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Un appello: la nuova povertà uccide e nessuno la conosce

di Marco Revelli

C’è un grande pezzo d’Italia che oggi è escluso dal dibattito e dall’azione politica: è il mondo della povertà. Nei giorni passati il governo ha presentato un piano che i media hanno letto come una svolta, nella direzione di un’apertura di attenzone al problema, dopo mesi tutti all’insegna del rigore. In realtà, osservato nel dettaglio, si tratta di poca cosa. L’aspetto più forte sono gli interventi per il Sud: da sempre i rapporti documentano come la povertà stia soprattutto lì, nella misura di un 70% sul dato nazionale. Ma le misure proposte sono un piccolo espediente, che fa leva sul mancato utilizzo dei fondi europei, proponendo un piano per un recupero del 5% di questi stessi fondi. È un piano evidentemente inadeguato, anche perché la povertà al Sud si sovrappone ad una mancanza di servizi, in particolare quelli all’infanzia, che rendono sostanzialmente impossibile l’accesso al lavoro alle donne. Quanto alle misure di taglio nazionale, quella più interessante avrebbe potuto essere il rilancio della social card, come strumento da usare in tutte le sue potenzialità, coinvolgendo in modo strutturato anche le amministrazioni locali e le reti associative. Invece ci si è limitati a un piccolo rifinanziamento, destinato a non avere nessuna efficacia.
Si può spiegare la pochezza di queste misure con la scarsa sensibilità che chi governa ha nei confronti di un tema come la povertà. Ma a monte c’è un problema più grave: siamo di fronte ad un impressionante deficit di conoscenza del fenomeno, in un momento in cui il fenomeno stesso è contrassegnato da trasformazioni profonde. Tante analisi lo confermano, in particolare le rilevazioni di straordinario interesse curate da Caritas Ambrosiana. E cosa evidenziano queste analisi? Che oggi l’area più esposta non è quella dei poveri intesi in senso tradizionale, ma è l’area di quelle tantissime famiglie del ceto medio che sino a ieri se la cavavano discretamente e che oggi invece si trovano in gravi difficoltà, che non arrivano a fine mese, che non riusciranno domani a pagare l’Imu e che rischiano a volte il pignoramento dei beni. È un’area grigia che non viene più intercettata, e che oggi, ad esempio, soffre in modo drammatico la morsa del fisco: il rapporto della Caritas Ambrosiana li ha definiti, con una formula drammaticamente efficace, “funamboli senza rete”.
Sono fuori da ogni rapporto ufficiale, perché sfuggono da indici di misurazione che non sono stati aggiornati (anche se gli indici ridefiniti sono a disposizione). E sono fuori anche dallo spettro delle teorie economiche che oggi dettano legge. Ma non sfuggono, al contrario, alle analisi di un economista premio Nobel come Amartya Sen che da tempo ha sollevato la questione come un’emergenza delle economie “ricche”. Sen infatti definisce lo standard delle famiglie in base alle loro “capabilities” cioè alla capacità di progettare un futuro. Un parametro come quello individuato da Sen permetterebbe di conoscere la situazione reale in cui si trovano milioni di famiglie oggi in Italia. E la conoscenza è la premessa necessaria perché poi le misure che si prendono, sempre che ci sia una sensibilità, da parte di chi governa, al problema, non siano come spari nel cielo. Per questo oggi è il tempo di rivolgere un appello a tutti perché non si perda altro tempo, e con umiltà ciascuno metta a disposizione le proprie competenze per capire quello che sta accadendo e fare emergere così un fenomeno che è stato lasciato nel grigio dell’indistinto e dell’indifferenza. Conoscere è un dovere e una premessa indispensabile per agire.


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