Non profit
Un terzo dei fallimenti è colpa dei ritardi
Solo l'anno scorso sono stati 11.600
di Redazione
Sono 102 i miliardi di debiti che la pubblica amministrazione deve alle imprese fornitrici di servizi, stando a una recente ricerca condotta Cassa Depositi e Prestiti e dalla Consip. Una situazione assai critica su cui il governo Monti è intervenuto, stanziando 5,7 miliardi (due dei quali in titoli di Stato), per cominciare almeno a smussare l’impressionante cumulo di debiti. «L’effetto immediato dei ritardi», conferma Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, «è la mancanza di liquidità. Se la pubblica amministrazione paga dopo 180 giorni, è chiaro che le aziende vanno in affanno perché entro fine mese devono pagare gli stipendi, le tasse e i contributi dei loro dipendenti ed entro due mesi le bollette dell’energia elettrica e del gas».
Del resto se l’attesa fosse contenuta in tre mesi, c’è da scommettere che molti imprenditori metterebbero la firma. Purtroppo si arriva all’anno. In molti casi lo si doppia. «Nella sanità, a Sud, si superano i 700 giorni», puntualizza Mario Troisi, direttore di Federlavoro e Servizi di Confcooperative, «mentre a Nord parliamo di circa 440 giorni». Ritardi che ovviamente colpiscono le cooperative: «Nel settore servizi ci sono arretrati per circa 77 miliardi di euro, 39,5 riguardano le cooperative di servizi di Confcooperative, Legacoop e Agci. Le società aderenti a Federlavoro da sole hanno fatture inevase per 21,5 miliardi», aggiunge il direttore. Le stime per il terzo settore parlano di crediti complessivi per circa 26/27 miliardi.
Le imprese cercano di resistere. Ma i tempi non sono molto buoni. «La stretta creditizia è già in corso», osserva Bortolussi, «negli ultimi tre mesi del 2011 l’erogazione del credito alle imprese è diminuita dell’1,5% e nel mese di dicembre ha segnato -2,2%. Dal 2008 al 2011 i fallimenti in Italia sono aumentati del 60% e degli 11.600 registrati nel 2011, almeno un terzo è riconducibile ai ritardi dei pagamenti». Ritardi dei quali sono responsabili diversi soggetti pubblici. «A questo proposito andrebbe analizzata seriamente la struttura del debito», premette Giuseppe Gherardelli, coordinatore del Taiis (il tavolo interassociativo di imprese di servizi, al quale siedono anche le sigle cooperative). E il debito è «una montagna fatta di tante colline. Dunque si deve procedere per settori». Cominciando dalla sanità, che rappresenta senza dubbio la voce più importante (circa 60 miliardi) e che va spiegata anche in termini di «gestione lenta del flusso di risorse: anche a Nord, un tempo virtuoso, ci sono problemi di organizzazione dei trasferimenti alle Asl, che andrebbero rivisti». Segue poi il settore dei rifiuti (con regioni da tener d’occhio come la Sicilia, esposta per 900 milioni, e il Lazio). «Un àmbito che in teoria dovrebbe essere sostenuto dalle tasse ma che è fortemente penalizzato dall’evasione». C’è poi l’ambito sociale, in cui i servizi e le prestazioni sono realizzate molto frequentemente dalle cooperative. E qui la penalizzazione può chiamarsi addirittura Patto di stabilità, che può impedire pagamenti più puntuali. «Andrebbe modificato», commenta Bortolussi, «consen- tendo a quegli enti locali che presentano una situazione di bilancio in attivo di poter saldare i propri creditori entro 60 giorni. Non è ammissibile che un soggetto pubblico chieda una fornitura o la consegna di un bene o un servizio sapendo poi che pagherà dopo sei mesi».
I 5,7 miliardi stanziati dall’esecutivo sono un primo passo, positivo ma insufficiente. «È un segnale di buona volontà», commenta Gherardelli, «ma non ci si può limitare a questo». «Bisogna recepire la Direttiva europea che stabilisce che nelle transazioni tra imprese e tra imprese e PA, le fatture devono essere saldate, salvo accordi diversi tra le parti, entro 60 giorni», incalza Bortolussi. Il Parlamento ha già approvato la delega per il recepimento. Entro marzo 2013 l’esecutivo dovrà emanare il regolamento. Ha promesso di accorciare i tempi. Speriamo.
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