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Un italiano su 4 a rischio povertà, ma il Paese rimane senza adeguate misure di sostegno

Secondo i dati Istat il 20,1% della popolazione nel 2022 è a rischio povertà, il dato è rimasto uguale all’anno precedente. «Negli anni in cui è stata fatta la rilevazione Istat era in vigore uno strumento di contrasto alla povertà: il reddito di cittadinanza. Pur non avendo migliorato la situazione ha comunque evitato che un milione di persone in più si trovasse in condizioni di povertà. Cosa succederà nei prossimi mesi con la nuova misura, l'Assegno d'inclusione, che di fatto dimezza la platea dei beneficiari?»

di Anna Spena

Lo certifica l’Istat nel report "Condizioni di vita e reddito delle famiglie – anni 2021/2022": nel 2022 poco meno di un quarto della popolazione (24,4%) è a rischio di povertà o esclusione sociale, quasi come nel 2021 (25,2%). Con la ripresa dell’economia, si riduce significativamente la popolazione in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (4,5% rispetto al 5,9% del 2021) e rimane stabile la popolazione a rischio di povertà (20,1%). Nel 2021 il reddito medio delle famiglie (33.798 euro) è tornato a crescere sia in termini nominali (+3%) sia in termini reali (+1%).

Ma va sottolineato che le rilevazioni sono state effettuate prima dell’aumento dell’inflazione. «Certamente questi non sono dati da leggere con sollievo», spiega Antonio Russo, portavoce dell’Alleanza contro la povertà. «Non dobbiamo farci trarre in inganno dal fatto che il dato sulla percentuale di persone a rischio povertà sia rimasto stabile tra il 2021 e il 2022: in Italia la popolazione è povera, parliamo – stando ai dati – di quasi un individuo su quattro a rischio povertà».

C’è un altro dato che riporta l’analisi Istat: nel 2021 il reddito totale delle famiglie più abbienti è 5,6 volte quello delle famiglie più povere (rapporto sostanzialmente stabile rispetto al 2020). Questo valore sarebbe stato più alto (6,4) in assenza di interventi di sostegno alle famiglie. «Se è vero che il reddito delle famiglie è tornato a crescere», spiega Russo, «dobbiamo però interrogarci su una questione: “quali misure e strumenti di contrasto alla povertà erano in vigore durante gli anni della rilevazione?”. A sostenere le famiglie c’era il reddito di cittadinanza e da marzo 2022 anche l’assegno unico. Ricordiamo anche che senza il reddito di cittadinanza, e lo ha certificato l’Istat, avremmo avuto un milione di poveri in più».

Il reddito di cittadinanza sarà sostituito da due misure, rivolte a diverse categorie di beneficiari: da un lato l'Assegno d'inclusione (Adi) per i “non occupabili”, dall'altro il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) per gli occupabili. «La sostituzione del Reddito di Cittadinanza con l’Assegno all’Inclusione, una misura categoriale rivolta esclusivamente alle famiglie con minori, anziani o disabili, e il Supporto per la formazione e il lavoro, per le altre famiglie, costituisce una profonda e preoccupante novità rispetto al criterio di universalità selettiva che aveva caratterizzato le due precedenti misure nazionali di contrasto alla povertà, prima il Rei e poi il Rdc. Si rischia di ricreare un forte elemento di debolezza nel nostro sistema di welfare. Viene infatti abbandonato il principio del reddito minimo (oggi vigente nella maggior parte dei paesi europei), il quale prevede che qualsiasi nucleo familiare che si trovi in condizione di povertà debba ricevere un sostegno minimo al reddito. La conseguente riduzione della platea degli aventi diritto che ne risulterebbe è infatti rilevante: si potrebbe determinare, secondo le prime stime, addirittura un sostanziale dimezzamento degli aventi diritto».

Il rischio di povertà resta più alto nel Mezzogiorno, che rimane l’area del Paese con la percentuale più alta di individui a rischio (40,6%, come nel 2021). Anche se a livello regionale l’Istat registra un o miglioramento per la Campania e la Sicilia, con la riduzione del rischio di povertà o esclusione sociale, trainato da una sensibile riduzione di tutti e tre gli indicatori (rischio di povertà, grave deprivazione e bassa intensità di lavoro). Tuttavia, il rischio di povertà o esclusione sociale aumenta in Puglia, Sardegna e Calabria; in queste ultime due regioni peggiorano i tre indicatori.


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