Non profit
Volo Air France 447. Storia di un disastro evitabile
In una raccomandazione del 1999 una chiave che spiega l'incidente
di Redazione

La casa costruttrice aveva messo in guardia dai rischi
di malfunzionamento della famigerata sonda Pitot. Un pilota spiega chi prese quell’avvertimento sottogamba… Gli ultimi accertamenti fatti sui corpi ritrovati del tragico volo Air France 447 sembrano confermare l’ipotesi che l’aereo si è drammaticamente spezzato in volo.
Nessuna esplosione, nessun terrorista.
Anche se quando si parla di incidenti aeronautici è opportuno evitare affrettate ricostruzioni basate su informazioni parziali e da verificare, si sta facendo sempre più veritiera l’ipotesi di un guasto meccanico.
La concitata sequenza dei 24 messaggi acars (Aircraft communications addressing & reporting system), ovvero il sistema di comunicazione tra l’aeromobile e la compagnia emessi dall’Airbus 330 dell’Air France prima che si perdessero le sue tracce, evidenziano una serie di avarie tecnicamente “compromettenti”: sganciamento autopilota ed automanetta, degrado dei comandi di volo, indicazione di depressurizzazione, perdita di alcuni strumenti primari e secondari, perdita dell’orizzonte di volo stand by.
Tutto questo è inappellabile. Ciò che non è ancora stato chiarito con precisione è che cosa abbia provocato tutte queste avarie. Che incidenza ha avuto sull’incidente il probabile malfunzionamento delle famigerate sonde (Pitot probes tipo Thales std-AA) montate sull’Airbus 330?
Un bollettino tecnico del 1999 (in gergo aeronautico: Operational bulletin) inviato dalla casa costruttrice Airbus alle varie compagnie aeree che utilizzavano aeromobili della famiglia Airbus, ipotizzava il possibile malfunzionamento di queste sonde. Stranamente nel bollettino si parlava di un possibile ghiacciamento dei Pitot, in special modo nella zona del fronte intertropicale (ICTZ), ovvero proprio dove si è verificato l’incidente.
Le conseguenze previste dal malfunzionamento erano il distacco dell’autopilota, dell’automanetta ed il progressivo degrado dei comandi di volo legato a problemi tecnici di natura elettrica .
Dai tracciati del satellite è stato altresì evidenziato che l’aeromobile prima di “sparire” ha attraversato una grossa cellula temporalesca (CB), tipica delle zone equatoriali, che i piloti, grazie alle cartine significative del tempo esaminate a terra prima di partire ed all’ausilio del radar meteorologico di bordo, normalmente evitano in volo.
Ma come sono finiti nella cellula temporalesca? Le avarie multiple collegate anche al malfunzionamento delle sonde hanno compromesso la manovrabilità dell’aereo rendendo inevitabile l’ingresso nell’area temporalesca?
Al di là delle supposizioni, anche se forse abbastanza plausibili, rimane da chiarire ed approfondire il comportamento della casa costruttrice.
Airbus si è limitata ad inviare ai vari operatori (compagnie aeree) un bollettino tecnico che i piloti avrebbero dovuto applicare qualora si fossero verificate quelle anomalie, non prendendo in considerazione l’ipotesi di sostituire le stesse.
Il bollettino si limitava ad indicare ai piloti di leggere una procedura abbastanza inusuale e particolare, riportata nei manuali di volo.
Risulta un po’ difficile credere che in quell'”inferno” la soluzione più logica potesse essere quella di “leggere un libro”.
In effetti un’altra soluzione esisteva: sostituire la parte difettosa nel momento in cui si è palesato il difetto. Si può immaginare che sostituire tre sonde per aeromobile per tutti e 800 gli aeromobili Airbus in circolazione avrebbe avuto costi altissimi. È stato più semplice, e sicuramente meno costoso, attuare il giochino dello scarica barile sui piloti e obbligarli a leggere una procedura su di un libro (check list), in una situazione di turbolenza talmente forte dove, quasi sempre, i piloti non riescono neanche a vedere i grandi schermi LCD che equipaggiano gli aeromobili Airbus.
La responsabilità più grave non è però forse di Airbus che, essendo un’azienda privata, deve anche badare alla logica dei profitti e contenere i costi.
L’Easa – Agenzia europea di sicurezza del volo avrebbe dovuto vigilare sugli aspetti riguardanti la sicurezza delle operazioni aeree, incluso parti recanti difetti di fabbricazione. L’Easa avrebbe dovuto emettere una «Prescrizione di aeronavigabilità», imponendo ad Airbus di sostituire i componenti incriminati, i tubi dei Pitot. Questo non è mai avvenuto.
L’Agenzia europea, invece, ad incidente avvenuto, costato 228 vite umane, avendo subito capito le possibili cause dell’incidente, si è subito affrettata a raccomandare, alle compagnie che utilizzavano aeromobili Airbus, che i propri piloti imparassero quella procedura, rara e particolare, praticamente a memoria.
Il pilota si conferma ancora una volta l’ultima barriera tra un evento anomalo e un incidente, ma deve anche essere messo in condizione di essere una barriera efficace.
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