Testimonianze

Venduti come capre. Traffici e tratta nel Nord Africa

Il racconto di tre migranti raccolto sulla nave di Sos Méditerranée, Ocean Viking. Una realtà che l’ong denuncia da tempo. Testimoni i sopravvissuti soccorsi in mare. La cosa più inquietante di quanto accade tra Tunisia e Libia è che sono le stesse autorità a vendere i migranti alle bande di trafficanti libici. A documentarlo anche il rapporto State Trafficking di gennaio 2025

di Redazione

È stato pubblicato sul sito di Sos Méditerranée un nuovo racconto-denuncia sulla tratta di esseri umani. Il punto di partenza sono le testimonianze di alcuni sopravvissuti presi a bordo della Ocean Viking lo scorso 20 gennaio. Il gommone su cui viaggiavano è stato intercettato in zona Sar libica. 

Alcuni dei sopravvissuti (i nomi sono stati cambiati), tra cui Charly (testimonianza raccolta dal giornalista freelance Robert Prosser), Ivanna e Aïssa, hanno condiviso racconti particolarmente drammatici, una volta a bordo della Ocean Viking. Tutti e tre hanno raccontato di essere stati intercettati dalle autorità tunisine, per poi essere venduti alle milizie libiche oltre confine, nel deserto. 

Charly «il mio prezzo era meno di una capra»

Questo il racconto: «La polizia tunisina ci ha venduto a rapitori, a banditi libici», ha detto Charly, un pittore del Camerun. «Il prezzo di vendita era di 150 dinari (circa 25 euro), meno del prezzo di una capra». 

Charly è stato intercettato per la prima volta al largo della Tunisia dopo aver tentato di raggiungere Lampedusa in barca. Era tra le circa 200 persone fermate in mare e riportate con forza a Sfax, dove lui e gli altri sono stati picchiati, legati e caricati su autobus. I veicoli hanno viaggiato per ore senza fermarsi, senza fornire cibo o acqua. 

«Ci hanno trasportato su questi autobus dove non c’erano posti a sedere. Ci siamo seduti per terra con le mani legate dietro la schiena e ci hanno picchiato. Abbiamo trascorso 10 ore sugli autobus. Ci hanno torturato e ci hanno detto che i neri non dovevano venire in Tunisia», ha raccontato. «Quando siamo arrivati nel deserto, abbiamo visto i pick-up libici e i tunisini ci hanno venduto a rapitori, a banditi libici».

C’era scritto polizia, ma non era vero

Simile anche il racconto di Ivanna, 26 anni che ha vissuto in una casa con 100 migranti a El Jem in Tunisia fino a quanto è stata arrestata in un raid della polizia locale. «Siamo arrivati in un posto dove c’era scritto “centro di deportazione”. Erano uomini armati provenienti dalla Libia. Ci hanno caricato su un camion con la scritta “polizia”, ma non era la polizia: erano i trafficanti. Le loro armi erano puntate contro di noi e i libici hanno dato alla polizia tunisina dei soldi in una borsa». 

Per essere rilasciata dalla prigione gestita da un uomo di Tripoli ha chiamato la sorella in Camerun che ha pagato indebitandosi 450mila franchi Cfa centrafricani (circa 690 euro). Ha quindi lavoro come serva per mesi senza paga per una famiglia che ha poi pagato la traversata. 

Un’amica è morta sulle mie ginocchia

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il racconto di Aïssa, 22 anni, della Guinea Conakry. Ha detto di essere stata portata a Zawiya, in un sito gestito da un uomo di nome Osama – un uomo di cui ha parlato anche Charly. Il sito – si legge nella lunga testimonianza –  fungeva sia da centro di detenzione che da punto di partenza per le traversate in barca. 

«Due dei miei amici sono morti in prigione. Una è morta sulle mie ginocchia. Quando hanno portato fuori il suo corpo, stavo piangendo. Mi hanno colpito per farmi smettere e calmare», continua la testimonianza. «Per uscire, ho chiamato la mia famiglia in Guinea. Sono rimasta in quella prigione per otto mesi. Mi hanno mandato 4.000 dinari (circa 650 euro) per farmi uscire». 

Testimonianze e rapporti sono sulla stessa linea

Per la ong Sos Méditerranée «le testimonianze di Charly, Ivanna e Aïssa sono in linea con i risultati di altre indagini, che evidenziano il diretto coinvolgimento delle autorità tunisine nella vendita e nel trasferimento forzato di migranti a gruppi armati in Libia.
Il rapporto State Trafficking, pubblicato nel gennaio 2025 dal collettivo di ricercatori RRX, documenta una pratica sistematica: i migranti subsahariani in Tunisia vengono presi di mira in raid di larga scala, detenuti senza un regolare processo e poi consegnati ad attori libici noti per la gestione di reti di traffico ed estorsione». 

Lucille Guenier, responsabile della comunicazione dell’organizzazione e autrice delle interviste a Charly, Ivanna e Aïssa, ha riferito che molte altre persone a bordo della Ocean Viking avevano vissuto esperienze simili, ma hanno preferito non esporsi per timore di ritorsioni.
Queste pratiche non sono però isolate – sottolinea -. In diversi casi documentati, le autorità tunisine hanno condotto espulsioni collettive con il pretesto della sicurezza delle frontiere o dell’espulsione. In pratica, però, hanno trasportato i migranti in zone desertiche remote, dove sono stati consegnati a gruppi armati libici in cambio di denaro.  

Queste testimonianze trovano riscontro anche in una comunicazione diffusa dall’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani – Ohchr nell’ottobre 2024, in cui venivano espresse gravi preoccupazioni per le numerose segnalazioni ricevute riguardo alla vendita di migranti, rifugiati e richiedenti asilo da parte delle forze di sicurezza tunisine a gruppi armati non statali attivi in Libia.

Un partenariato indifendibile

Per l’ong queste testimonianze – e il crescente numero di prove che documentano la natura sistematica di questi abusi – ricordano ancora una volta che il partenariato dell’UE e dell’Italia con la Libia e la Tunisia in materia di migrazione è indifendibile.
Attraverso accordi come il Memorandum d’intesa Italia-Libia e l’accordo UE-Tunisia, gli Stati europei hanno finanziato, equipaggiato e legittimato autorità e attori responsabili di gravi violazioni dei diritti umani.

All’inizio di aprile, in un preoccupante inasprimento della repressione nei confronti della società civile e del supporto alle persone in movimento, l’Agenzia per la sicurezza interna libica ha sospeso le attività di quasi tutte le principali organizzazioni umanitarie internazionali presenti nel Paese, accusandole di compromettere la sovranità nazionale e di promuovere valori considerati incompatibili con l’identità libica.

Nell’immagine in apertura un salvataggio effettuato dall’equipaggio dell’Ocean Viking – Photo Alisha Vaya / Sos Méditerranée

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.