L’inno alla vita di Jovanotti in un bicchiere di Mediterraneo
Gli sguardi fieri dei bambini e delle donne dei quartieri popolari di Palermo come Danisinni, Ballarò e Sperone sono il tessuto narrativo del video che lancia "Mediterraneo", brano che dà il titolo all'omonimo album di Jovanotti. A realizzarlo è stato il fotografo palermitano Francesco Faraci, le cui foto raccontano la vera identità di questa città
Chi conosce la vera Palermo, quella dei quartieri popolari come i Danisinni o Ballarò, la ritrova tutta nell’ultimo video di Jovanotti, realizzato grazie all’input dato da Francesco Faraci, giovane fotografo palermitano che dei contraddizioni della sua città è profondo conoscitore, amando raccontarle attraverso i suoi scatti. Ed è stata una sorta di folgorazione quella che gli ha fatto subito associare i luoghi di Palermo a lui più cari, quelli nei quali la sua arte trova ispirazione, a “Mediterraneo”, il brano che dà il titolo all’ultimo album di Jovanotti e che racconta di un “mare nostrum” contemporaneo e urbano, un Mediterraneo nel quale ci sono tutte le contrapposizioni che si possono ritrovare in una realtà come Palermo.
Una città il cui cuore lo trovi proprio nelle periferie dove la vita non è per nulla facile, dove l’infanzia non ha alcuna protezione e le donne vengono mandate allo sbaraglio già in tenera età; anche la città, però, dove i giochi di questi bambini, ai quali Babbo Natale non porta certo la play station o il trenino elettrico, sono un po’ quelli di una volta, per strada, a fare falò sulla spiaggia di Romagnolo o a gareggiare per chi si tuffa più lontano dal muretto del porticciolo.
Un’infanzia certamente difficile ma che, nelle immagini di Francesco Faraci, trova la sua più piena dignità, rafforzata grazie a quella delle mamme e delle nonne che nel centro storico o allo Sperone narrano, attraverso le rughe giunte troppo presto sui loro volti, cosa la vita ha riservato loro. Sguardi fieri, a volte sprezzanti, che non giudicano e ti chiedono di non fare altrettanto. Ecco perché “Mediterraneo" si può considerare un vero e proprio inno alla vita.
«È la vita che amo raccontare e che ogni volta mi insegna tanto – spiega il fotografo -. I luoghi cornice di questo lavoro per qualcuno sono luoghi di morte, ma per me sono il cuore della nostra città che batte ritmicamente. Ovviamente lo speravo, ma non mi immaginavo che Jovanotti rispondesse subito e in maniera entusiastica. È nato tutto in maniera naturale, senza strategie di marketing, semplicemente per la voglia di raccontare Palermo. Molte delle foto le avevo, altre le ho fatte per l’occasione, mentre le parti del video che lo riguardavano le ho realizzate andando a Cortona, dove vive, perchè non poteva spostarsi».
Quello che è venuto fuori è un messaggio potente, pieno di quella energia che si respira quando sei davanti al murale che Igor Scalisi Palminteri ha realizzato allo Sperone insieme ai bambini del quartiere o mentre sei al mercato di Ballarò e senti di essere immerso nella storia, all’interno di quel percorso arabo normanno che racconta l’identità di questa città.
«Purtroppo sono realtà in cui c’è una parte di palermitani che non viene, credo forse perché possa metterli di fronte alle loro responsabilità – dice in conclusione Faraci – . Eppure qui c’è la vera umanità, quella che ogni giorno combatte contro gli stereotipi e i pregiudizi, quella che difende i più piccoli dalle insidie della vita; l’umanità che ti accoglie a braccia aperte quando capisce che non vai con l’atteggiamento di chi si sta recando a visitare uno zoo. Questa è la Palermo che amo e nella quale non cerco mai il dolore. A me interessa la vita. Nel brano di Jovanotti si parla di rinascita. Ecco perché dico che a me è arrivato come una scarica elettrica».
“Nasce oro, ti giuro anche da una chiavica/ Cantami o Diva, della grande catarsi/ Sì, ma adesso basta piangere/Ora è tempo di rinascere/Avanti amici/Fiori nuovi che si aprono/Sento il vento che mi chiama e partirò/ Sempre navigando in un bicchiere di Mediterraneo”.
Così Jovanotti conclude il suo brano, facendoci immergere in un bicchiere di Mediterraneo nel quale non si annega perché la speranza la respiri ogni volta che giri l’angolo di un quartiere popolare e ti ritrovi in una piazza dove, a ogni ora del giorno, i bambini stanno dando calci a un pallone. Metafora della vita che ci lascia la convinzione che, non per tutti ma per qualcuno di questi giovani cittadini del mondo, arriverà ben presto il goal del riscatto.
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