Acquisti sostenibili
Ue, la direttiva “no greenwashing” mette in crisi Ursula II?
La Commissione Ue vuole ritirare la norma che vieta l'uso di etichette ecofriendly e simili diciture, quando la reale sostenibilità non è verificata. Per il Partito popolare europeo, infatti, sarebbe un inutile aggravio di costi e burocrazia a carico delle imprese. Le ong ambientaliste e i gruppi a difesa dei consumatori chiedono invece l'approvazione. Socialisti e liberali, che sostengono la presidente von der Leyen, non ci stanno e minacciano di aprire una crisi

A un passo dall’approvazione, la Commissione Ue ha annunciato che ritirerà la direttiva, a tutela dei consumatori, contro il greenwashing. Le diciture ecofriendly e simili continueranno a comparire sui prodotti senza un controllo rigoroso sulla loro reale sostenibilità. «Meno burocrazia, più competitività»: è stato il commento, soddisfatto, della europarlamentare ceca Danuše Nerudová, incaricata dei negoziati per il gruppo di centro destra del Partito popolare europeo – Ppe. Sta per scomparire un altro tassello del Green deal, il Patto verde fortemente voluto dall’esecutivo a guida Ursula von der Leyen I, smontato un pezzo dopo l’altro da Ursula II.
Ecofriendly di facciata
La proposta normativa nasceva da uno studio realizzato per la stessa Commissione Ue nel 2020. Emergeva che oltre metà dei prodotti dichiarati “amici dell’ambiente” utilizza slogan fuorvianti. Questo incrina la credibilità delle etichette e si ingannano i consumatori, sempre più alla ricerca di acquisti sostenibili. La direttiva Green claims dovrebbe servire proprio a introdurre un meccanismo di verifica su quanto buoni sono i prodotti per il pianeta. A pochi giorni dalla fine dei negoziati, previsti per lunedì 23 giugno, il Ppe ha scritto una lettera alla Commissione Ue chiedendo di cancellare la proposta. Venerdì l’esecutivo Ue ha anticipato che lo farà, in linea con l’agenda per la semplificazione e competitività del rapporto di Mario Draghi. Per le imprese europee, la direttiva infatti implicherebbe un aggravio dei costi e delle procedure amministrative.
Parola d’ordine: semplificazione
«Nulla sembra al riparo dalla “febbre dell’Omnibus” che dilaga a Bruxelles», è la reazione della rete ambientalista European environmental bureau – Eeb. «La prossima vittima potrebbe essere l’attesa direttiva anti greenwashing, che chiede alle aziende produttrici di provare le proprie dichiarazioni verdi e aumenta la trasparenza nei confronti dei consumatori: tutti noi. Il Ppe, che in passato aveva riconosciuto la necessità di regole in questo ambito, ora vuole buttare via il lavoro fatto. Ormai la parola d’ordine nei comunicati stampa e nelle dichiarazioni ufficiali è “semplificazione”. È la sintesi di una tendenza preoccupante verso lo smantellamento delle misure per la protezione sociale e ambientale, ignorando la consultazione democratica e le raccomandazioni della scienza».
Lo scorso gennaio Eeb e altre reti europee per la protezione dell’ambiente e dei consumatori hanno scritto una lettera aperta ai membri del Parlamento e del Consiglio Ue, caldeggiando l’adozione della direttiva. «La fiducia è facile da perdere, molto più difficile da riguadagnare», si legge. «Le attuali pratiche di comunicazione delle informazioni ambientali stanno rapidamente facendo crollare la loro credibilità. La direttiva Green claims sarebbe il miglior antidoto contro il greenwashing e porrebbe le basi per rimediare alle distorsioni del mercato, che penalizzano anziché premiare le imprese che operano in modo sostenibile».

Ursula II in crisi?
Secondo Politico.eu, il mancato appoggio alla direttiva potrebbe aprire la prima vera crisi per la leadership di Ursula von der Leyen. Anche se il Ppe è il gruppo più numeroso all’Europarlamento, infatti, l’esecutivo conta anche sui voti dei socialisti e dei liberali. Uno dei primi a commentare negativamente la chiusura all’anti greenwashing è stato l’italiano Sandro Gozi di Renew: «È una decisione vergognosa. È inaccettabile che i popolari, con i gruppi di estrema destra, stiano cercando di distruggere una norma fondamentale per proteggere i cittadini europei dall’inganno delle imprese sull’ambiente». Per il liberale di Renew, non è detta l’ultima parola, perché l’Europarlamento non ha mai chiesto la fine dei negoziati. Liberali e socialisti accusano il Ppe di bypassare il processo di discussione democratica, dato che la direttiva anti greenwashing era stata negoziata tra Parlamento e Consiglio ed entrambe le istituzioni la avevano approvata dopo mesi di lavoro.
In apertura, foto di Artem Beliaikin su Unsplash
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