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Calabria, serve una legge regionale per il Terzo Settore

È una delle regioni più povere del Paese ma ricca di realtà di volontariato che detengono un ruolo cruciale soprattutto nella fruizione dei servizi ai cittadini. «Dobbiamo avviare concretamente un processo partecipativo volto alla definizione di una legge regionale per il Terzo Settore calabrese, che ne riconosca il valore e l’utilità sociale e favorisca i rapporti con la pubblica amministrazione nei percorsi di co-programmazione e co-progettazione», spiega portavoce del Forum regionale Luciano Squillaci

di Giulia Polito

Non può esserci crescita senza contrasto alle diseguaglianze. È l’assunto da cui hanno preso il via gli Stati Generali del Terzo Settore calabrese, un evento storico perché il primo di una delle regioni più povere del Paese, ma ricca di realtà di volontariato che detengono un ruolo cruciale soprattutto nella fruizione dei servizi ai cittadini. L’iniziativa, che si è svolta presso il Parco degli Enotri a Mendicino, è stata promossa dal Forum del Terzo Settore calabrese, dalla Fondazione Carical e dai tre Centri di servizio per il volontariato – Csv della regione, e ha coinvolto circa 250 organizzazioni.

«L’iniziativa nasce dalla volontà di affrontare le sfide socio economiche che caratterizzano la regione, valorizzando al contempo risorse e soluzioni possibili», hanno spiegato i promotori. Tra le sfide del futuro di questo settore, come ha sottolineato il portavoce del Forum regionale Luciano Squillaci, c’è quella di «avviare concretamente, come già avvenuto in altre regioni, un processo partecipativo volto alla definizione di una legge regionale per il Terzo Settore calabrese, che ne riconosca il valore e l’utilità sociale e favorisca i rapporti con la pubblica amministrazione nei percorsi di co-programmazione e co-progettazione». Gli Stati Generali appena conclusi sono stati quindi «un’opportunità per rafforzare il ruolo del Terzo Settore come catalizzatore di sviluppo sociale e culturale della Calabria» oltre che «un luogo di dialogo aperto e costruttivo, in cui esplorare opportunità di sviluppo equo e sostenibile, promuovere un dialogo costruttivo tra tutti gli attori coinvolti, costruire collaborazioni solide e durature, capaci di generare impatti sociali positivi e di promuovere una maggiore equità territoriale». 

La due giorni è stata caratterizzata dalla presenza di numerosi ospiti di rilievo nazionale. Il tema delle diseguaglianze ha aperto i lavori, con gli interventi del direttore dello Svimez Luca Bianchi, la direttrice del Dipartimento Istat Linda Laura Sabbadini, il direttore generale di Acri Giorgio Righetti e la professoressa associata di Sociologia generale all’Università della Calabria Sabina Licursi. Il pomeriggio è proseguito poi con un focus dedicato all’autonomia differenziata, con gli interventi di Carlo Borgomeo, già presidente di Fondazione con il Sud, Andrea Chiappetta, ricercatore presso la cattedra di Diritto costituzionale della Scuola Sant’Anna di Pisa e Flavia Martinelli, già professore ordinario di Politiche e strategie per la coesione territoriale presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. La manifestazione si è conclusa con una tavola rotonda sul ruolo del Terzo Settore nella costruzione di comunità e processi di cambiamento nel meridione, aperta dall’intervento programmato di Monsignore Francesco Savino, vicepresidente della Cei. Sono intervenuti poi Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum nazionale del Terzo Settore, Chiara Tommasini, presidente di CSVnet, Gianni Pensabene, presidente della Fondazione Carical, Francesco Profumo, presidente Acri, e Stefano Consiglio, presidente Fondazione Con il Sud. 

«Crediamo che sia importante avere uno sguardo più ampio per avere una lettura più aperta della nostra situazione regionale», ha dichiarato Gianni Romeo, presidente del Csv di Cosenza, spiegando così la volontà di creare un parterre di ospiti di alto profilo nazionale. «Riteniamo inoltre che questa sia stata una buona occasione per iniziare a creare maggiore coesione tra noi». Secondo Romeo infatti uno dei limiti maggiori del Terzo Settore calabrese sia la frammentarietà. «Da un punto di vista antropologico i calabresi tendono molto alla litigiosità e noi, come insieme di organizzazioni di Terzo Settore, paghiamo molto lo scotto di questa divisione. La politica invece ne trae vantaggio. Questa è una delle cause dell’arretratezza generale che investe tutti gli ambiti del Terzo Settore calabrese». Dall’altra parte Romeo ha sottolineato il grande potenziale di cui anche i diretti interessati non hanno ancora piena contezza. Solo a Cosenza e provincia – che non a caso è stata nominata Capitale italiana del Volontariato 2023 – esistono circa 1.200 organizzazioni di volontariato attive che coinvolgono circa 30 mila persone. È un dato eccezionale che noi stessi non conosciamo. Questo è un altro limite importante: non avere piena consapevolezza di ciò che siamo». 

«La nostra sfida oggi è provare a proporci con una visione di prospettiva, riscoprendo il ruolo istituzionale del Terzo Settore», ha concluso Squillaci. «Occorre per questo ripartire dai territori con una visione comune».