Welfare

Una terrazza chiusa? Gli ecomostri sono ben altri

Il sì di Confcooperative al Piano. Intervista a Luigi Marino

di Redazione

«Ho l’impressione che si esageri», osserva il presidente della centrale cooperativa: «Il provvedimento potrebbe essere utilizzato da qualche decina di migliaia di famiglie»Una voce fuori dal coro, quella di Luigi Marino, presidente di Confcooperative, sul Piano casa: «Giusto fare un decreto. Questo provvedimento, se fatto velocemente, potrebbe essere utilizzato da qualche decina di migliaia di famiglie. Se rispetta l’ambiente e non sana l’abusivismo, non credo sia negativo».
Vita: Alcuni temi sono noti: abolizione dell’obbligo di richiesta di permesso per costruire, possibilità di ampliare fino al 20%, incentivi alla ricostruzione dell’esistente. Quale proposta la convince di più?
Luigi Marino: Sul medio lungo periodo, l’abbattimento e la ricostruzione. Fino agli anni 70 si è realizzata un’edilizia, particolarmente nelle periferie, molto lacunosa sotto diversi profili: dalla qualità alla sicurezza. Ci sono interi quartieri degradati. Ora, che si cominci ad abbattere le brutture e a ricostruire, magari tentando di edificare a misura d’uomo e di famiglia e con qualità, mi sembra un fatto sociale di grande rilievo. Nel breve, una piccola spinta all’economia la può dare l’ampliamento. Se fatto nel rispetto dell’ambiente e delle regole, non sono in molti a poter utilizzare un provvedimento del genere. Nei condomini faticano a essere d’accordo persino per la parabola sul tetto…
Vita: Che cosa pensa dei “furbetti del mattone”?
Marino: Ci sono oggi molte aree, in modo particolare il Centro Nord, che hanno un forte controllo. Anche in grandi città come Roma – non direi lo stesso per Napoli – cresce l’attenzione delle amministrazioni locali. Costruire un palazzo abusivo penso che al Centro Nord sia molto difficile. Non metterei la mano sul fuoco per una parte del Sud, dove è localizzato prevalentemente l’abusivismo e dove le amministrazioni locali sono carenti. Ma la cementificazione deriva da fatti economici e sociali molto precisi.
Vita: Quali?
Marino: I Comuni, per fare cassa, hanno dato la possibilità di edificare in qualsiasi zona. È il vero scandalo di questi anni. L’Ici ha avuto un impatto devastante per il territorio. Era una delle poche entrate e quindi gli amministratori hanno incentivato la costruzione, anziché puntare sul recupero. E infatti oggi abbiamo un enorme stock di abitazioni invendute. Perciò se vogliamo parlare di cementificazione, dobbiamo dire le cose come stanno: furbette sono state le amministrazioni locali, che hanno fintamente affrontato il problema abitativo non salvaguardando i territori. E poi mi lasci dire: una terrazza chiusa è uno scandalo? Ho l’impressione che si esageri. L’ecomostro è un palazzo o un quartiere senza organizzazione.
Vita: Servono risposte immediate?
Marino: Soprattutto direi che è necessario un bouquet di iniziative.
Vita: Che comprenda quali misure?
Marino: Per preparare la ripresa, si può lavorare su molti fronti. Anzitutto sul credito: si devono sostenere i consorzi fidi. In Italia abbiamo una poderosa rete di confidi, che ci siamo costruiti categoria per categoria, strumenti formidabili perché garantiscono le banche, valutano la serietà e la capacità progettuale di un imprenditore. Credo sia questa la strada maestra e mi meraviglio che la Confindustria la scopra oggi. Il che denota che è una organizzazione di grandi aziende, lontana degli interessi delle piccole imprese. La seconda cosa che lo Stato dovrebbe fare è pagare i debiti. 70 miliardi dell’amministrazione centrale, cui si aggiungono – a quanto ci risulta – 130 miliardi di mancati pagamenti degli enti locali, Regioni, Comuni, Asl.
Vita: La terza mossa?
Marino: Il fisco. L’Irap doveva calare. C’è stato un primo step del 5%, poi è rimasta tale e quale. Quando la gestione del tfr fu tolta alle cooperative e alle imprese, si promisero compensazioni mai arrivate. In quarto luogo, il vero problema delle Pmi: l’aggregazione e la fusione. È vero che abbiamo un tessuto vastissimo di Pmi, ed è un dato positivo, ma non crescono o lo fanno molto lentamente.
Vita: Piccola dimensione non vuol dire flessibilità?
Marino: Bisogna cercare di mantenere un tessuto flessibile, che non strizzi l’occhio al sommerso e all’illegalità, non sia rigido come le grandi imprese, ma che abbia la struttura d’impresa. Non dico che debba avvenire in tutti i settori. Ma dobbiamo dare la possibilità di crescere a chi lo vuole.
Vita: Tornando alla casa, quale è il contributo del sistema cooperativo?
Marino: La missione della cooperazione d’abitazione è quella di dare un alloggio dignitoso, in proprietà o in locazione, a strati medio-bassi della popolazione. È lo strumento ideale più adeguato, se ben controllato come avviene negli ultimi tempi, per soddisfare l’esigenza di mobilità sociale nell’edilizia. Un Piano casa credibile, che voglia dare una risposta non ai costruttori, non ai Comuni, ma alle persone, deve passare attraverso la cooperazione abitativa, che sta sperimentando biotecnologie moderne e di qualità. Per quanto riguarda le case sfitte, anche la cooperazione si scontra con i problemi finanziari. Sono queste cooperative a subire più drammaticamente il taglieggiamento delle banche, che non danno più l’avanzamento dei lavori, ritenendo bloccato il mercato. Per ora tutte le nostre iniziative relative agli affitti per gli studenti o gli immigrati sono bloccate dal crollo della finanza.
Vita: Bossi non vuole che le case vadano agli immigrati. Che ne pensa?
Marino: Il problema che solleva Bossi è oggettivo. Anche il mondo della solidarietà deve porselo. Gli ultimi degli ultimi devono essere esaminati quasi caso per caso. Dare una casa a un extracomunitario e non darla a un italiano più o meno nelle stesse condizioni credo non sia corretto. In questo caso farei le quote. E valuterei zona per zona. Per evitare che si generino conflitti fra poveri. Diverso il discorso per le fasce con un reddito: in questo caso una società moderna deve fare il suo dovere nei confronti dei migranti come degli italiani. Perciò serve un Piano casa articolato in vari segmenti, per dare una risposta ai più poveri, un’altra diversa ai meno abbienti, una terza a coloro che hanno mezzi.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.