Quando si va a far la spesa è buona norma guardare le etichette dei prodotti in vendita. A Capodanno, come vuole la tradizione, ho comprato un pacchetto di lenticchie. E immaginavo venissero da Onano nel Viterbese, dalla Piana di Castelluccio o dalla Riserva naturale di Ventotene. Invece, guardando l’etichetta, ho trovato scritto – in caratteri piccolissimi – la seguente dicitura: «Lenticchie prodotte in Canada, confezionate in Portogallo e messe in commercio in Italia». Vi rendete conto del giro fatto dai poveri legumi?
Così, quando comprate i filetti di persico, non aspettatevi che siano dei nostri magnifici persici reali (Perca fluviatilis). Ci mancherebbe altro! Vengono, pensate un po’, dal Lago Victoria, tra Uganda, Kenya e Tanzania. In questo immenso lago, nel 1950, fu introdotto il persico del Nilo (Lates niloticus), un grande predatore che ha fatto fuori tutta la fauna ittica autoctona ma ha attivato una industria peschereccia che dà lavoro (a condizioni subumane) a tantissime persone. Il guaio è che gli aerei cargo che portano gli squisiti filetti, soprattutto in Europa e in Russia, spesso tornano in Africa con la stiva piena di armi per gli usi di guerre e guerriglie.
I fagiolini dei nostri supermercati vengono quasi sempre dall’Africa, principalmente dal Burkina Faso. Ed è piuttosto concreto il sospetto che i legumi provenienti dai Paesi come questo siano trattati con sostanze antiparassitarie, magari vietate da anni in Europa, che le multinazionali non esitano a esportare senza troppi problemi.
Per aiutare il Pianeta e la nostra salute cerchiamo di preferire sempre derrate prodotte in Italia, leggendo le provenienze che molte catene di supermercati denunciano in etichetta.
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