Verso il referendum

Un sì alla cittadinanza è un sì per il futuro dell’Italia

«I dati Istat parlano chiaro: l’Italia sta invecchiando e affronta un declino demografico senza precedenti», scrive Nino Sergi, presidente emerito dell'ong Intersos. «Un Paese che declina e invecchia subisce effetti profondi sull’economia, il lavoro e il welfare. Se non accogliamo per tempo, e siamo già in grave ritardo, nuovi italiani integrati, l’Italia rischia di assistere al proprio inesorabile declino»

di Nino Sergi

Il referendum sulla cittadinanza non riguarda la normativa sull’immigrazione. Riguarda il nostro futuro, il futuro dell’Italia: ci invita a scegliere quale Nazione intendiamo costruire. Vogliamo nuovi cittadini italiani, favorendo in loro l’amore per il Paese che hanno scelto, la convinzione di condividere un destino comune e di costruirlo insieme, il rispetto dei diritti e dei doveri costituzionali, a partire dal riconoscimento dei diritti politici? Oppure preferiamo che l’Italia assista, senza reagire e senza immettere in tempo ed efficacemente nuove energie, al proprio inesorabile declino demografico?

Con l’attuale normativa, un adulto cittadino di un Paese extra-Ue (inclusi quindi Regno Unito, Norvegia, Svizzera) deve risiedere legalmente in Italia per dieci anni prima di poter chiedere la cittadinanza italiana. Il referendum propone di ridurre questo periodo da dieci a cinque anni, come già avviene nella maggior parte degli Stati membri. Con il Sì, si cancellerebbero due punti dell’art. 9 della legge n. 91 del 1992, ripristinando così la regola dei cinque anni, già in vigore per ottant’anni, dal 1912, prima della riforma del 1992.

Un requisito discriminatorio

Il requisito dei dieci anni ha un sapore politicamente discriminatorio, che non rispecchia la realtà di molti stranieri che vivono stabilmente in Italia ed esclude anche i loro figli minori che si sentono pienamente e sono di fatto italiani. 
È importante ricordare che si tratta di un requisito per poter chiedere la cittadinanza, non per ottenerla automaticamente. L’Amministrazione si riserva normalmente due o tre anni per procedere alle indagini, verificare i requisiti richiesti e decidere sulla concessione o il rifiuto, più circa sei mesi per la cerimonia di giuramento. Ai cinque proposti dal referendum si aggiungono quindi almeno altri tre anni.

Il referendum non tocca i requisiti sostanziali già previsti dalla legge, che rimangono obbligatori: la certificazione della conoscenza della lingua italiana, la disponibilità di un reddito sufficiente per mantenersi e non pesare sullo Stato, il pagamento regolare delle imposte, l’assenza di precedenti penali attestata da certificati italiani e del Paese di origine. 

Perché è una scelta per il nostro futuro? 

I dati Istat parlano chiaro: l’Italia sta invecchiando e affronta un declino demografico senza precedenti. Il tasso di fecondità è sceso a 1,18 figli per donna, ben al di sotto del livello di sostituzione di 2,1. Nel 2024 si sono registrate 370mila nascite a fronte di 651mila decessi, con un saldo negativo di 281mila persone.  La popolazione attiva è sempre più anziana, con una quota di ultra-quarantenni salita al 58,5% e in costante crescita. Al 1° gennaio 2025, la popolazione residente è scesa a 58.934.177 persone (contro i 60,3 milioni al 1° gennaio 2020). Le previsioni dell’Istat tolgono ogni dubbio: 58,6 milioni nel 2030; 54,8 nel 2050; 46,1 nel 2080. Nel 2050 le persone di 65 anni e oltre rappresenteranno il 34,5% della popolazione, con un significativo aumento anche degli ultra-ottantacinquenni.

Un Paese che declina e invecchia subisce effetti profondi sull’economia, il lavoro e il welfare: meno lavoratori attivi, più pensionati da sostenere, maggiore pressione sulla sanità e le politiche sociali, minore presenza giovanile e minore sguardo al futuro. Senza inserire nuove energie pienamente italiane – non semplici braccia, ma persone che abbiano scelto consapevolmente di appartenere alla nostra comunità, partecipi e responsabili – non avremo le risorse e le competenze necessarie per sostenere crescita, innovazione e benessere. Se non accogliamo per tempo (e siamo già in grave ritardo!) nuovi italiani integrati, con amore per il Paese che hanno scelto per sé e la propria famiglia, convinti di condividere un destino comune e di costruirlo insieme, nel rispetto dei diritti e dei doveri, l’Italia rischia di assistere al proprio inesorabile declino. È questa la sfida che il referendum ci pone: decidere se vogliamo un Paese vitale, inclusivo, rispettoso dei valori costituzionali o rassegnarci ad un declino irreversibile.

Photo by Roberto Monaldo / LaPresse

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