VITA30

Un hackathon per il sociale: riduciamo le disuguaglianze legate alla disabilità

Il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore VITA festeggerà con una due giorni, dal titolo “E noi come vivremo?”, il suo trentennale. In programma anche un "Hacking Diversity", un hackathon per superare le disuguaglianze sulla disabilità a cui parteciperanno ragazze e ragazzi fino ai 27. Due i role model d’eccezione che lavoreranno insieme ai giovani: Ilaria Galbusera, capitana della nazionale di pallavolo sorde e Daniele Cassioli, pluricampione del mondo di sci nautico

di Anna Spena

Ci sarà anche un hackathon nella due giorni milanese organizzata per i 30 anni di VITA. “Hacking diversity” metterà al lavoro ragazze e ragazzi fino a 27 per formulare idee e proposte per superare le disuguaglianze legate alla disabilità. L’ hackathon, una maratona progettuale, è organizzato da VITA in collaborazione con Intesa Sanpaolo per il Sociale e Junior Achievement Italia

L’evento si svolgerà in presenza a Milano il 24 e 25 ottobre 2024. Per la due-giorni i partecipanti verranno divisi in gruppi eterogenei e dovranno mettere in gioco competenze e creatività per sviluppare il proprio progetto, sotto la guida di un mentor. Tutto partirà dalla sfida “Promuovere l’inclusione e ridurre le disuguaglianze legate alla disabilità”. Oltre il 15% della popolazione mondiale, in Italia sono 13 milioni di persone, vive con una disabilità. Da quelle fisiche a quelle intellettive. Cosa chiederemo ai ragazzi e alle ragazze che parteciperanno? Di elaborare un’idea, servizio o progetto, imprenditoriale e innovativo, capace di ridurre le disuguaglianze. 

Ma poi cosa significa essere disabili? E cosa sappiamo sulla disabilità? A lavorare con i ragazzi dell’hackathon due i role model d’eccezione Ilaria Galbusera e Daniele Cassioli che i partecipanti dell’Hacking Diversity hanno incontrato in anteprima.

Ilaria Galbusera è disability manager di Intesa Sanpaolo. Capitana della Nazionale di Pallavolo Sorde. Nel 2018 le viene conferito dal Presidente della Repubblica Mattarella, il titolo di “Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana” per “l’impegno e la passione con cui fa dello sport uno strumento di conoscenza e inclusione delle diversità”. «Ho 33 anni e sono di Bergamo. Sono cresciuta con due lingue, l’italiano e la lingua dei segni», racconta. Poi aggiunge: «Appartengo alla terza generazione di persone sorde in famiglia e lo so che parlo con l’accento bergamasco. In tanti si chiedono come sia possibile, non ve lo so spiegare neanche io», sorride. Legge benissimo il labiale, e non si perde una parola.

Daniele Cassioli, invece, di anni ne ha 38. 28 volte campione del mondo di sci nautico, 100 medaglie d’oro all’attivo, Collare d’oro al merito sportivo, è laureato in fisioterapia e attualmente lavora come coach e formatore. Cieco dalla nascita. Nelle sue giornate non esiste la monotonia e la «quotidianità», racconta, «è quella di una persona non vedente nel mondo dei vedenti. Quindi oscilla tra momenti di grande soddisfazione a momenti di complessità».

Galbusera e Cassioli hanno incontrato il primo gruppo di ragazzi e ragazze che si sono già iscritti ed iscritte all’Hacking Diversity per raccontare come, loro per primi, abbiano superato gli stereotipi legati alla disabilità e, nel loro caso, anche quanto lo sport abbia rappresentato uno spartiacque tra il prima e il dopo.

«A 14 anni sono stata vittima di bullismo», racconta Galbusera. «Mi ricordo ancora le merendine mangiate da sola durante gli intervalli. Nessuno si relazionava con me. Facevo solo sport individuali e poi ho incontrato la pallavolo. Non era lo sport in sé che mi affascinava ma il bisogno sociale. Credo che lo sport, con me è stato così, ti insegni a tirare fuori una forza di volontà che nella quotidianità manca. E, per mia esperienza personale, sento di poter dire che è davvero un mezzo attraverso cui l’integrazione è possibile al 100%. Non importa chi è sordo e chi no, chi è più bravo o meno bravo. Si gioca e basta». 

Anche per Cassioli lo sport è stato un alleato fondamentale, soprattutto per condividere con gli altri la sua disabilità. «All’inizio, per esempio, non volevo usare il bastone. Pensavo: “così tutti sapranno che sono cieco”. Insomma non avevo il coraggio di esplicitare quella che io sentivo come “la mia debolezza”. Ma invece dobbiamo allenarci sempre a condividere le cose per cui siamo meno forti, nel mio caso, la cecità. Il primo contatto con lo sport è arrivato con il nuoto: L’acqua per chi non vede è una forma di protezione. Non c’è il rischio di inciampare, è come se fossi più protetto. Poi sono passato allo sci da neve. Lì ho capito il senso della libertà. E poi ancora, nel 1995, allo sci nautico paralimpico. È solo attraverso lo sport che ho capito una cosa fondamentale: “Daniele certe cose non le può fare, Daniele non può vedere. Ma in altre cose Daniele può migliorare”. Ecco Daniele nello sport poteva migliorare. È così che ho capito il valore della diversità». E poi ai ragazzi e alle ragazza ha voluto ricordare: «Bisogna cogliere le opportunità con gratitudine, questa cosa me l’ha insegnata la cecità. Mi lamentavo spesso “io non vedo”. Sì, non vedo. Ma parlo, ascolto, mi muovo. Dovete essere curiosi. Potreste non vincere con il vostro progetto ma migliorare comunque qualcosa, imparare comunque qualcosa, superare comunque una paura. Ce lo insegna lo sport: “Perché mi alleno anche quando sono stanco? Perché voglio diventare più bravo”».

Al termine dei tavoli di lavoro, ciascun gruppo presenterà con un pitch finale pubblico la propria proposta ad una giuria scientifica composta da esperti ed esperte insieme ai professionisti e alle professioniste del settore con esperienza sui temi delle disuguaglianze e dell’innovazione, che decreterà il gruppo vincitore. «Questa è la vostra occasione», ha ricordato Galbusera, «per mettervi alla prova. Per stare nei nostri panni. Per provare ad immaginare come potrebbe essere migliorata la quotidianità di chi, come me e Danilo, ha una disabilità. Bastano soluzioni semplici, che possono davvero fare la differenza. Iniziate ad uscire per strada con dei tappi alle orecchie, capirete le difficoltà e proverete ad andare oltre i vostri limiti».

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.