Denatalità
Un terzo dei giovani desidera due figli, ma aumenta chi ne vuole uno solo o rinuncia del tutto
Il report FragilItalia “Avere un figlio oggi”, realizzato da Legacoop in collaborazione con Ipsos, smonta le tesi che vorrebbero le nuove generazioni disimpegnate e poco propense a diventare genitori. Il sistema italiano non offre certezze economiche e servizi adeguati. «È inaccettabile che l’81% delle donne tema di dover abbandonare il lavoro per avere un figlio», sostiene Simone Gamberini, presidente di Legacoop
di Redazione

La denatalità? Un insieme complesso di fattori economici, sociali e culturali che va ben oltre la volontà individuale. Di sicuro, non è generata dalla fine del desiderio di maternità e paternità. Questa chiave di lettura emerge dal Report FragilItalia “Avere un figlio oggi”, realizzato dall’Area studi Legacoop in collaborazione con Ipsos, sulla base dei risultati di un sondaggio condotto su un campione rappresentativo della popolazione italiana. L’indagine, che aggiorna un’analoga rilevazione effettuata due anni fa, rivela che oltre un terzo dei giovani under 35 desidera avere due figli, ma aumenta di nove punti la percentuale di chi si limita a desiderarne uno solo (il 24%) o rinuncia del tutto alla prospettiva di diventare genitore (il 25%).
Il calo del desiderio di una famiglia numerosa si accompagna a un netto cambiamento nel vissuto emotivo legato alla genitorialità: la gioia, pur restando l’emozione prevalente (al 50%), è in calo di nove punti percentuali, mentre crescono preoccupazione (+4 punti, al 31%, ma al 44% per il ceto popolare) e ansia (+3 punti, al 23%, ma al 31% nel ceto popolare). Una tendenza particolarmente evidente per gli under 30, dove la preoccupazione viene espressa dal 38% e l’ansia dal 30%.

«La notizia è che non è tanto o solo la mancanza di desiderio a contribuire alla denatalità, ma un contesto economico e sociale che rende difficile, se non impossibile, trasformare quel desiderio in una scelta concreta», afferma Simone Gamberini, presidente di Legacoop. «Le persone si trovano costrette a scegliere tra lavoro e genitorialità, in un sistema che non offre né certezze economiche, né servizi adeguati. È inaccettabile che l’81% delle donne tema di dover abbandonare il lavoro per avere un figlio. È il segno di un divario di genere ancora profondo, che si traduce in una perdita non solo di equità, ma anche di crescita e coesione sociale. Il nostro Paese ha urgente bisogno di un patto economico e sociale che metta al centro il lavoro dignitoso, il sostegno alla genitorialità e la parità di genere. La cooperazione promuove modelli organizzativi più inclusivi, servizi di welfare aziendale e azioni concrete per una piena conciliazione vita-lavoro. La natalità non è solo una questione privata, ma una responsabilità collettiva di fronte agli andamenti demografici ben noti. Se una percentuale tanto grande di donne teme di perdere il lavoro per un figlio, il problema è del Paese, non delle madri. Investire nei giovani, nelle famiglie e nelle donne significa investire nel futuro dell’Italia».
Il report si sofferma sui fattori che più possono influire sulla scelta di non avere figli. Tra le motivazioni economiche, al primo posto vengono indicati gli stipendi troppo bassi e il costo della vita in aumento (91%), seguiti dalla mancanza di stabilità lavorativa e da un’organizzazione del lavoro incompatibile con l’idea di avere figli (89%), dalla difficoltà oggettiva a conciliare lavoro e famiglia (88%), dalla difficoltà e dal costo di avere un’abitazione dignitosa (85%),dalla mancanza di supporto economico da parte dello Stato (84%), dalla mancanza di sostegni pubblici per affrontare il costo del crescere i figli (83%), dalla paura di perdere il lavoro e dalle spese per l’istruzione dei figli (80%). I giovani e il ceto medio-basso, in particolare, esprimono maggiore sfiducia verso un sistema che non sembra in grado di garantire stabilità e prospettive.
Sul fronte sociale, ad incidere sulla scelta di non avere figli sono la difficoltà nel conciliare lavoro e famiglia (87%, che sale al 91% tra gli under 30), la mancanza di servizi di supporto alla genitorialità come asili nido e scuole a tempo pieno (83%), l’assenza di politiche family-friendly sul posto di lavoro (80%), la scomparsa della famiglia tradizionale, nella quale i nonni accudivano i nipoti (72%). Il report sottolinea anche l’incidenza di motivazioni culturali e di costume. Tra queste, al primo posto il desiderio di maggiore libertà personale (74%), seguito dal bisogno di concentrarsi sulla propria realizzazione personale (72%), dalla paura di perdere la propria spensieratezza e di avere troppi vincoli (71), dalla crescita dell’individualismo e la poca voglia di fare sacrifici (69%).
A livello psicologico, tra i principali fattori che frenano la scelta di avere figli figurano la paura delle responsabilità genitoriali (73%, ma 80% nel ceto popolare), il desiderio di mantenere l’attuale stile di vita e la mancanza di un partner ritenuto “adatto” (entrambi al 73%), la sensazione di non essere pronti emotivamente e l’instabilità delle relazioni amorose di oggi (entrambi al 71%). Nonostante tre intervistati su quattro (il 74%) riconoscano che avere figli rappresenti una responsabilità sociale, è però forte la convinzione (70% di indicazioni, che sale al 74% negli under 30) che la realizzazione personale non dipenda dalla genitorialità e che il mondo sia troppo incerto per mettere al mondo dei figli (69%, ma ben il 75% negli under 30).
Infine, l’impatto di un figlio sul lavoro. Il report mette in luce profonde differenze di percezione legate al genere: sono soprattutto le donne a vivere la maternità come un momento di svolta -e spesso di sacrificio- nella propria carriera lavorativa. Abbandono del lavoro (81%), riduzione dell’orario o vedersi precluse dal datore di lavoro eventuali avanzamenti di carriera (80%) sono le principali conseguenze per il genere femminile, anche se, rispetto a due anni fa, migliora la percezione rispetto alle difficoltà di work-life balance (in calo di 9 punti percentuali al 64%) con conseguente necessità di cambiare lavoro (anch’essa in caldo i 9 punti, al 60%). Aumenta, però, anche l’idea che siano soprattutto gli uomini a cambiare lavoro per aumentare le entrate familiari.
Credit: la foto d’apertura è di Arina Krasnikova su Pexels
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