Provate a fare senza

Veronica e Enrico: ancora moglie o solo caregiver?

Nelle strutture residenziali per persone non autosufficienti, sette posti su dieci sono gestiti da soggetti non profit. Senza Terzo settore, per le famiglie, gestire la non autosufficienza sarebbe semplicemente impossibile. La storia di Veronica ed Enrico, che hanno incontrato da giovanissimi una diagnosi spiazzante...

di Sara De Carli

Veronica Gabrielli e Enrico foto mandate da lei

Enrico Rovatti ha solo 50 anni. Ha tre figli, di cui il più piccolo appena undicenne. Dodici anni fa gli è stata diagnosticata una malattia neurodegenerativa. Finora a prendersi cura di lui sono stati la moglie, Veronica Gabrielli, che ha continuato anche a lavorare, e i due figli più grandi. Enrico durante il giorno frequentava un centro diurno. Da otto mesi invece è ospite della Cra Guicciardini di Modena, gestito dalla cooperativa sociale Gulliver. Cra sta per Casa-residenza per anziani non autosufficienti ed è il nome che in Emilia Romagna ha la residenzialità per le persone non più autonome. «È stata una decisione sofferta ma consapevole: a un certo punto la complessità è diventata tale da non poter essere più gestita da noi in prima persona e abbiamo scelto di non passare per la “fase intermedia” di aver in casa qualcun altro che si occupasse di Enrico», racconta Veronica.

La sua testimonianza è una delle tante che VITA ha raccolto nel nuovo numero del magazine, titolato “Provate a fare senza”. Senza chi? Senza Terzo settore, cioè senza un’infinità non solo di servizi e di supporti ma anche di opportunità di crescita. Il numero tratteggia un mondo distopico, in un racconto a tratti doloroso ma che restituisce l’evidenza del tesoro che abbiamo e che spesso non vediamo, come se il Terzo settore riguardasse solo gli “altri” – i fragili, i vulnerabili, le marginalità – e non tutti noi. Sarebbe un mondo invivibile. Se sei già abbonato, leggi subito qui il nuovo numero; se vuoi abbonarti, puoi farlo da qui.

In Italia 7 posti letto su 10, nella residenzialità per anziani non autosufficienti, sono gestiti dal non profit: significa 210mila posti sui 300mila disponibili. Basta questo numero a capire che se per le famiglie già oggi gestire la non autosufficienza di una persona cara è complesso, senza il Terzo settore sarebbe semplicemente una catastrofe.

Voi siete troppo per me

Quando parla di complessità, Veronica non parla solo degli impegni di assistenza e del conciliare l’assistenza al marito con il lavoro e con i tre figli da crescere, «ma anche del fatto che per quanto in casa ci sforzassimo di adattare le nostre routine per coinvolgere Enrico, era sempre più difficile trovare un compromesso: il rischio era che lui si sentisse chiamato costantemente a superare i propri limiti per stare al passo o che si ritrovasse isolato dentro la sua stessa casa, con due “microcosmi” in famiglia. Mia mamma per esempio è stata in un hospice per un certo periodo e poi quando è tornata a casa ci ha detto una frase che ancora adesso mi fa molto pensare: “Sono contenta di essere a casa, ma voi siete troppo per me”. Non è nelle nostre intenzioni, ma a volte noi familiari carichiamo la persona fragile, malata, ma anche l’anziano con la pressione di dover vivere un ritmo di vita che non è il suo e che non riesce a sostenere», spiega.

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