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Educazione ambientale

Treviso, a scuola nel verde. In una classe da 67 ettari

I cambiamenti climatici, l’aumento della popolazione mondiale, l’inquinamento ci richiedono maggiore rispetto per gli ecosistemi per non alterare gli equilibri naturali. Con questo obiettivo, da alcuni anni nel parco Storga di Treviso, la cooperativa Comunica si impegna a svolgere attività di educazione ambientale, per adulti e bambini, nella convinzione che sia l'unico modo per educare alla vita

di Rossana Certini

Educare alla vita attraverso l’insegnamento del senso di responsabilità verso l’ambiente naturale che ci circonda. È questa l’idea che ha la cooperativa sociale onlus Comunica che dal 2002 propone nel territorio di Treviso e provincia servizi educativi pensati e progettati con l’obiettivo di sensibilizzazione adulti e bambini alle tematiche di sostenibilità ambientale.

Educazione ambientale come educazione alla vita per imparare dalla natura lo scorrere lento del tempo, la ricchezza della diversità, l’equilibrio e il valore delle mutue relazioni

«Siamo convinti», spiega il presidente Matteo Marconi, «che la natura può educarci a riscoprire un modo di vivere più sostenibile. L’ambiente che ci circonda ci trasmette valori necessari per vivere bene. Primo fra tutti il rapporto con lo scorrere del tempo che è fatto di attese e non è quello del tutto subito che caratterizza la società moderna, dove l’attesa è considerata solo una grande scocciatura. Oggi i cambiamenti climatici, l’aumento della popolazione mondiale, l’inquinamento rendono impellente la necessità di educare le persone a gestire i propri comportamenti in rapporto agli ecosistemi per vivere in modo sostenibile per l’ambiente, cioè senza alterare del tutto gli equilibri naturali».

Comunica porta avanti da alcuni anni il progetto “La Storga – Polo innovativo permanente di cultura e formazione in ambiente” avviato presso l’omonimo parco della città di Treviso. Un bosco urbano che costituisce un patrimonio inestimabile, sia da un punto di vista ambientale sia sociale.

«Il parco dello Storga», spiega Marco Fintina, educatore professionale e guida ambientale escursionistica, «è un’area di risorgiva di 67 ettari che si estende tra i comuni di Treviso e Carbonera. È stata realizzata grazie a un intervento di recupero e sistemazione ambientale dell’ex colonia ergoterapica dell’ospedale psichiatrico Sant’Artemio. La biodiversità che lo contraddistingue lo rende un vero e proprio polmone verde per il nostro territorio ma la sua storia, legata strettamente a ricordi di malattie, dolori e privazioni forzate, ha fatto sì che non fosse da subito vissuto dalla comunità. Il lavoro di educazione ambientale che facciamo all’interno del parco, soprattutto con i bambini e i ragazzi, ha anche l’intento di riportare i genitori nello Storga su richiesta dei figli che dopo aver seguito le nostre attività chiedono di ritornare nel parco».

Attività nel parco dello Storga, ©Comunica

Durante le attività ambientali nel parco gli educatori cercano, per esempio, di trasmettere ai bambini come ogni ambiente tende a creare un equilibrio tra gli essere viventi che lo popolano e questo permette un futuro all’ambiente stesso.

«Questa capacità di equilibrio», prosegue Fintina, «a noi uomini manca e la stiamo scoprendo, in piccola parte, solo ora. Si pensi al modello dell’economia circolare che in natura è la prassi o a quello di collaborazione di cui troviamo numerosi esempi tra piante, insetti e animali. L’educazione ambientale diviene così lo strumento privilegiato per trasmettere il valore delle mutue relazioni e dell’influenzarsi reciprocamente tra le parti e il tutto in un mondo complesso».

L’educazione ambientale è molto utile anche per riscoprire il senso del limite, la necessità di un approccio consapevole e mediato al rischio, il valore dell’ansia intesa come stato di alta attenzione e non come pura paura.

«Organizziamo campi estivi», racconta Marconi, «che tendono a sviluppare autonomia, senso di autostima e fiducia nei ragazzi attraverso la pratica del Risky Play. Una pratica nata da alcuni genitori in Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna che si sono accorti che i figli avevano meno abilità motorie e meno capacità di gestire i rischi della vita quotidiana, come salire una scala a pioli, andare velocemente in bicicletta, utilizzare coltelli, correre su un terreno accidentato, tuffarsi in acqua, orientarsi in un luogo evitando di perdersi. Il motivo principale era che i bambini crescevano in un ambiente iperprotetto, dove tutti i rischi erano stati eliminati».

Attività di Risky Play nel parco dello Storga, ©Comunica

Tra le attività proposte ci sono i giochi per sviluppare l’equilibrio. Certo si può cadere camminando su un tronco ma ci si rialza, si acquista autostima e si diventa consapevoli. Attività manuali con attrezzi che non si usano più come il martello, i chiodi o i seghetti. Sono utensili da usare con concentrazione, attenzione e precisione. Poi ci sono i giochi di orientamento in cui può capitare di smarrirsi nel parco e capire così quali sono i propri limiti.

«Quella che abbiamo di fronte», conclude Fintina, «è una sfida ambiziosa, diretta a trasformare la nostra società rendendola inclusiva, sostenibile e aperta. Far vivere ai bambini e ai ragazzi, ma anche agli adulti, il rapporto con l’ambiente inteso come valore e spazio di vita è la finalità di ogni nostro percorso di educazione ambientale e il nostro piccolo contributo a questa grande sfida».

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Nella foto principale: Attività nel parco dello Storga con Marco Fintina ©Comunica


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