Il rapporto Istat
Volontari in calo, ma sempre più impegnati
L'indagine misura i mutamenti avvenuti fra il 2013 e il 2023. Il calo maggiore fra i volontari inseriti nelle associazioni rispetto a chi lo fa in modo non organizzato. D'altra parte parte chi si attiva lo fa in modo sempre più intenso. Tutti i dati

Meno volontari che si impegnano nelle associazioni o che agiscono individualmente ma più persone che coniugano i due tipi di attività solidale. Meno giovani, meno sport e religione, meno ore dedicate alla collettività. Ruoli più qualificati e più attività ricreative e culturali. È una fotografia con conferme e non poche novità quella scatta dall’Istat nel report Il volontariato in Italia che mette a confronto l’immagine scattata nel 2013 con la realtà emersa dall’Indagine multiscopo sull’uso del tempo del 2023. Dieci segnati da cambiamenti importanti e, in particolare, dalla pandemia. L’edizione del 2023 si arricchisce infatti con le informazioni sul volontariato non organizzato e sulle trasformazioni subite a seguito della crisi sanitaria da Covid-19.
Sono circa 4,7 milioni (il 9,1% della popolazione di 15 anni e più) le persone che nel 2023 hanno svolto attività di volontariato sotto forma di impegno organizzato o aiuto diretto nelle quattro settimane precedenti l’intervista. Un dato in calo di 3,6 punti percentuali rispetto al 2013 quando rappresentavano il 12,7%. In particolare, il volontariato organizzato svolto attraverso le associazioni coinvolge il 6,2% della popolazione (3,2 milioni di persone) contro il 7,9% del 2013 mentre quello non organizzato, che consiste in aiuti diretti offerti a persone esterne alla propria famiglia, alla comunità o all’ambiente, riguarda il 4,9% (2,5 milioni di persone). Anche in questo caso di registra una diminuzione: meno 0,9% rispetto a un decennio fa quando la quota era a 5,8%. Una tendenza confermata dalle modalità di partecipazione negli ultimi 10 anni. Tra i volontari, gli attivi solo in forma organizzata scendono dal 54,3% al 46,1% così come passa dal 37,6% al 32,2% chi offre solo aiuti diretti. La novità è rappresentata dall’aumento marcato della partecipazione ibrida. L’impegno sia organizzato che individuale sale di 13,6 punti percentuali dall’8,1% al 21,7%.
Significativo il divario territoriale: nel Nord l’8,2% partecipa alle attività promosse dalle compagini organizzate e il 6% offre aiuti diretti, percentuali che scendono al Centro (5,8% e 4,9%) e al Mezzogiorno (3,6% e 3,4%). Quanto alla suddivisione fra uomini e donne nel 2023 hanno svolto attività di volontariato con frequenze simili: il 6,6% degli uomini e il 5,8% delle donne è coinvolto in attività organizzate mentre negli aiuti diretti le percentuali si invertono (4,8% i primi, 5,1% le seconde). Rispetto al 2013, la diminuzione è maggiore tra gli uomini che tra le donne: nel volontariato organizzato i primi scendono dall’8,9% al 6,6% e le seconde dal 7,0% al 5,8%. La flessione è maggiore tra gli uomini (dal 5,7% al 4,8%) rispetto alle donne (dal 5,9% al 5,1%) anche nell’aiuto diretto.
Il volontariato si conferma più diffuso tra i laureati
L’indagine Istat conferma il solido legame tra partecipazione al volontariato e livello di istruzione. Chi ha un titolo di studio più elevato è più frequentemente coinvolto sia nel volontariato organizzato sia nell’aiuto diretto. La percentuale tra i laureati raggiunge il 10,3% nel caso del volontariato organizzato contro il 7,9% dell’aiuto diretto. Soglie che si abbassano quando si prendono in considerazione i titoli di studi più bassi. I diplomati di scuola superiore si fermano rispettivamente al 6,6% e al 5,1%. Il calo rispetto a un decennio prima è più marcato tra diplomati e laureati. I diplomati registrano la flessione più importante nella partecipazione organizzata dal 10,0% al 6,6% ma scendono in modo significativo anche negli aiuti diretti (dal 6,4% al 5,1%). I laureati vedono una riduzione del volontariato organizzato dal 13,6% al 10,3% e di quello diretto dal 10,9% al 7,9%. Le variazioni sono più limitate tra le persone con titoli di studio più bassi come ad esempio i giovani ancora in formazione e gli anziani con basso livello di istruzione.
La partecipazione tiene tra chi ha i capelli grigi. Cala tra i giovani
Nel 2023 il volontariato continua a essere una pratica diffusa soprattutto nella popolazione adulta. Le percentuali più alte riguardano le persone di 45-64 anni (7,2% per l’organizzato e 5,9% per il diretto) e le persone di 65 anni e più (6,2% e 5,5%). Quanto ai giovani fra 15 e 24 anni preferiscono le forme organizzate (5,3%) rispetto all’aiuto diretto (2,9%), mentre tra le persone di 25-44 anni le due modalità si equivalgono (4,8% e 4,9%). Il raffronto tra 2013 e 2023 purtroppo evidenzia la riduzione della partecipazione soprattutto fra le generazioni più giovani. I 25-44enni segnano la flessione più pesante in tutte e due le forme di volontariato: -2,7 punti percentuali nel volontariato organizzato e -1,4 punti percentuali negli aiuti diretti. Stessa musica tra i più giovani (15-24 anni). Netto il calo: -2,2 punti nell’organizzato e -0,7%. nel diretto. Dinamiche che trovano conferma anche dall’analisi della condizione occupazionale.
L’impatto della pandemia sul volontariato: cresce l’aiuto diretto
Solo il 2,6% delle persone che ha dichiarato di essere volontaria nelle 4 settimane precedenti l’intervista ha iniziato l’attività benefica durante l’emergenza, mentre il 26,4%, pur cominciando dopo il 2020, lo ha fatto per altre ragioni. Il 71,1% (3,3 milioni di persone) era già attivo nel volontariato prima del Covid-19, a conferma della forte continuità nell’impegno. Tra questi, circa la metà (50,9%) non ha cambiato le caratteristiche della propria pratica, il 37,7% ha variato il tempo dedicato, l’8,1% ha avuto un impegno più intermittente e il 7% ha avviato attività da remoto.
Ma chi è che si è impegnato in modo estemporaneo durante l’emergenza? Gli studenti, i residenti nei piccoli comuni e quelli nel Nord-ovest, l’area più colpita nella prima ondata, soprattutto con attività organizzate. L’Istat ha fotografato anche l’effetto sul tempo dedicato. Tra i volontari attivi prima della pandemia che affermano di aver modificato il tempo dedicato, nel 2023 prevale una tendenza all’aumento della partecipazione. Sia nel volontariato organizzato, diretto e misto, la percentuale di chi ha intensificato l’impegno supera quella di chi lo ha ridotto. Il dato più marcato riguarda gli aiuti diretti: il 58,6% ha aumentato il tempo, contro il 41,4% che lo ha diminuito.
Si riducono le ore effettive soprattutto per il volontariato individuale
Nel 2023 l’impegno medio di ciascun volontario è di 18 ore nell’arco di quattro settimane. La durata media delle attività varia tuttavia in modo sensibile in base alla tipologia: se le attività organizzate arrivano a una media di 17 ore e 48 minuti, quelle non organizzate si fermano a 11 ore.
Rispetto al 2013, il tempo medio complessivo di tutti i volontari diminuisce lievemente passando da 19 a 18 ore mensili. Una flessione che è più pesante nelle attività non organizzate (da 16 a 11 ore), mentre si mantiene stabile in quelle organizzate dove si riduce di poco da 18 ore e 42 minuti a 17 ore e 48 minuti. Come spiegare questo diverso andamento tra volontariato organizzato e non organizzato? Secondo i ricercatori dell’Istat «si deve al fatto che il primo richiede comunque un impegno costante, data la sua forma più strutturata, mentre il secondo fotografa un netto cambiamento sociale nei 10 anni in esame, lasciando presumere come nella vita quotidiana di oggi l’aiuto diretto rappresenti una pratica più occasionale e meno impegnativa». Un dato in controtendenza per i più giovani: sebbene tra gli studenti emerga un calo dei volontari in termini assoluti, tra chi partecipa si osserva tuttavia un aumento dell’intensità. Il numero medio di ore è superiore infatti rispetto al passato.
Ruoli più qualificati e nuovi equilibri tra attività organizzate e aiuti diretti
L’Istat ha equiparato le attività svolte dai volontari nel 2023 alle professioni presenti nel mondo del lavoro. La ricerca, spiegano gli autori, restituisce un settore in evoluzione segnato «da un parziale riequilibrio tra attività specializzate e forme di aiuto più semplici, con segnali di cambiamento più netti nel volontariato non organizzato». Il 5,1% dei volontari organizzati ricopre ruoli dirigenziali, come responsabili di organizzazioni o membri di organi direttivi. Emergono significative differenze di genere: tra gli uomini ricopre il ruolo di dirigente il 6,6% contro il 3,5% tra le donne. Il numero di uomini su 100 dirigenti volontari si riduce però a 67 rispetto a 73 del 2013. Nel confronto col decennio precedente si osservano inoltre cambiamenti rilevanti soprattutto tra i volontari non organizzati. Le quote delle persone impegnate in attività qualificate nei servizi si dimezzano (da 44,3% a 23,3%), mentre crescono quelle che svolgono attività tecniche (da 16,1% a 27,3%) e non qualificate (da 16,1% a 26,1%).
Meno sport e religione, più attività ricreative, culturali e assistenziali
L’arcipelago del volontariato organizzato ha vissuto importanti cambiamenti nell’ultimo decennio accelerati anche dall’esperienza della pandemia. Rispetto al 2013 si delinea una trasformazione dell’impegno: la partecipazione è più orientata alla relazione diretta con le persone, al benessere sociale e alla cura del territorio. Crescono infatti soprattutto i volontari che operano negli ambiti legati al tempo libero e al sostegno diretto alle persone: +6,4 punti percentuali nel settore delle attività culturali e ricreative, +7,7% per l’assistenza sociale e la protezione civile, +1,7% per l’ambiente. Calano invece i volontari nelle attività religiose (-5,8%), nello sport (-1,9%) e nella sanità (-1,3%). L’Istat spiega il cambiamento con «la crescente professionalizzazione di alcuni servizi: molte organizzazioni affidano oggi compiti delicati a personale retribuito per garantire una presa in carico più stabile e continua». Evolve anche la forma delle organizzazioni in cui si svolgono le attività di volontariato: quasi la metà dei volontari organizzati (44,8%) opera in Organizzazioni di volontariato-Odv o Associazioni di promozione sociale-Aps con un incremento di 3,4 punti percentuali sul 2013 (41,4%).
L’impegno non organizzato: più sostegno della collettività e meno aiuto al vicino
Si registrano cambiamenti significativi nei destinatari dell’aiuto diretto tra il 2013 e il 2023. La quota di aiuti rivolti ad amici, vicini e conoscenti, pur restando la categoria prevalente, diminuisce sensibilmente passa dal 66,8% al 56,7%. Si assottiglia anche il sostegno a persone sconosciute fino all’inizio della relazione di aiuto (dal 14,6% al 9,7%). Sale, al contrario, la quota di aiuti indirizzati alla collettività, all’ambiente e al territorio, che raddoppia dal 16,6% al 31,3%. «Questo dato suggerisce un cambiamento nei modelli di partecipazione e solidarietà: sempre più persone sembrano orientare il proprio impegno verso cause collettive, ambientali o civiche, piuttosto che verso relazioni interpersonali dirette», osserva l’indagine. Ma cosa spinge a fornire aiuti diretti senza la mediazione di un gruppo organizzato? Nel 2023 oltre la metà (54,4%) dichiara che non è necessario un gruppo organizzato per il tipo di attività svolta. L’analisi per caratteristiche socio-demografiche rivela che la preferenza per l’autonomia è particolarmente diffusa tra le persone di 65-74 anni (20,0%), tra i laureati (15,0%) e tra chi vive nei piccoli comuni fino a 2mila abitanti (20,0%).
L’analisi di CSVnet
«Il volontariato in Italia sta cambiando: reagisce alle crisi e ne è anche colpito, ma mantiene il suo ruolo centrale per la tenuta delle comunità. Sono un milione i volontari che si impegnano sia con organizzazioni strutturate sia in modo diretto, questo dimostra come le forme stanno cambiando e si alimentano, diffondendo la cultura della partecipazione». Chiara Tommasini, presidente di CSVnet, l’associazione nazionale che riunisce i 49 Centri di servizio per il volontariato, commenta i dati diffusi oggi da Istat. La prima edizione era stata condotta 10 anni prima.
«Dai dati – aggiunge Tommasini – emerge un certo calo, quantificato nel 3,6% del numero complessivo di coloro che fanno volontariato. Una diminuzione che era già stata confermata da altre indagini sul volontariato, frutto anche delle crisi sociali vissute dal nostro Paese nell’ultimo decennio e degli effetti della pandemia. Ma il numero di volontari complessivi fotografato dall’indagine è di 4,7 milioni, sono un pilastro fondamentale in ogni territorio. Questi dati confermano le tendenze che i Centri di servizio per il volontariato osservano nel Paese. Cambiano le forme di impegno che vivono una continua evoluzione, ma la voglia di partecipare si mantiene alta e va incoraggiata e alimentata in modo corretto».
Foto archivio VITA: volontari della Caritas Ambrosiana
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.