Diritti

Un fazzoletto bianco e una scena condivisa: l’eredità di una madre di Plaza de Mayo

È morta il 5 agosto a 98 anni Enriqueta Maroni, una delle Madres de Plaza de Mayo Linea Fundadora. Con il suo fazzoletto bianco in testa, era una delle donne simbolo di un movimento coraggioso e tenace che ogni giovedì, di fronte alla Casa Rosada, ha chiesto giustizia per una generazione di figli desaparecidos. La storia di una compagnia teatrale torinese che in uno spettacolo ha saputo raccontare al mondo un dolore collettivo

di Daria Capitani

«Ricorderemo tutti l’enorme coraggio con cui in piena dittatura denunciò al giornalismo internazionale che l’esercito era responsabile di persecuzioni, effrazioni e sequestri. È rimasta una guida». L’Espacio Memoria y Derechos Humanos di Buenos Aires, un luogo oggi divenuto museo dopo essere passato tragicamente alla storia come uno tra i più attivi centri di detenzione e tortura delle persone scomode al regime durante la dittatura militare argentina, ricorda così sulla sua pagina Facebook Enriqueta Maroni. Morta martedì 5 agosto a 98 anni, era una delle Madres de Plaza de Mayo Linea Fundadora, il movimento nato il 30 aprile 1977, quando 14 madri di figli desaparecidos iniziarono a camminare lentamente, tenendosi a braccetto, in Plaza de Mayo davanti alla Casa Rosada. Da allora, ogni giovedì pomeriggio, si ritrovano in quella stessa piazza e la percorrono in senso circolare, attorno alla piramide che si trova al centro, per circa mezz’ora.

Enriqueta Maroni.

Enriqueta si era unita alle altre madri dopo la scomparsa nel 1977 di suo figlio Juan Patricio e di sua figlia Beatriz insieme alla nuora e al genero. «Enriqueta è l’abbraccio», continua il breve testo di cordoglio, «il sorriso e la parola giusta in ogni momento. L’esempio della lotta collettiva per la memoria, la verità e la giustizia». La sua figura minuta, ritratta nelle immagini con il fazzoletto bianco annodato in testa, simbolo di una protesta che in origine era rappresentata dal primo pannolino di tela utilizzato per i figli neonati, resterà nel cuore di tanti. A Torino, questa sera, sarà ricordata al Mausoleo della Bela Rosin, un grande spazio aperto che in estate è un presidio culturale per chi resta in agosto in città. Qui è di casa una compagnia teatrale che dell’impegno civico ha fatto da sempre la sua cifra, legata alle Madres da un rapporto di amicizia quasi trentennale.

Più di mille giovedì

«Il primo incontro risale al 1998». Renzo Sicco, direttore artistico di Assemblea Teatro, per anni ha seguito la storia delle madres a distanza: «Ne avevo sentito parlare da alcuni esuli politici in Spagna, dove avevo vissuto per un lungo periodo. Durante un viaggio in Sudamerica, sono andato a trovarle nella loro Casa a Buenos Aires».

Gisella Bein durante una scena di Più di mille giovedì.

Al rientro in Italia, c’è un altro incontro, questa volta con uno scrittore, Massimo Carlotto: «Aveva appena pubblicato Le irregolari, un diario-denuncia scritto dopo aver visitato i luoghi nei quali erano avvenuti gli scempi della dittatura argentina, in cui aveva conosciuto le associazioni delle Madres de Plaza de Mayo e delle Abuelas (le nonne alla ricerca dei figli dei propri cari desaparecidos, ndr)». Assemblea Teatro decide di riscriverlo in forma di sceneggiatura ed è così che nasce Più di mille giovedì, un monologo intenso e potente che in oltre 500 repliche ha saputo confrontarsi con la Storia.

Protagonista è l’attrice Gisella Bein: interpretando una madre, mette a nudo il dramma di tutte le Madres di Plaza de Mayo. Più di mille giovedì ha debuttato nel luglio 2000, è stato rappresentato a Roma nella Sala del Cenacolo presso la Camera dei Deputati, in Cile a Santiago nel Museo della Memoria di Villa Grimaldi, negli ex centri clandestini di detenzione di Cordoba, Rosario e Buenos Aires, in Argentina e per due volte nella stessa Plaza de Mayo. «Il teatro è finzione per definizione, non incrocia la realtà», racconta Sicco. «Ma quando uno spettacolo vibra nel luogo in cui la vicenda narrata è accaduta, allora il teatro si fa specchio. Ho visto la nostra attrice Gisella Bein, in piedi con il suo fazzoletto bianco, interpretare la stessa forza e la stessa disperazione delle donne sedute in prima fila. Quando si sono alzate e le hanno detto che non era un’attrice ma una di loro, abbiamo compreso fino in fondo per che cosa valga la pena fare teatro».

Un donna minuta e coraggiosa

La dedica a Enriqueta, questa sera, non avrà le parole di Più di mille giovedì. Intercetterà un’altra vicenda dolorosa della storia sudamericana. Alle 21, andrà in scena Dov’è finito papà?, uno spettacolo ambientato negli anni della dittatura militare in Brasile che racconta la storia di Rubens Paiva, deputato scomparso negli Anni ’70, attraverso il punto di vista di uno dei figli. «Ricordare è ridare giustizia a chi non c’è più, condividere la memoria è compiere passi verso la giustizia che ogni essere umano merita», si legge nella scheda di presentazione.

Paula, la nipote di Enriqueta Maroni in uno scatto tratto dalla mostra Archeologia dell’assenza, fotografata insieme al padre.

Renzo Sicco ha conosciuto Enriqueta e sua nipote Paula a Torino, nei primi Anni Duemila, in occasione della mostra Archeologia dell’assenza. Un album di famiglia a distanza, che ritraeva i figli dei desaparecidos, fotografati insieme alle gigantografie dei loro padri. «In genere una donna eroica te la immagini giunonica, una potenza della natura», ricorda Sicco, «e invece Enriqueta (che dal 2022 al 2024 è stata presidente delle Madres de Plaza de Mayo Linea Fundadora, ndr) era piccola. Quando chiedeva giustizia, però, diventava enorme. Nessuno ci restituirà i nostri figli scomparsi, diceva, ma combattiamo per la memoria giorno dopo giorno».

Le fotografie sono di Assemblea Teatro. In apertura, Gisella Bein in scena nel monologo Più di mille giovedì

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