Non profit

Volontariato al plurale purché non sia di Stato

di Redazione

Caro Bonacina, voglio intervenire riguardo al quesito posto nel suo blog: «Vogliamo continuare a definire il volontariato per ciò che fa e perché lo fa “a gratis”, o possiamo cominciare a riflettere su ciò che il volontariato è, sulla sua identità?». Credo anch’io sia necessario interrogarsi sul significato delle parole e non penso si debba parlare di volontariato buono o volontariato cattivo, ma di azioni buone o cattive, di azione agite in modo volontario e gratuito che si collocano nell’ambito della partecipazione dei cittadini, e di azioni volontarie agite in un ambito strutturato e trattate economicamente, che pure hanno obiettivi di sviluppo e benessere collettivo.
Credo davvero sia necessario riflettere e/o rivedere il contenuto delle parole altrimenti rischiamo di parlare la stessa lingua e non comprenderci. Parlando quindi di volontari e di volontariato mi pongo una domanda, i militari che partono volontari per l’Afganistan, i volontari Onu, i volontari delle ong, i volontari delle Misericordie o delle Pubbliche Assistenze o delle Caritas parrocchiali sono volontari da identificare con lo stesso termine? Nel nostro Paese ci sono servizi che ormai si reggono esclusivamente o quasi sull’attività del volontariato, inteso come azioni gratuite, e di operatori che appartengono al mondo del non profit (emergenza sanitaria territoriale, Protezione civile, aree di povertà e/o di emarginazione), ci sono le associazioni di volontariato l. 266/91, altre di promozione sociale l. 383/2000, altre ancora cooperative sociali l. 381/91. È una situazione di grande confusione? voluta in osservanza al principio “dividi e impera”? La trasformazione che il mondo del terzo settore ha avuto, o meglio che in alcuni casi ha subìto, credo debba indurre ad una riflessione anche sul linguaggio usato per definire attività e aree di impegno delle persone e questo farebbe molto bene.
Il volontariato nasce spontaneamente dalla volontà delle persone che vivono in una comunità, dalla voglia di stare insieme per migliorare la vita delle comunità stesse e non dalla decisione di qualche politico. Ormai da qualche hanno si assiste ad una frenetica attività da parte degli enti locali nella ricerca dei volontari, per la sicurezza, per l’ambiente, per i servizi agli anziani, ecc… Laddove loro non arrivano, ecco un bando ad hoc per accattivarsi la parte “buona” della società e “adoperarla”. Il volontariato non organizzato o singolo è poi molto più fragile e in qualche modo anche “gestibile” da parte di soggetti istituzionali. Credo che nel Paese abbiamo già abbastanza volontariato di Stato senza aggiungerne altro.

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