Cultura

Basilicata, una regione in cerca di un nuovo orizzonte

A Potenza presso la sede della Bcc Basilicata è stato presentato il terzo volume della serie Geografie Meridiane, intitolato "Basilicata, il sociale in fuga" scaricabile gratuitamente dal nostro store. Qui l'editoriale firmato dal direttore Stefano Arduini

di Redazione

M’accompagna lo zirlio dei grilli
e il suono del campano al collo
d’un’inquieta capretta.
Il vento mi fascia
di sottilissimi nastri d’argento
e là, nell’ombra delle nubi sperduto
giace in frantumi un paesetto lucano.

da “Lucania” di Rocco Scotellaro (1940)

Con questi versi uno dei più importanti intellettuali lucani, Rocco Scotellaro, consegna ai lettori l’anima del suo territorio. A prendere la scena è l’immagine dello spaesamento, del disorientamento di un “paesetto” che per traslato incarna tutta la Lucania. Oggi, nel centesimo anno dalla sua nascita Scotellaro riscoprirebbe una regione ancora una volta “sperduta” e “in frantumi” con alle spalle il lutto di un’occasione che non ha saputo cogliere, quella di Matera Capitale Europea della Cultura, un presente svuotato della sua gente in fuga verso altri territori e orizzonti e un futuro da progettare su basi nuove, ma ancora nebbiose. La terza pubblicazione della serie Geografie Meridiane nell’ambito del progetto Vita a Sud (dopo quelle dedicate a Sardegna e Puglia), curata Luca Iacovone, documenta con numeri e testimonianze il rinculo di una comunità che sta rischiando la desertificazione sociale, ma quasi non sembra rendersene conto, almeno a livello politico, credendo forse che le royalties petrolifere disseminate a pioggia possano di per se stesse costituire una traiettoria di sviluppo sensato. Ma proprio la mancanza di un senso e di una prospettiva sociale e civile che possa determinare un sentimento di “restanza” (ovvero il restare per costruire qualcosa d’altro, come spiega in un suo bellissimo libro uscito nel 2022 l’antropologo Vito Teti) spiegano perché nel solo 2020 oltre 2mila giovani lucani per la metà laureati hanno deciso di abbandonare la Basilicata. Ma non sono solo i giovani italiani a darsi alla fuga: la Basilicata ormai è terra di emigrazione anche per gli anziani e per i migranti. Eppure i numeri dicono che questa rimane la regione più ricca del Mezzogiorno. Niente a che vedere coi tassi di povertà che si registrano nella vicina Calabria, ma anche in alcune aree delle confinanti Campania e Puglia.


Come riaccendere la spina allora? Come rimettere linfa dentro un corpaccione sociale all’apparenza annichilito su se stesso? Uno dei tratti caratterizzanti la collana “Geografie Meridiane” è proprio questo: trovare le risposte nell’azione e nel pensiero sociale. Iacovone insieme alla redazione di Vita ha selezionato sette esperienze di organizzazioni sociali che non si sono arrese allo status quo. Non solo esperienze di cooperative o imprese sociali che riescono a fare buona economia puntando sulla vocazione territoriale e l’inclusione sociale, ma anche sperimentazioni e hub di innovazione capaci di costruire welfare e comunità con strumenti tecnologici e pratiche sociali inedite immaginando e costruendo ambienti dove il mondo dell’università, del privato sociale e in taluni casi anche della pubblica amministrazione a trazione municipale diventano architetti di un modo nuovo a attrattivo di ricomporre a progetto comune i frantumi del paesetto di Scotellaro.


Ma poiché, come scrive il drammaturgo ungherese Theodor Herzl «il sogno e l’azione non sono così diversi come molti pensano. Tutte le azioni degli uomini sono sogni all’inizio», è cruciale valorizzare il pensiero meridiano che esprime questa regione. Nell’ultimo capitolo del volume ospitiamo i contributi di tre pensatori che in vesti diverse stanno cercando di costruire un nuovo immaginario. Cruciale in particolare un passaggio di Emmanuele Curti: «Dovremmo abbandonare pensieri di “resilienza” (termine che purtroppo in bocca alla politica diventa una scusa per lasciare al privato l’onore dell’iniziativa, dimenticando la responsabilità dell’azione pubblica), per ritessere un senso di cura “arcaico”, alimentando anche forme di residenza temporanea, in luoghi che attraggono persone che fuggono dai rumori e l’anonimato delle grandi città».

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