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Tra i greco-siculi di Messina

Tredici anni fa Aristide Macris insieme ad altri greci come lui hanno fondato la Comunità Ellenica dello Stretto, un'associazione che raggruppa oltre 100 famiglie di origine greca, residenti a Messina e in provincia di Reggio Calabria. «Il debito è solo uno strumento di un disegno più ampio»

di Giacomo Zandonini

Messina – Aristide Macris è affacciato al balcone di palazzo Zanca, sede del comune di Messina. Sessant’anni fa qui, nella sala delle Bandiere, i leader di sei paesi posero le basi del mercato comune europeo. Alla vigilia del referendum la sala ha invece ospitato attivisti, militanti pro Syriza e giovani membri del movimento Cambiamo Messina dal Basso del sindaco Accorinti. Molti, in questa assemblea, erano i greco-siculi, accorsi per esprimere solidarietà agli antichi connazionali. «Tutto qui rimanda alla Grecia», dice Macris indicando il mare, che si insinua fra la barriera di palazzi fascisti, «pensi che la leggenda della Madonna della Lettera, ricordata nella statua che domina il porto, fu introdotta da Costantino Lascaris, un filogogo greco del Rinascimento, che insegnò a Messina». Per quest'uomo di 75 anni, come per molti greci dello Stretto, «la vittoria del no al piano di rientro del debito ha affermato l'orgoglio del popolo greco, che si è sempre risollevato dalle disgrazie, e ha messo l’Europa dei ricchi di fronte a un dilemma ineludibile; se non lo si affronterà, il rischio di violenze è dietro l’angolo».

Tredici anni fa Macris e altri greco-siculi hanno fondato la Comunità Ellenica dello Stretto, un'associazione che raggruppa oltre 100 famiglie di origine greca, residenti a Messina e in provincia di Reggio Calabria, fra la Locride e le zone della Bovesìa. Fra discendenti di gruppi emigrati anticamente e famiglie arrivate nel secondo dopo-guerra, in Calabria e Sicilia i parlanti in grecanico, neogreco o greco moderno sono alcune migliaia, 500 solo a Messina, riconosciuti nel 2012 come minoranza linguistica nazionale.

Domenica sera molti di loro hanno festeggiato il “No” con brindisi e canti. Per Aristide Macris, giunto a Messina come studente a fine degli anni '50, i recenti sviluppi della crisi greca fanno riaffiorare ricordi mai sopiti. «La Grecia, sia i cittadini che chi ha governato, ha grosse responsabilità, ma va detto – spiega senza mezze parole – che stavamo assistendo a un colpo di stato strisciante, che mirava a sostituire un governo eletto democraticamente rispondendo, come all'epoca dei colonnelli, a interessi esterni, a strategie politiche d’oltreoceano».

Il golpe militare del 1967, appoggiato secondo molti dalla Cia, ha infatti costretto Macris, oggi insegnante in pensione, a rimanere in Italia. «La dittatura è finita, ma da allora in Grecia c'è un'oligarchia, dominata da due famiglie: i Karamanlis e i Papandreu». Sono loro, dice, ad aver firmato la famosa intesa con la Troika. «Il debito – continua – è solo uno strumento di un disegno più ampio, l'Unione Europea sapeva bene che stava crescendo, tanto da arrivare da 30 a 300 miliardi di euro». La questione sarebbe insomma più politica che economica. «La Grecia investe fra il 3 e il 7 per cento del Pil in spese militari: e sa a chi vanno? Alla Germania, per i carro armati Leopard, alla Francia per gli aerei Mirage, e agli Stati Uniti per i cacciabombardieri F16; e intanto le pensioni sono calate del 40 per cento e la disoccupazione è alle stelle». La geografia greca, a cavallo fra oriente e occidente, è per Magris un altro elemento chiave. «Dopo l'embargo verso la Russia, ho visto buttare con i miei occhi tonnellate di mele e pere greche, destinate a Mosca… e proprio Putin, se volesse, troverebbe nella Grecia un partner importante per avere uno sbocco al mare, in accordo con la Turchia". Prospettiva che, inevitabilmente, creerebbe ulteriori tensioni, “come ci hanno insegnato gli spargimenti di sangue nel Donbass ucraino».

La questione è complessa, ma nella Messina di oggi, figlia ideale dell'insediamento ellenico di Zancle (VII secolo a.C.), i greci si sono schierati per il no e, con le parole di Macris, sperano «che si arrivi a più miti consigli, perché punire un popolo intero, giudicandolo cattivo o pigro, non può che innescare altre tensioni». Macris racconta come «dalla sede della nostra associazione, un appartamento confiscato alla mafia in centro città, cerchiamo di riportare alla luce la presenza greca nell'area dello Stretto, e quindi i legami fra Italia e Grecia, che partono da lontano ma arrivano fino a oggi». Mentre il sole scende dolcemente sulle acque di Scilla e Cariddi, il decano dei greci dello Stretto ricorda, ad esempio, di un'esposizione di icone presso il Museo Regionale di Messina, fra i maggiori eventi culturali siciliani del 2013. «Prima del terremoto del 1908, a Messina c'erano 32 chiese ortodosse, con icone di valore inestimabile, e qui c’è una bella storia: due navi militari greche vennero in aiuto ai terremotati, una per evitare gli sciacallaggi, l'altra per prestare cure mediche, ma finì che portarono in salvo a Atene 43 di queste icone, che riuscimmo a far esporre in città, in accordo con il Museo Cristiano e Bizantino della capitale». Le famiglie di origine greca, e gli studenti greci che ancora, in virtù di antichi legami, studiano all'università di Messina, seguono oggi gli sviluppi con apprensione e speranza, sussultando alle dimissioni del leader dell’opposizione Samaras e alla nomina freschissima di Euclid Tsakalotos a nuovo ministro delle Finanze. Orgogliosi del fatto che, in ogni caso, conclude Macris citando a braccio il premio Nobel per la letteratura Odysseas Elytis, «se riduci ai minimi termini i greci, troverai un ulivo, un albero di vite e una barca da pesca, e da qui tutto può ricominciare».

Nella foto di copertina Aristide Macris

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