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Crotone, i Giardini di Pitagora sono un crocevia di storie di rinascita

Il "Museo e Giardini di Pitagora" è stato il primo polo in Calabria e uno dei primi del meridione ad adottare questo tipo di modello. La struttura è un luogo di cultura e di incontro per la comunità crotonese e i visitatori. Ma è anche un luogo di rinascita per le persone fragili inserite all’interno di percorsi di inclusione socio-lavorativa che, sin dall’inizio della sua storia

di Giulia Polito

Favorire lo sviluppo locale attraverso la valorizzazione del territorio, dei beni culturali e delle persone, soprattutto le più fragili. È la scommessa da cui è partita, nella città di Crotone, la storia del Consorzio Jobel, che ha fatto delle capacità dei singoli individui la risorsa più importante per lo sviluppo del proprio modello di impresa sociale. È un progetto che nasce da lontano, circa 40 anni fa, dalle prime esperienze cooperative nell’ambito dei servizi socio-educativi. Nel 2006 si evolve in un consorzio che comprende oggi 10 realtà, anche se la rete che ruota attorno al progetto è molto più ampia (collaborano circa altre 30 realtà) e coinvolge l’intero territorio. «In uno scenario sociale caratterizzato da precarietà e carenze strutturali»,  spiegano i protagonisti, «il cammino di cooperazione tra gli operatori del mondo associazionistico ha consentito di valicare il muro di avversità. Così, il mondo dell’impresa, della società civile e del volontariato si incontrano per promuovere attività che sviluppano e mettono in rilievo le risorse storico-culturali-ambientali del territorio, annientando il disagio sociale, le diversità e i favoritismi, e riscoprendo la bellezza della compartecipazione». È quello che accade ad esempio, da oltre 10 anni, al “Museo e Giardini di Pitagora”. 

Nel 2006, anno di costituzione di Jobel, si stavano concludendo i lavori di quello che oggi rappresenta una delle strutture museali tra le più significative della regione. Al momento della conclusione dei lavori non era ancora stato definitivo un modello gestionale e la struttura è stata così ben presto abbandonata all’incuria e alla vandalizzazione. Fino a quando, nel 2012, la gestione viene affidata a Jobel, o almeno in parte. Infatti, come spiega il presidente Santo Vazzano, «noi siamo antesignani di un nuovo modello gestionale», che mette insieme il privato sociale con il pubblico. Il Pspp – Partenariato Speciale Pubblico Privato – è un contratto che prevede la co-progettazione e la co-gestione del bene pubblico, recentemente rinnovato tra Jobel e il Comune di Crotone per altri 10 anni, e che ha fatto sì che la struttura, con i suoi 18 ettari di parco e i 17 exhibits, diventasse oggi un importante centro. Il Museo è stato il primo polo in Calabria e uno dei primi del meridione ad adottare questo tipo di modello, dando il via ad un’esperienza partecipata e funzionale di progettazione sociale e che, considerati i risultati, è stato poi adottato anche presso il Museo di Capo Colonna. 

Il “Museo e Giardini di Pitagora” è un luogo di cultura e di incontro per la comunità crotonese e i visitatori. Ma è anche un luogo di rinascita per le persone fragili inserite all’interno di percorsi di inclusione socio-lavorativa che, sin dall’inizio della sua storia, Jobel ha posto sempre al centro della propria azione. Sono circa 30 le persone con disabilità, i pazienti psichiatrici e gli ex detenuti che lavorano a vario titolo all’interno della struttura, perché «la vera azione terapeutica passa dal lavoro», spiega Vazzano. «Nel corso degli anni siamo diventati un punto di riferimento per le istituzioni locali e per le famiglie». 

vita a sud

Giovanni Bifezzi ha 54 anni e una condanna alle spalle, scontata presso il carcere di Palmi. Una volta uscito si è ritrovato solo, senza dimora e senza famiglia. È stato scelto da Jobel per un percorso di formazione e integrazione destinato agli ex detenuti. «Passo dopo passo, con forte determinazione, Giovanni ha dimostrato le sue capacità ma soprattutto il suo desiderio di riscatto» spiegano i promotori del progetto che hanno seguito il suo percorso sin dall’inizio.  All’interno del Museo e dei Giardini di Pitagora Giovanni ha iniziato ad occuparsi della manutenzione del verde, contribuendo alla riqualificazione del posto. Oggi è il custode e punto di riferimento per la comunità, per le famiglie e le associazioni che frequentano il parco. «Ho pagato per i miei errori», racconta Giovanni, «ma sono stato fortunato. Sono stato ricompensato con un posto di lavoro e una casa. Ho raggiungo una serenità che mi ha permesso di ricostruire anche il rapporto con mia figlia e guardare al futuro senza paura». 

Il Consorzio Jobel ha voluto scommettere anche sull’occupazione giovanile, «creando occasioni vere», spiega ancora Vazzano, «di valorizzazione del territorio attraverso il lavoro dei giovani, dimostrando che la rotta può essere sempre invertita». Uno dei motori principali si è dimostrato il servizio civile, grazie al quale intorno all’idea progettuale che ruota attorno al Museo si sono radunati molti ragazzi, rimasti poi con dei contratti di lavoro. Tra questi Vittoria Scida, crotonese di 29 anni, che dopo aver concluso un percorso di studi in ambito archeologico e artistico, ha lavorato tra Firenze e Milano, ma «ho sempre nutrito la speranza di poter portare le mie competenze nella mia città». Così ha partecipato al bando per il servizio civile di Jobel: «Mi è piaciuto subito perché abbracciava tutti i temi a me cari e soprattutto dimostrava una grande sensibilità nei confronti dei giovani». Finito l’anno di servizio civile, Vittoria ha proseguito con un contratto di assunzione, curando parte della comunicazione, dei progetti, delle visite guidate, dei circa 200 eventi culturali l’anno che vengono proposti. 

Nel corso delle attività, Vittoria e i suoi colleghi hanno avuto modo di condividere l’esperienza lavorativa anche con persone provenienti da background diversi. Tra questi A. che preferisce restare nell’anonimato emigrato dall’Egitto dove era perseguitato perché cristiano. Ha subito soprusi da parte della polizia, negli ospedali e a scuola dove è stato picchiato dall’insegnante di religione islamica: «Nessun cristiano lì può vivere liberamente la sua vita. Viviamo nel terrore, molti di noi sono stati costretti a cambiare religione». La sua casa è stata bruciata e suo padre ha riportato delle ferite a causa dell’incendio: «Danno fuoco alle chiese mentre i fedeli sono dentro. Nel mio Paese l’orrore è ovunque. Il mondo intero vede guerre dappertutto; lì c’è una guerra interna, la gente muore ogni giorno e non c’è nessuno». A. è stato beneficiario di una borsa lavoro per stranieri e oggi è impegnato come civilista nel servizio civile universale. 

Intorno al Museo e Giardini di Pitagora c’è un crocevia di storie che, unite da un comune obiettivo, rappresentano un esempio concreto di come sia sempre possibile rinascere e far rinascere i luoghi che appartengono a ciascuno. «Credo che il nostro punto di forza sia l’amore per quello che facciamo. – commenta Vittoria – Sono convinta che per ogni 10 persone che odiano e distruggono ci sia almeno una persona capace di amare e costruire per 10. Per andare avanti occorre sempre credere che ne valga la pena».