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Sostenibilità sociale e ambientale

Venduta la sete del mondo

Gli Stati Uniti dettano la linea al Forum de L’Aja: l’acqua è bene di mercato. E l’Europa sta a guardare

di Piergiorgio Greco

Il professor Riccardo Petrella non ci sta. Non riesce a digerire quella che, secondo lui, è una sconfitta grave, un vero e proprio smacco subito a L?Aja da quanti, come questo noto professore dell?Università Cattolica di Lovanio (Belgio), ormai da anni si stanno impegnando per considerare l?acqua non come un semplice bene economico ma come un diritto naturale. Ma allo stesso tempo non si arrende e continua, imperterrito, la sua battaglia, mettendosi alla testa di una ?corazzata? transnazionale il cui scopo è invertire una tendenza pericolosa, iniziata nel ?97 a Marrakesh e consacrata proprio al ?Forum mondiale dell?acqua? appena conclusosi: quella che vuole ?petrolizzare?questo bene, rendendolo un vero e proprio ?oro blu?. Professor Petrella, non mi sembra molto soddisfatto dei risultati raggiunti a L?Aja? Tutt’altro. Quella del Forum appena conclusosi è una vera e propria sconfitta. È l?ennesima esaltazione di una retorica, incredibilmente ipocrita, che negli ultimi anni sta prendendo il sopravvento. Si spieghi meglio. A L?Aja è risultata vincitrice la linea di quei Paesi ricchi che, con la scusa di dire al resto del mondo: «Guardate che siamo noi i primi ad accorgersi del problema dell?acqua e, per questo, stiamo già elaborando le possibili soluzioni», non hanno fatto altro che difendere ben determinati interessi: quelli delle grandi compagnie dell?acqua che, attualmente, si occupano della distribuzione e del trattamento di quest?indispensabile ?materia prima?. Risultato: guidati dagli Usa, questi paesi hanno fatto sì che, nella dichiarazione finale, l?acqua non fosse considerata come un vero e proprio diritto ma come un bene economico gestibile sul mercato. Il divario, allora, tra chi avrà i soldi per comprare l?acqua e chi, al contrario, continuerà a essere surclassato dal debito estero, tenderà inevitabilmente ad accrescersi. Ma non crede che, pur considerando l?acqua un diritto, il problema permarrà intatto: gli Stati ricchi avranno la possibilità di costruire le infrastrutture, mentre quelli poveri continueranno a rimanere arretrati? Tutto questo è vero se non si tiene conto di un altro attore importante intravistosi a L?Aja: la Banca Mondiale. La pressione dei grandi potentati economici si è diretta proprio verso quest?importante finanziatore internazionale: «I soldi che ci sono», è la loro tesi, «piuttosto che darli ai governi corrotti, vengano distribuiti ai privati che hanno dimostrato di saper gestire queste risorse». Così, oltre al danno la beffa: non solo i Paesi più poveri non vedranno una lira ma si continuerà, inevitabilmente, a lasciare il gravoso problema che affligge in modo particolare l?Africa – quello cioè della formazione di Stati moderni, economicamente e politicamente avanzati – perennemente irrisolto.. Addirittura? Sì, perché la battaglia per sottrarre il controllo dell?acqua ai privati, municipalizzandola, è stata combattuta con tenacia e pazienza durante tutto questo secolo. Oggi si vorrebbe tornare a ?pensare l?acqua? come la s?intendeva un secolo fa: una prerogativa di pochi eletti. Più concretamente, chi sono questi ?pochi eletti?, i vincitori del Forum de L?Aja? Sono i vari colossi, come, per esempio, le francesi Vivendi e Suez Lyonnaise, che si stanno spartendo il mercato dell?acqua, colossi la cui azione viene protetta dai rispettivi governi: Stati Uniti, Francia e Canada in testa. Cosa cambierà dopo la ?Dichiarazione ministeriale? sottoscritta al Forum de L?Aja? Probabilmente nulla nell?immediato. Il problema è comunque un altro. Passo dopo passo si vuole imporre un modo di pensare – l?acqua come un bene economico qualsiasi – al quale noi ci opponiamo: non a caso il ?Manifesto dell?acqua?, cui abbiamo dato vita il 7 marzo, è intitolato ?il diritto alla vita?. E i diritti non si comprano, ma appartengono all?uomo per natura Ma possibile che a L?Aja non si sia riusciti a creare un fronte trasversale capace di opporsi a questa logica? Certo, soprattutto se si considera il ruolo svolto dai Paesi occidentali o, più precisamente, europei: un incredibile ?arrendismo? ha caratterizzato la loro azione al Forum, un?indifferenza motivata dal fatto che, per l?ennesima volta, sono stati gli Stati Uniti a dirigere l?orchestra. L?ennesima dimostrazione, inoltre, di una mancanza d?autonomia e d?identità da parte di un?Europa ogni giorno di più semplice ?tappeto? della politica americana. Da più parti si ritiene che l?acqua sarà il petrolio del futuro. Se si continua di questo passo, senza dubbio. I dati diffusi da alcuni colossi finanziari che si stanno impegnando nel settore lo dimostrano: il rendimento economico dei titoli legati all?acqua crescerà a dismisura. Stanno già emergendo, inoltre, situazioni analoghe a quella dei Paesi arabi: il Canada, nazione estremamente ricca d?acqua, ha iniziato da alcuni anni costosissimi lavori per distribuirla a Paesi meno dotati, come gli stessi Usa. È ovvio che il potere di ricatto di una simile nazione risulterà, nei prossimi anni, immenso, simile a quello attualmente esercitato da Paesi come il Kuwait o gli Emirati Arabi. Qualcuno vi ha accusati di essere eccessivamente critici ed incapaci di proporre alternative credibili. Molto spesso chi alza la voce lo fa perché non vuole sentire quella degli altri. Il Parlamento mondiale dell?acqua, la definizione di un diritto minimo vitale per tutti, l?elaborazione di politiche fiscali mirate, la mappa di 600 città interessate, nei prossimi anni, a un incremento delle necessità d?acqua, non le sembrano alternative credibili? Vedrà, i Comitati che si stanno formando e che stanno aderendo al Manifesto dell?acqua faranno molto rumore. È questo il nostro ambizioso obiettivo: invertire la rotta intrapresa, in maniera neanche troppo soft, a L?Aja.


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