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Femminicidi

Violenza: colpisce donne 45enni, italiane, colte. A metterle in pericolo è il partner. Più a rischio le giovanissime

L’Istat pubblica una fotografia della violenza di genere indicando profilo delle donne (45anni, italiane e colte, in media); degli autori (8 volte su 10 è partner o ex) e il tipo di violenza (fisica, psicologica, economica); violenze che conducono al pronto soccorso (nel 31% dei casi). Sessantamila le donne che nel 2022 hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza: ad accoglierle 6mila operatrici, la metà delle quali è volontaria

di Sabina Pignataro

European Institute for Gender Equality (EIGE)
@European Institute for Gender Equality (EIGE)

Sessantamila. Leggiamolo lentamente questo numero di donne che nel 2022 hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza. Quasi l’8% in più rispetto al 2021. Lo scrive nero su bianco l’Istat, oggi (qui il link) Di queste, 3.979 donne sono state indirizzate ai Centri antiviolenza dal numero di pubblica utilità 1522.

«Le donne chiedono di essere ascoltate e di essere accolte ma anche di essere aiutate nella ricerca di un lavoro e di una casa».  Sono poco più di 26mila quelle che stanno affrontando il loro percorso di uscita dalla violenza con l’aiuto di un  Centro antiviolenza – Cav.

In aumento le richieste di aiuto ai Centri

Nel 2022 le donne che hanno contattato almeno una volta i Centri antiviolenza sono state 60.751 (+7,8% rispetto al 2021). Si tratta a livello nazionale di una media di 174 donne per CAV, una ogni due giorni. Sul territorio italiano il quadro è piuttosto variegato: i Centri del Nord-ovest segnalano in media 286 donne, al Sud mediamente 82 donne.

Età e nazionalità

Le donne che avviano insieme ai CAV il loro percorso di uscita dalla violenza hanno in prevalenza tra i 40 e i 49 anni (27,5%), seguono le 30-39enni (24,6%). Le donne con meno di 29 anni costituiscono il 18,6%, tra queste le giovanissime sono lo 0,3%. Hanno tra i 50 e i 59 anni il 16,3% delle donne, il 5,6% tra i 60 e i 69 anni, mentre le ultrasettantenni sono il 2,3%. Sono soprattutto donne italiane (64,9% contro il 30,6% di nazionalità straniera), per il 4,5% non è stata indicata la cittadinanza.

Istruzione

Il 61,3% ha un’istruzione medio alta (43,9% delle donne con un diploma di scuola secondaria di II grado, 17,4% con un diploma di laurea o un dottorato) e più del 50% lavora (il 38,9% ha un’occupazione stabile, mentre il 14,3% lavora saltuariamente). Il 26,1% è in cerca di una prima o di una nuova occupazione; il 6,4% è studentessa, il 7,5% casalinga.

Più a rischio le giovanissime

Particolarmente critica la situazione delle donne più giovani: sono, infatti, quelle che più frequentemente delle altre si recano al Pronto soccorso (49,3% contro un dato generale pari al 31,0%). Stessa dinamica, seppure con differenze più contenute, è riscontrabile anche in relazione al ricovero in ospedale (15,3% contro un dato generale del 13,6%). Inoltre, ad esser valutate ad altissimo rischio è il 46% delle donne con meno di 16 anni e il 40% di quelle tra i 16 e i 29 anni, mentre nella stessa condizione si trovano poco più di un quarto delle donne dai 60 ai 69 anni (27,4%) o dai 70 anni e oltre (28,2%).

Le giovanissime sono quelle che più frequentemente delle altre si recano al Pronto soccorso. Ad esser valutate ad altissimo rischio è il 46% delle donne con meno di 16 anni

Istat

Gli autori

Gli autori della violenza si trovano soprattutto tra le persone con cui la donna ha legami affettivi importanti. Nel 53% dei casi è il partner della donna a perpetrare le violenze, nel 25,3% si tratta di un ex partner, nell’11,1% è un altro familiare o parente; le violenze subite fuori dall’ambito familiare e di coppia costituiscono il restante 10,5%.

Nel 53% dei casi è il partner della donna a perpetrare le violenze. Nel 25,3% si tratta di un ex partner,

Istat

Si tratta di uomini nel 96,9% dei casi,  sono italiani (73,7%), in un’età compresa tra i 40 e i 60 anni nel 54,4% dei casi (31,0% tra i 40 e i 49 e 23,3% tra i 50 e 59 anni), nel 78,4% ha un titolo di studio di scuola secondaria (41,3% di I grado e nel 37% di II grado), nel 74,1% è occupato (il 60,5% ha occupazione stabile e il 13,7% saltuaria). Un autore su cinque (21,7%) ha una forma di dipendenza, come alcool, droga, gioco o psicofarmaci. Emerge, inoltre, che nel 12,1% dei casi l’autore era già stato violento con altre donne, ma nel 69,2% dei casi la donna non era a conoscenza di questa informazione.

Il 27,5% delle donne ha chiesto un provvedimento di allontanamento o di divieto di avvicinamento e/o di ammonimento; richieste soddisfatte nel 69,7% dei casi e ottenute entro 15 giorni nel 30%.

Il tipo di violenze

Le donne che si rivolgono ai Cav hanno subito soprattutto violenze fisiche, psicologiche, minacce e violenze economiche, che possono durare anche da anni; violenze che conducono al pronto soccorso nel 31% dei casi e in ospedale (13,6%).

Violenza economica

Quattro donne su 10 stanno affrontando una violenza di tipo economico. Il 40,2% delle donne (10.515) che stanno effettuando un percorso di uscita dalla violenza con i CAV hanno indicato di avere subito tra le violenze anche quella economica, come ad esempio l’impossibilità di usare il proprio reddito o addirittura di non conoscere l’ammontare del denaro disponibile in famiglia; in altri casi invece sono escluse dalle decisioni su come gestire il denaro familiare.

Circa il 60% delle donne dichiara di non essere autonoma economicamente, valore che sale a più del 90% per quelle in cerca di prima occupazione, più dell’80% delle disoccupate, studentesse e casalinghe e il 45,4% per quelle che hanno un lavoro precario.

Il 60% delle donne dichiara di non essere autonoma economicamente

Istat

Figli che assistono

Elevatissimo il numero di casi in cui i figli assistono alla violenza subita dalla propria madre (73,1% delle vittime che hanno figli) e nel 21,9% dei casi i figli sono essi stessi vittima di violenza da parte del maltrattante. Circa il 14,6% delle vittime ha subito violenza durante la gravidanza: percentuale che varia dal 18,3% di chi subisce violenza fisica al 15,3% di chi subisce violenza sessuale o altro tipo di violenza. Il 66,8% e il 28,8% delle donne che hanno subito violenza in gravidanza hanno subito violenza rispettivamente dal partner e ex-partner.

Dopo quanto tempo chiedono aiuto?

La decisione di intraprendere un percorso per uscire dalla violenza sembra arrivare a distanza di anni dall’inizio della violenza stessa: per il 41,3% delle donne sono passati più di cinque anni dai primi episodi di violenza subita, per il 33,5% da uno a cinque anni, per il 13,5% da sei mesi a un anno e solo per il 7,1% delle donne il tempo intercorso tra violenza subita e inizio del percorso presso il CAV è inferiore ai sei mesi.

Il 17,7% delle donne ha iniziato il percorso di uscita dalla violenza in situazioni di emergenza, era cioè in una situazione di pericolo o a rischio di incolumità. Di queste, il 75% subiva violenza da più di un anno e il 38,3% da più di cinque anni.

Con chi ne hanno parlato?

Il percorso di uscita dalla violenza è complesso e spesso le donne cercano diverse forme di servizio di supporto. Il 12,7% delle donne chiede aiuto attraverso la propria rete informale di relazioni e non contatta servizi generali o specializzati , il 20,9% delle donne si è invece rivolto a più di tre servizi, potenziali nodi della rete territoriale antiviolenza, prima di approdare al CAV, il 29,2% a due servizi e il 50% ad uno.

Prima di iniziare il percorso con i CAV, il 43,5% delle donne si è rivolta ai parenti (nel Sud 56,6% e nelle Isole 66,4%), e a seguire ai servizi generali, come le Forze dell’Ordine che intercettano il 31,9% delle donne che chiedono aiuto. La percentuale maggiore anche in questo caso si riscontra nel Sud (il 44,2% delle donne).

Un ruolo importante viene svolto anche dai pronto soccorsi e dagli ospedali che intercettano il 28,4% delle donne. Questo nodo della rete antiviolenza risulta essere fondamentale nel Centro dove incontra il 46,7% delle donne. L’ultimo sevizio generale è costituito dai servizi sociali: vi si è rivolto il 16,3% delle donne, con valori più elevati per il Sud (20,9%) e il Nord Ovest (19,3%).

Il mondo della scuola, i consultori, il medico di medicina generale (MMG) o il pediatra di libera scelta (PLS) e le istituzioni religiose intercettano soltanto una quota residuale di donne (rispettivamente 1,7%, 3,7%, 3,7%, 2,2%) ma possono comunque svolgere all’interno della rete un ruolo importante migliorando la capacità di individuazione del fenomeno e veicolando il più possibile le informazioni sui servizi specializzati presenti sui loro territori.

L’11,6% delle donne si è rivolto invece ai servizi specializzati, con punte massime nel Mezzogiorno (18,4% nel Sud e 19,9% nelle Isole). Più specificamente, il 6,2% ha contattato il numero 1522 e il 5,4% altri CAV.

Il ruolo dei Cav

Nei CAV lavorano 5.916 operatrici che nel 48,7% dei casi prestano il proprio servizio in forma esclusivamente volontaria: in media 17 unità per Centro, con forte eterogeneità tra le regioni. I CAV del Nord-ovest e del Nord-est dispongono in genere di più personale (rispettivamente 25 e 21 unità in media), seguono i CAV del Centro (16 unità in media), delle Isole (12) e del Sud (10).

Tra le diverse figure professionali emergono le operatrici di accoglienza (41,3%), le avvocate (16%) e le psicologhe/psicoterapeute (14,1%). Nel corso degli anni è progressivamente cresciuto il personale retribuito. Nel 2017 le volontarie rappresentavano il 56,1% del totale del personale in servizio, 55,5% nel 2018, 50,4% nel 2019, 49,3% nel 2020, 49% nel 2021 fino ad arrivare al 48,7% nel 2022.

Quale aiuto viene offerto?

Le donne quando arrivano ai Centri portano quasi sempre con loro il bisogno di essere ascoltate (più di nove donne su 10) e di essere accolte (quasi otto donne su 10). Quattro donne su 10 hanno bisogno di un supporto e una consulenza legale e psicologica. L’orientamento e l’accompagnamento ad altri servizi della rete territoriale rappresenta la necessità del 24,6% delle donne, mentre altre richieste di aiuto legate alla protezione (messa in sicurezza e percorso di allontanamento dal maltrattante) sono espresse da circa una donna su 10, così come l’aiuto per l’autonomia (supporto sociale e/o educativo, sostegno all’autonomia e orientamento lavorativo).

Il ruolo del 1522

Negli ultimi due giorni, dopo il femminicidio di Giulia Cecchettin, sono raddoppiate le richieste d’aiuto al 1522: dalle 200 telefonate quotidiane si è arrivati alle 400 con picchi tra 450 e 500 se si considerano anche quelle fatte con chat ed App. A dirlo è Arianna Gentili, responsabile della help line violenza e stalking 1522, servizio pubblico promosso dalla presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità. Oltre alle adolescenti, sono aumentate le richieste da parte dei genitori.

Foto in apertura: European Institute for Gender Equality (EIGE)


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