Sostenibilità

La tecnologia e un modo nuovo di coltivare il grano

In Sardegna si producono fertilizzanti organici dalle carcasse animali, da sempre considerate inquinanti. L'intuizione nata in laboratorio e il progetto che dà lavoro a giovani laureati ma anche alle fasce più fragili. Un esempio di economia circolare che sta aprendo nuovi fronti in agricoltura. L'impegno di Caritas e Lavoro Insieme

di Luigi Alfonso

Le carcasse degli animali, da sempre potenziali inquinanti, diventano una risorsa. Una giovane impresa sarda, la Concimi Biologici Srl, opera in campo ambientale e, da poco più di un anno, si occupa della produzione di fertilizzanti organici da sottoprodotti di origine animale di categoria 3. Il processo innovativo utilizzato per la trasformazione è basato sull’impiego delle radiofrequenze e si contraddistingue dai comuni processi impiegati per il recupero degli scarti organici per la sua rapidità, per la maggiore sostenibilità ambientale e per l’efficacia del prodotto finito. La società è una start up che nasce da ricerche condotte dall’Università degli Studi di Cagliari (Dipartimento di Scienza della vita e dell’ambiente).

«L’avvio dell’impianto – spiega Costantino Palmas, parassitologo e vicepresidente della impresa sociale Lavoro Insieme – è stato preceduto da un’intensa attività di ricerca svolta all’interno del progetto PIA “Sviluppo di nuovi fertilizzanti organici dal settore agroindustriale”, finanziato dalla Regione Sardegna con fondi dell’Unione Europea. Si tratta di interventi a sostegno della competitività e dell'innovazione che, tra l’altro, ci hanno permesso di dare occupazione a giovani laureati specializzati in agraria, chimica e biologia. La maggior parte di loro durante il dottorato hanno partecipato alla ricerca e oggi sono assunti a tempi indeterminato in azienda. Il concime prodotto è attualmente impiegato per la coltivazione del grano nella filiera corta del progetto “Terre Ritrovate” ma anche in viticoltura e orticoltura: la sua composizione, in particolare l’elevata concentrazione di azoto, lo rende concorrenziale rispetto ai concimi chimici solitamente impiegati. I risultati della sperimentazione agronomica in pieno campo, condotta dall’Agenzia regionale AGRIS, hanno evidenziato un miglioramento di quantità e qualità del grano duro, in termini di resa, tenore di glutine e di proteine».

«La sperimentazione all’azienda AGRIS “San Michele” di Ussana, alla quale partecipano i ricercatori Paolo Mulè e Marco Dettori – spiega Gianluca Carboni, agronomo e ricercatore dell'Agenzia – è giunta al terzo anno di prova su scala parcellare e al secondo anno su parcelle di grandi dimensioni per simulare, in quest’ultimo caso, condizioni ordinarie di coltivazione del grano duro. Gli esperimenti parcellari hanno evidenziato effetti sulle rese assimilabili a quelli dei concimi chimici normalmente utilizzati in agricoltura. Dal punto di vista qualitativo, il contenuto in proteine e l’indice di glutine, cioè i parametri tecnologici più importanti per la valutazione della qualità del prodotto, sono risultati sempre uguali o superiori a quelli riscontrabili nelle parcelle trattate chimicamente. Al momento stiamo studiando gli effetti di questi concimi in relazione al miglioramento della fertilità del suolo e si sta valutando la loro efficacia in condizioni ordinarie di coltivazione con la collaborazione di aziende agricole private. I primi risultati, benché preliminari, sono stati pubblicati su importanti riviste internazionali e hanno fornito materiale di tesi di laurea presso l’Università Cattolica “Sacro Cuore” di Piacenza con cui l’Agenzia collabora in attività formative e sperimentali».

I nuovi fertilizzanti organici sono stati sviluppati con un impianto pilota di umificazione rapida, a partire da scarti di macellazione di origine ovina e suina rappresentati principalmente da intestini appositamente puliti e macinati. La messa a punto dell’impianto di produzione di fertilizzanti su scala industriale e le relazioni commerciali intraprese con i diversi partner dei comparti produttivi di maggior rilievo del settore agro-alimentare del territorio regionale hanno poi messo in luce la necessità di dover ricevere e lavorare scarti di macellazione di diversa origine rispetto a quanto sperimentato con il Piano di ricerca e innovazione.

«Oggi l’impianto – precisa Palmas – riceve differenti tipologie di scarti come grasso, ossa, zampe, organi interni, pelli e residui della lavorazione della carne e del pesce. Tali scarti si caratterizzano per l’elevata eterogeneità delle matrici in termini di consistenza, elasticità, umidità e composizione, che consente di ottenere una maggiore qualità del prodotto».

Il progetto è nato da un’intuizione in laboratorio e si è sviluppato coinvolgendo un pool di centri di ricerca universitari e interuniversitari: circa 50 persone che hanno messo a punto tecnologie innovative al servizio dell’ambiente, con l’obiettivo del recupero della filiera organica. In questo modo si favorisce l’economia circolare. La materia organica viene trasformata nell’arco di 2 ore, non ha emissioni pericolose e non produce ulteriori rifiuti. Con questa metodologia si recuperano tutti i nutrienti presenti nelle carcasse animali, ma anche negli scarti alimentari e di cucina, scarti agricoli e caseari, sfalci e potature, letame animale, fanghi provenienti da depuratori e industrie alimentari.

«"Lavoro Insieme" – precisa Palmas – è stata creata dalla Diocesi di Cagliari, dalla Caritas San Saturnino Fondazione Onlus, dalla Fondazione Antiusura Sant’Ignazio da Laconi e dalla Associazione Beata Suor Giuseppina Nicoli. Favoriamo i processi di sperimentazione ma, soprattutto, l’incremento dell’occupazione con l’utilizzo di lavoratori delle fasce fragili (disoccupati di lunga data, migranti, persone affidate a fine pena detentiva). Con la Concimi Biologici Srl abbiamo stretto un accordo che ci ha permesso di fertilizzare appezzamenti di grano in campo aperto nel Gerrei, Sulcis, Oristanese e Trexenta, nell’ambito del progetto “Terre ritrovate” promosso dalla Caritas di Cagliari. L’obiettivo, in questo caso, è quello di fertilizzare senza l’uso di concimi chimici, conferendo a tutti i prodotti della filiera un livello qualitativo più elevato».

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