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Una petizione perché la legge tuteli chi denuncia la corruzione

Lanciata da Riparte il futuro e Transparency International Italia è stata raccolta da Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che ha fatto iniziare una discussione generale sul provvedimento

di Federico Anghelé

Chi denuncia corruzione e illegalità sul posto di lavoro deve essere tutelato. Sembra scontato ma oggi non è così. Quel che accade, invece, è che il whistleblower (in inglese, colui che suona il fischietto, facendo uscire allo scoperto ruberie e illeciti) corra rischi sulla propria pelle per aver segnalato frodi nell’interesse pubblico: in alcuni casi, demansionamenti, immotivati spostamenti d’ufficio, nei peggiori, persecuzioni e licenziamenti. È ciò che è appena accaduto ad Andrea Franzoso. Dopo aver fatto emergere nel 2015 la scandalosa appropriazione di fondi aziendali da parte del presidente di Ferrovie Nord Milano (circa 600.000 euro sottratti alla società partecipata dalla Regione), Franzoso ha perso il lavoro per aver rivelato pubblicamente ciò che all’interno dell’azienda tutti sapevano ma su cui tacevano.

La storia di Andrea Franzoso


Riparte il futuro e Transparency International Italia hanno lanciato una petizione lo scorso luglio, indirizzata ad Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, per chiedere che la proposta di legge approvata dalla Camera il 21 gennaio scorso non rimanga lettera morta. Appello che ha colpito nel segno: la Commissione ha iniziato la discussione generale del provvedimento.

La campagna #vocidigiustizia si propone anche di ricordare ciò che è indispensabile affinché la legge sia uno strumento utile ed efficace. In primis, infatti, la protezione dei whistleblower deve valere tanto per il settore pubblico quanto per quello privato (al momento si applica solo nel pubblico). Poi, è indispensabile che i segnalanti abbiano canali chiari e sicuri a cui rivolgersi. E, soprattutto, che abbiano piena garanzia di riservatezza: va infatti scongiurato il rischio di subire ritorsioni sul posto di lavoro, che sono il maggiore ostacolo alla segnalazione di illeciti.

Pensiamo anche che andrebbe presa in seria considerazione la possibilità di accettare le segnalazioni anonime, come succede nel 59% dei paesi Ocse.

Non solo: la proposta di legge è troppo timida in materia di sanzioni per chi discrimina il whistleblower, oggi fissate al massimo in 30.000 euro, che non hanno certo efficacia deterrente. Peraltro questa cifra, benché risibile, farebbe comodo al segnalante su cui ricadono non solo le spese legali ma anche il rischio di perdere il lavoro. Per questo chiediamo un fondo che sostenga economicamente i segnalanti.

Infine, non andrebbe sottovalutata l’ipotesi di premiare, come avviene negli USA e in Canada, il cittadino che fa recuperare dei soldi allo Stato attraverso la sua segnalazione.


Leggi anche il blog Fuori dall'ombra di Federico Anghelé



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