Inclusione sociale

San Giovanni, la spiaggia inclusiva di Muravera che si è fatta comunità

In Sardegna, nella costa sud-orientale, c'è un tratto di litorale che fornisce l'accesso gratuito in spiaggia grazie ai servizi erogati dall'associazione Domu Mia a favore di anziani e persone con disabilità. In due anni si è formata un'autentica comunità, in prevalenza over 65 ma anche giovani che allietano le serate di cittadini del luogo e del territorio, insieme a turisti della terza età provenienti dalla penisola. Tra le tante storie, vi proponiamo quella di due coniugi di Villasalto

di Luigi Alfonso

Una spiaggia davvero inclusiva, che d’estate diventa un punto di riferimento non solo per la comunità locale ma per tutto il territorio. Parliamo del litorale di San Giovanni, a un tiro di schioppo da Muravera. Siamo in Sardegna, e la spiaggia in questione da un paio d’anni è accessibile e offre gratuitamente numerosi servizi a persone con disabilità e anziani. Sabato scorso, per la prima volta, l’associazione di promozione sociale Domu Mia ha potuto tagliare simbolicamente il nastro della piattaforma il primo giorno d’estate: un fatto non proprio banale, se si pensa che nel recente passato (a causa di ostacoli politici e amministrativi sbucati fuori come funghi, come se questa iniziativa appartenesse a pochi e non a tutto il paese) si era arrivati persino ad aprire a metà agosto. Due anni fa il Comune di Muravera pretese di spostare l’accesso a ridosso della scogliera, con immaginabili rischi per la sicurezza dei bagnanti, ma poi il provvedimento fu revocato.

Di spiagge accessibili ce ne sono tante in tutta l’Italia, ormai. Che cos’ha di particolare questa? È diventata un luogo d’incontro per persone che arrivano da tutto il Sarrabus Gerrei; addirittura turisti della terza età, che di mattina e in particolare di sera si ritrovano per il piacere di trascorrere alcune ore insieme, assistiti dagli operatori di Domu Mia. L’età media è abbastanza elevata, ma non mancano i giovani che allietano le serate con musica e iniziative di intrattenimento. È comunque un intreccio di vite e di storie. Una simbolica è quella di Antonio Agus e Alberta Iai, 77 anni il primo e 85 la seconda, due coniugi di Villasalto, un piccolo paese che dista 30 km da Muravera. Quasi tutti i giorni, da un paio d’anni a questa parte, salgono in auto e affrontano un percorso fatto in buona parte di curve tra i monti. Lo fanno con il sorriso sul volto. Ne parliamo con Antonio, che incontriamo in compagnia della moglie all’inaugurazione in riva al mare.

«Mi creda, da quando ci è stata offerta questa opportunità, la qualità della nostra vita è cambiata notevolmente. In meglio», esordisce lui.

Antonio Agus e Alberta Iai alla spiaggia di San Giovanni

Villasalto non è esattamente dietro l’angolo…

«Vero, e noi non siamo più dei ragazzini. Ma affrontiamo volentieri il tragitto perché sappiamo che qui incontriamo tante persone con cui trascorriamo piacevoli pomeriggi. Negli anni scorsi, quando ci sono stati intoppi burocratici che hanno costretto alla sospensione di questi servizi, ne abbiamo sofferto. Non è tanto il poter uscire di casa, che è di per sé importante, quanto il poter socializzare. E farlo all’aria aperta. Mia moglie, oltre alle sedute di fisioterapia, una volta la settimana va dallo psicoterapeuta: lo specialista la aiuta di certo ma, da quando veniamo alla spiaggia di San Giovanni, è tutta un’altra storia. I benefici sono davvero evidenti. Qui abbiamo trovato una famiglia, una comunità che ha il piacere di incontrarsi, di parlare. A volte si attinge ai ricordi personali, in altre occasioni di fanno cose apparentemente banali che però, quando non ci sono, ci mancano. Condividiamo il poco che ciascuno di noi ha: c’è chi porta dei dolci sardi, chi la frutta raccolta nell’orto di casa… ed è sempre una festa.

È come se fosse un centro sociale a cielo aperto.

Diciamo così. Ognuno ha i suoi problemi ma, quando se ne parla con gli altri, diventano più facili da sopportare. Davvero, è meglio di una seduta di psicoterapia. E non finisce mica al termine della stagione balneare: durante l’anno, prima ancora che arrivi l’invito ufficiale per partecipare alle iniziative di Domu Mia, ci autoconvochiamo per partecipare.

Due anziani si cimentano al calciobalilla

Si è instaurato un bel clima di amicizia. Tante persone della penisola hanno preso la piacevole consuetudine di tornare qui ogni estate.

Si trovano bene, esattamente come noi. Con alcuni, su tutti il presidente di Domu Mia, Ninni Santus, ci conosciamo da una vita. È stato lui a coinvolgermi in questo progetto. E io ho cercato di ringraziarlo mettendo a loro disposizione una sedia job che consente alle persone con disabilità di fare il bagno al mare.

In spiaggia si intrecciano tante storie. Dicono che lei abbia un passato alle spalle che merita di essere raccontato, soprattutto ai più giovani.

Ho iniziato a lavorare a 15 anni, gli ultimi 20 li ho trascorsi nella miniera di Silius, nel sottosuolo. Era un sito di grande pregio, in quanto si estraeva fluorite di primissima qualità che veniva acquistata da imprese di tutto il mondo. Ho potuto andare in pensione abbastanza presto, non solo perché avevo maturato 35 anni di contributi ma anche perché il lavoro da minatore era molto usurante, dunque c’erano delle agevolazioni che credo non siano più previste, salvo per alcune categorie. Me la sono sudata, nessun regalo. Pur percependo una onesta somma, a volte non riesco ad arrivare a fine mese: sa, mia moglie sette anni fa ha avuto un brutto ictus e ora combatte le conseguenze di un caso di malasanità: accompagnata d’urgenza in ospedale, la lasciarono per quattro giorni in corsia prima di occuparsi di lei. Ora siede su una carrozzina e ha una parte del corpo paralizzata, dunque ha bisogno di aiuto costantemente. Per me è un bell’impegno.

Antonio Agus è uno dei due protagonisti di questa storia

La Regione Sardegna interviene, in casi del genere.

Mia moglie percepisce un’indennità di accompagnamento. Tuttavia, mettendo tutto insieme, le spese sanitarie a volte sono davvero troppe. Le visite mediche costano, e non sempre sono rimborsabili. Facciamo tanti sacrifici, come tutti: abbiamo due figli che, pur essendo ormai indipendenti, talvolta hanno bisogno di un aiuto. Ma non rinunciamo a venire in questa spiaggia: non è puro sfizio, come le ho detto prima.

Torniamo al passato. Il lavoro di minatore non era per tutti, ma di certo le nuove generazioni oggi non si presterebbero.

Guardi, in tutta sincerità, oggi non lo farei neppure io. Era puro sfruttamento, a vantaggio dei titolari delle concessioni minerarie. Approfittavano della fame di tante persone, della loro necessità di avere il sostentamento per vivere. Ma quella non era vita: troppi rischi e condizioni sanitarie estremamente precarie.

Lei è stato sindacalista per la Cgil territoriale.

No, ho fatto sindacato, che è una cosa diversa. Per me il sindacalista è colui che, più che pensare agli interessi dei lavoratori, prepara la strada per la propria carriera. Insomma, guarda maggiormente al proprio tornaconto. Chi fa sindacato, come l’ho fatto io, acquisisce competenze e poi lavora per difendere i diritti della collettività. E non si lascia tentare da niente e da nessuno. Non voglio far polemica ma, se oggi i sindacati attraversano un brutto momento, è dovuto anche a un modo errato di operare da parte di tanti.

Una persona con disabilità alla spiaggia di San Giovanni (Muravera)

È cambiato il mondo. Anche la politica non se la passa bene.

È naturale. C’è troppa distanza rispetto ai comuni cittadini, a chi deve lottare ogni giorno per portare il pane a casa. Io, che sono stato sempre iscritto al Partito comunista, oggi non riesco a identificarmi in nessuna forza politica. Ai miei tempi c’era un certo Enrico Berlinguer, che incarnava gli ideali di milioni di persone. E la base rispondeva sempre alla chiamata perché veniva informata, coinvolta, seguita. Oggi nessun partito fa scuola politica, nessuno cura le sezioni come avveniva un tempo. E non parlo soltanto dell’allora Pci: dalla Dc al Psi, dai repubblicani ai liberali, tutti facevano un certo tipo di attività che poi portava a una differente partecipazione nella società di allora. Invece ora, e da troppo tempo, siamo costretti a turarci il naso per andare a votare o per esprimerci ai referendum.

Ha risposto presente all’ultima chiamata referendaria?

Sì. Ma, mi creda, mi è costata tanta fatica. Perché alcune problematiche sono state originate anche dalla cecità di una parte di coloro che promuovevano i referendum. Oggi sono poco credibili. Penso che stavolta ci abbiano sbattuto bene il muso.

Insomma, è disincantato.

Totalmente. Sono un comunista vecchio.

O un vecchio comunista?

(sorride) Questo non l’ho ancora capito neppure io… Ogni tanto ci rifletto, sa? Qualcuno mi ha detto che un tempo tantissima gente si professava comunista perché c’era tanta povertà. Beh, se la gente per tanto tempo ha seguito il Pci, significa che vi era del buono. La classe dirigente era mediamente credibile. E questo, lo devo dire in tutta onestà, valeva un po’ per tutti i partiti. Non mancavano i furbi neppure allora, ma c’era un’attenzione maggiore per i cittadini e per il bene comune. Vorrei capire che cosa ci sia di buono nel sistema capitalistico, ancora non l’ho compreso.

Da qualche anno sono in aumento le nuove povertà.

Credo che a volte si abusi di questo termine. Trovo assurdo farsi travolgere dal consumismo, si finisce con il rincorrere anche ciò che non ci serve. Molte persone si indebitano pur di avere il superfluo, non riescono a rinunciare a niente. Ecco, questa non è nuova povertà: è un suicidio irrazionale. Manca la coerenza. Diverso è per coloro che perdono il posto di lavoro e non riescono a entrare di nuovo nel mercato, magari a causa dell’età.

Parlare di comunismo oggi è azzardato. E parlare di sinistra?

In Italia non vedo nessuno, al momento, in grado di portare avanti un progetto di sinistra, per come la intendo io.

Però si può fare politica anche in altre forme. Per esempio, con il volontariato.

Sì, a patto che si faccia volontariato puro. Io l’ho fatto per 30 anni, con l’Avis di Perfugas e con un’associazione di protezione civile, per la quale ho lavorato anche con le ambulanze. Grazie alle donazioni, non avevamo problemi per l’acquisto di mezzi, attrezzature e carburante. Ma nessuno si metteva in tasca una lira. Oggi, soprattutto in quel settore, vedo circolare troppi soldi. E questo alimenta gli interessi particolari. Quando io e i miei colleghi ci siamo recati in soccorso delle popolazioni in occasione del terremoto in Abruzzo, siamo andati ben oltre i nostri compiti istituzionali: non perché fossimo degli eroi, ma soltanto perché intendiamo il ruolo del volontario in quel modo. E la gente ha capito e apprezzato. Quando siamo dovuti ripartire, erano veramente dispiaciuti perché avevamo trasmesso vicinanza e umanità.

Non solo mare: in spiaggia non mancano i momenti di convivialità

Le è stato mai proposto di fare volontariato con Domu Mia?

Sì, e vorrei fare qualcosa con loro. Ma non è semplice, seguire mia moglie è impegnativo e richiede la massima attenzione. A volte mancano proprio le energie mentali. Ma mi sono proposto di dare una mano almeno un giorno la settimana.

Domu Mia sta attraendo molti giovani. È un fatto positivo e beneaugurante.

Io ho fiducia nei giovani. La verità è che mancano i buoni esempi degli adulti. Soprattutto la mia generazione, ha tante responsabilità da questo punto di vista: i vecchi ci hanno trasmesso tanti valori e dei buoni modelli da seguire, ma non abbiamo saputo fare altrettanto con i nostri figli e nipoti. Le sezioni di partito, come gli oratori, erano un punto di riferimento per tanti ragazzi. Oggi chi ha preso il loro posto?

Il calciobalilla non è solo un affare per adulti…

Lei dev’essere stato scomodo, nel sindacato e nel partito…

Diciamo che sono un cane sciolto. Ma non ho mai fatto polemiche per il gusto di farlo. Ho sempre creduto in certi valori, in particolar modo nell’onestà intellettuale, tanto che mi è capitato di riconoscere più volte i meriti degli avversari politici. E non mi è costata fatica. Da rappresentante di lista alle elezioni, fui rimproverato per aver considerato valido il voto per un partito diverso dal mio. Risposi che il voto va conquistato, non rubato. Molti non compresero. Oggi vedo tante sterili contrapposizioni che spesso fanno parte di un copione da recitare. Ma se la gente non vede la coerenza tra ciò che dici e ciò che fai, ti abbandona. Il compromesso si può anche fare, talvolta, ma non dev’essere mai compromettente.

L’unico compromesso che avrebbe potuto dare una svolta al Paese era quello storico?

Se non avessero rapito e ucciso Aldo Moro, credo che avrebbe potuto fare grandi cose insieme a Enrico Berlinguer. Ma è andata come sappiamo. Questo è uno dei miei grandi crucci.

Ora godetevi il sole, il mare e soprattutto questa compagnia.

Vedere il sorriso sul volto di mia moglie, è qualcosa che mi ripaga di tanti dispiaceri.

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