Non profit

Una campagna vuole fermare la diga costruita con fondi italiani

I lavori sono in appalto alla ditta italiana Salini e la diga è finanziata in parte dal governo italiano

di Redazione

Nella bassa Valle dell’Omo, in Etiopia, la sopravvivenza di 200.000 persone è messa a rischio dal progetto Gibe III, un’enorme diga destinata a distruggere un ambiente ecologicamente molto fragile e tutte le economie di sussistenza legate al fiume e ai cicli naturali delle sue esondazioni. Per prevenire le conseguenze catastrofiche del progetto, l’organizzazione per i diritti umani Survival International ha lanciato una grande campagna internazionale.

Survival chiede al Governo etiope di sospendere i lavori di costruzione, appaltati alla società italiana Salini Costruttori, e raccomanda ai possibili finanziatori – tra cui la Banca Africana di Sviluppo (AfDB), la Banca Europea per gli Investimenti (BEI), la Banca Mondiale e anche il Governo italiano attraverso la Cooperazione allo Sviluppo – di non sostenere il progetto.

L’interruzione delle piene del fiume provocata dalla Gibe III potrebbe avere conseguenze catastrofiche sulle vite di tutti i popoli della valle, già da tempo messe a dura prova dalla progressiva perdita di controllo e di accesso alle loro terre, fa presente l’organizzazione. La loro sicurezza alimentare dipende infatti da una varietà di tecniche di sostentamento che si alternano e completano a vicenda con il mutare delle stagioni e delle condizioni climatiche: dalle coltivazioni di sorgo, mais, fagioli nelle radure alluvionali lungo le rive dell’Omo, alla pesca, alla pastorizia praticata nelle savane e nei pascoli generati dalle esondazioni. La diminuzione del pesce, per esempio, potrebbe portare allo stremo la piccola tribu’ di cacciatori-raccoglitori Kwegu. Sei membri della tribù, tra cui due bambini, sono già morti di fame per il mancato arrivo delle piogge e delle piene.

Nella Valle dell’Omo, il governo etiope progetta anche di affittare vaste aree di terra indigena a compagnie e governi stranieri per coltivazioni agricole su larga scala, biocarburanti inclusi. Per l’irrigazione verra’ attinta acqua dalla diga. La maggior parte dei popoli colpiti non sa nulla del progetto e il governo si sta avventando contro le organizzazioni tribali.

L’anno scorso, nella parte meridionale del paese le autorità hanno sciolto almeno 41 associazioni locali rendendo impossibile il dialogo e lo scambio di informazioni sulla diga tra le varie comunità, prosegue Survival. Il fiume Omo è il principale affluente del famoso Lago Turkana del Kenia. Modificando la portata del fiume, la costruzione della diga minaccia anche la sopravvivenza di circa 300.000 persone che pescano e pascolano le loro mandrie sulle sponde del lago. La valle dell’Omo e il Lago Turkana sono ambienti di straordinaria importanza archeologica e ambientale, dichiarati entrambi Patrimonio dell’Umanita’ dall’Unesco.

«Per le tribu’ della valle dell’Omo» ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival» la diga Gibe III sarà un cataclisma di ciclopiche proporzioni. Perderanno le loro terre e tutti i loro mezzi di sussistenza ma, ciò nonostante, ben pochi sanno cosa sta per accadere. Nell’assegnazione dei lavori, il governo etiope ha violato la sua costituzione e la legge internazionale. Nessuno ente degno di rispetto dovrebbe finanziare questo atroce progetto”.

Survival International, in cordata con le associazioni Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Counter Balance coalition, Friends of Lake Turkana e International Rivers, ha lanciato una petizione internazionale per fermare la diga.

La diga raggiungerà i 240 metri di altezza diventando la più alta dell’Africa, il bacino sarà lungo 150 km, il costo originariamente preventivato per la sua realizzazione sara’ di 1,4 miliardi di euro. I lavori di costruzione sono iniziati nel 2006 e dovranno essere completati nel 2012. La diga avra’ una potenza di 1870 MW (più del doppio dell’attuale potenza installata nel paese).

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