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Tetto al sostegno, la Consulta dice no

Bocciata la norma contenuta nella Finanziaria 2008

di Redazione

La Corte Costituzionale ha bocciato il tetto al numero di insegnanti di sostegno fissato dalla Finanziaria per il 2008, definendolo come un «illogico e irrazionale regime discriminatorio». Una sentenza quasi dovuta, che non sposta un problema: «Le ore di sostegno non sono l’unica risorsa per l’integrazione dei ragazzi», avvertono Fish e Sipes.
Altro che beffa al Parlamento, come l’ha definita Il Giornale di Feltri. La sentenza dello scorso 22 febbraio, emanata dalla Corte Costituzionale, che ha bocciato i commi 413 e 414 dell’articolo 2 della Finanziaria per il 2008 (che ponevano un tetto al numero di insegnanti di sostegno, senza tenere conto delle situazioni specifiche degli alunni), è stato un provvedimento inevitabile e necessario. I giudici costituzionali «non potevano fare diversamente», sottolinea Salvatore Nocera, vicepresidente Fish.«Ci sono anche numerose sentenze della Cassazione che ribadiscono lo stesso concetto: in presenza di diritti costituzionali, come il diritto allo studio di un alunno disabile grave, non è possibile richiamare né la discrezionalità del Parlamento né le ragioni di contenimento della spesa pubblica».
La sentenza, pertanto, travolge anche il tetto massimo dei docenti di sostegno assumibili (che era stato stabilito nel 25% del totale delle classi, circa 94mila unità), di fronte all’esigenza indiscutibile di uno studente con grave disabilità di essere accompagnato allo studio con maggiori aiuti e risorse rispetto a quelle messe a disposizione per uno studente meno grave. Bene dunque, anche se «il problema del sostegno è fuorviante rispetto alla gravità della situazione degli studenti disabili nella scuola italiana», afferma Nocera. I genitori chiedono sempre più ore di sostegno perché, sostanzialmente, i docenti di cattedra tendono a sorvolare sulle responsabilità didattiche che hanno nei confronti degli alunni disabili. In una ricerca realizzata dalla Società italiana di pedagogia speciale – che sul tema dell’integrazione dei disabili ha recentemente tenuto un convegno all’Università Cattolica di Milano – emerge che, dagli anni 70 ad oggi, la presenza in classe di uno studente portatore di handicap si fa sempre meno costante: nella scuola secondaria inferiore anzi vige la regola “dell’alternanza” nel 70% dei casi (significa che lo studente trascorre un po’ di tempo in classe e un po’ al di fuori, nell’aula di sostegno o altrove). «La legge 104 stabilisce la co-titolarità della responsabilità didattica tra insegnante di sostegno e docente di cattedra», sottolinea Luigi D’Alonzo, presidente Sipes. «Per questo noi affermiamo che la formazione verso i temi dell’handicap e la pedagogia speciale è fondamentale per tutti gli insegnanti. Deve essere istituito un obbligo di formazione iniziale e di formazione continua. È il solo modo per realizzare l’integrazione. Laddove questa si realizza, i benefici ricadono su tutti: sui ragazzi disabili che diventano una risorsa, sui normodotati che sperimentano il dialogo, sull’intera comunità scolastica che realizza forme di innovazione strutturale e sociale».

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