma lasciti

Scaduto il termine per la presentazione di emendamenti, la Commissione Affari sociali del Senato riprenderà speditamente l’esame del disegno di legge proposto dal Governo che reca Disposizioni in materia di politiche sociali e di enti del Terzo settore (qui la relazione tecnica). Il testo contiene diverse semplificazioni, tanto che il Forum del Terzo Settore nella sua audizione ha espresso «sicuro apprezzamento e favore per la rapida approvazione del disegno di legge in questione, così come emendato alla Camera».

C’è almeno un aspetto però su cui la semplificazione avviata con il decreto è incompiuta: quello relativo ai testamenti solidali, strumento sempre più rilevante per il finanziamento delle attività del Terzo settore. Nei mesi scorsi, la viceministra Maria Teresa Bellucci aveva evidenziato l’opportunità di approfondire ulteriormente la materia durante l’esame del disegno di legge in Senato. Ora però il Governo pare intenzionato a procedere rapidamente all’approvazione del provvedimento, senza apportare modifiche che richiederebbero un ritorno alla Camera: questo nell’ottica di vedere subito in vigore le semplificazioni previste, prima dell’arrivo da parte di Bruxelles della tanto attesa autorizzazione per l’intero pacchetto fiscale relativo alla riforma del Terzo settore. Sia la viceministra Bellucci che la relatrice del ddl, Paola Mancini (FdI) hanno già rassicurato sulla volontà del Governo di aprire immediatamente un tavolo di lavoro per proseguire il confronto e ragionare sui prossimi passi necessari.

Testamento solidale, le due modifiche previste dal ddl

L’articolo 7 esclude la responsabilità solidale ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni per gli Enti del Terzo Settore e per gli enti pubblici, fondazioni o associazione legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché per le Onlus e le fondazioni bancarie. Già oggi questi soggetti, nel momento in cui sono beneficiari di un lascito solidale, sono esclusi per legge dall’imposta di successione, ma allo stesso tempo esiste un obbligo solidale fra gli eredi tale per cui un Ets nominato erede, pur essendo escluso dall’imposta sulle successioni, può essere intimato a versare l’imposta dovuta dagli eredi o dai legatari, salvo poi il diritto di rivalersi su questi ultimi. La nuova disposizione esplicita la volontà del legislatore di non far gravare, neanche indirettamente o come anticipo, l’imposta sulle successioni in capo agli Ets.

L’articolo 8 modifica l’articolo 705 del codice civile e dispensa dall’apposizione dei sigilli e dall’inventario dei beni dell’eredità. La nuova norma prevede che quando sono chiamati all’eredità unicamente persone giuridiche private senza scopo di lucro ed enti del Terzo settore, essi possono – prima dell’accettazione della stessa eredità – dispensare l’esecutore testamentario dall’obbligo di apposizione dei sigilli e di inventario dei beni. Queste due misure sono previste nel codice civile a tutela degli eredi più fragili, per esempio un minore. Nel caso degli Enti di Terzo settore che ricevono un’eredità, però, questo meccanismo che ha intenzione di tutela diventa invece talvolta un elemento che allunga i tempi e complica le procedure, a cui si potrebbe tranquillamente rinunciare. Da qui la possibilità di dispensare l’esecutore testamentario.

Testamento solidale, la modifica necessaria e non prevista nel ddl

Le modifiche che il “Gruppo Terzo settore” – formato da ActionAid, Fondazione Airc, Aism, Emergency, Fai, Lega del Filo d’Oro, Save the Children e Fondazione Telethon – ritiene necessarie, presentate alla Commissione Affari sociali del Senato nella recente audizione e ben descritte nella memoria consegnata (leggi qui) vanno nella direzione di semplificare ulteriormente gli oneri burocratici, abbattere i costi e accelerare le tempistiche relativi ai lasciti solidali cui gli Enti del Terzo Settore entrano in possesso e che andrebbero a beneficio di tutti gli Enti di Terzo settore, per cui le entrate da lasciti testamentari stanno acquisendo man mano una rilevanza sempre più strategica. Di particolare rilevanza, perché indice delle difficoltà burocratiche che gli enti non profit incontrano nella quotidianità in tema di lasciti testamentari, è la proposta per il superamento della presunzione di interesse culturale.

Presunzione di interesse culturale dei beni

Il Codice dei Beni Culturali prevede che un bene immobile o mobile che abbia più di 70 anni, per il solo fatto di appartenere a un Ente del Terzo Settore (o, più in generale, a persone giuridiche private senza fini di lucro) viene considerato a priori un “bene culturale”, a prescindere dal suo effettivo valore artistico, storico o architettonico. La paradossale “presunzione” di bene culturale – che non scatta se l’immobile viene ereditato da una persona fisica – può essere superata solo a seguito del lungo e burocratico procedimento di “verifica” da parte delle Sovrintendenze. Questo comporta un danno per l’Ente che riceve il lascito o la donazione, che per molti mesi si trova bloccato e non può alienare i beni “presunti culturali” per ricavarne le risorse economiche da destinare alle sue attività (se lo vende prima che l’iter sia concluso, l’acquirente comunque ha una posizione di vantaggio perché fa leva sul fatto che sta acquistando un immobile ancora vincolato).

L’istanza può essere presentata esclusivamente alcuni mesi prefissati dalle Regioni e non liberamente, al momento in cui ve ne sia necessità. Per le Sovrintendenze, d’altra parte, questo si traduce in un aggravio di costi e di lavoro burocratico procedimento di “verifica” previsto dall’art. 12 del Codice dei beni culturali. Che senso ha che per qualsiasi immobile, (anche un appartamento in un condominio o un garage) per il solo fatto di essere stato edificato da più di 70 anni e per il solo fatto di appartenere a un ente di Terzo settore, scatti la presunzione di interesse culturale? Peraltro, scrive nella sua memoria il Gruppo, da uno studio effettuato su 317 beni immobili oggetto di lascito, sono stati rilevati 25 beni immobili rientranti nella norma presuntiva, dei quali solo 3 si sono rivelati di interesse culturale a seguito delle verifiche necessarie: lo 0,9% degli immobili oggetto di lascito.

Le richieste del “Gruppo Terzo settore”

Le richieste del “Gruppo Terzo settore” sono tre:

  • Prevedere l’applicazione alle persone giuridiche private senza fine di lucro, compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, la stessa normativa prevista per tutti i soggetti privati (persone fisiche e persone giuridiche lucrative);
  • Cancellare la presunzione automatica di interesse culturale per i beni di proprietà degli Enti non lucrativi pervenuti per successione, con conseguente rimozione dell’inversione dell’onere della prova. La valutazione di interesse culturale continuerà ad essere appannaggio di un procedimento attivo delle Soprintendenze, che si attiveranno qualora ritengano di essere in presenza di un immobile di interesse e valore storico e culturale;
  • In subordine, prevedere un anno fisso prima del quale valga la presunzione di interesse culturale per un immobile e non più l’indicazione dei 70 anni dalla sua realizzazione.

Foto di Gundula Vogel da Pixabay


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