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Solidarietà & Volontariato

Welfare, c’è chi taglia e c’è chi assiste

Viaggio nel non profit che si occupa di anziani, tossicodipendenti e disabili

di Michele Caropreso

I sindacati la vogliono separata dalla previdenza. Livia Turco, ministra della Solidarietà sociale, la vuole riformare con la prossima Finanziaria. E intanto in Parlamento, dopo venticinque anni, hanno deciso che è ora di gestirla in modo diverso. L?assistenza, insomma, è la star del momento. E tutti sono d?accordo su una cosa: nel Welfare del futuro a occuparsi di anziani, minori, tossicodipendenti e soggetti svantaggiati dovranno essere, sempre di più, gli enti non profit. Cooperative sociali, associazioni e altre organizzazioni del Terzo settore saranno chiamati a responsabilità sempre maggiori. Ma i soggetti senza fine di lucro che lavorano nel settore sono pronti per entrare in scena? Quanti sono, e cosa si aspettano dalle riforme in corso? Secondo l?ultimo rapporto Eurispes, gli enti non lucrativi che operano nel settore assistenziale sono quasi 6 mila, il diciotto per cento dell?intero pianeta non profit. La loro distribuzione sul territorio nazionale non è uniforme: si va dagli oltre 3 mila soggetti della Lombardia agli appena 43 della Basilicata. Il Nord, da solo, raccoglie più dei due terzi delle forze di tutto il Paese. La configurazione giuridica di questi enti è estremamente varia, tanto che è difficile individuare una tipologia comune. L?esempio del settore assistenza agli anziani in Lombardia parla chiaro: le strutture operative sono 430, di cui 240 sono Ipab (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), soggetti di natura ibrida tra pubblico e privato sociale, 3 sono Asl, 60 sono Comuni. Ci sono poi 82 strutture non profit a carattere religioso, 32 laiche e 12 cooperative sociali. Il Terzo settore in senso stretto, lasciando da parte le Ipab, mette quindi in campo 126 organizzazioni, in grado di assistere ogni anno più di 9 mila persone anziane parzialmente o totalmente non autosufficienti. Tre esempi per comprendere Ma i numeri non dicono tutto. Meglio andare a vedere come lavora chi fa assistenza non profit da anni, concentrandosi su tre importanti realtà del privato sociale impegnate nell?assistenza ai tossicodipendenti, agli handicappati gravi e agli anziani. Stefano Trasatti è il segretario esecutivo del Consorzio nazionale delle comunità di accoglienza, una delle più importanti organizzazioni impegnate nella lotta alla tossicodipendenza. Nato tra l?80 e l?82, il Cnca copre ormai con le sue strutture tutto il territorio nazionale. «Ci occupiamo di più di 20 mila persone l?anno con problemi di droga», racconta Trasatti, «e circa un terzo di loro viene ospitato in una delle nostre comunità terapeutiche. Gli altri vengono contattati dalle nostre unità di strada, oppure seguono programmi di reinserimento, magari dopo aver passato un periodo, che in media dura un anno e mezzo, in comunità». Le strutture residenziali per tossicodipendenti del Cnca sono più di 300, mentre i gruppi sono 140, 88 dei quali si occupa solo di tossicodipendenti. Il gruppo è una struttura complessa, generalmente con la forma giuridica dell?associazione riconosciuta, che può creare al suo interno altre organizzazioni. Trasatti e compagni possono contare su un ?esercito? di più di 8 mila unità, di cui circa la metà presta la propria opera a titolo esclusivamente volontario. Le attività vengono erogate in convenzione con il servizio sanitario nazionale, senza che quindi la persona assistita debba versare contributi ulteriori. «Ma non dimentichiamo i più gravi» «Le persone di cui ci occupiamo hanno due problemi: il primo è che sono affetti da più forme di handicap insieme. La seconda è che sono una minoranza, e quindi rischiano di essere lasciati nel dimenticatoio». Chi parla è Rossano Bartoli, segretario generale della Lega del Filo d?Oro, l?associazione che dal ?64 si occupa di handicappati gravi, e in particolare di sordo-ciechi e plurimenomati psicosensooriali, una patologia che in Italia colpisce qualche decina di migliaia di persone. Si tratta di una struttura di dimensioni contenute, il cui fulcro sta nel Centro convenzionato di Osimo, in provincia di Ancona. Cinquantasei i posti disponibili per il ricovero vero e proprio, mentre in day hospital possono essere seguite fino a 15 pazienti. Ogni anno, a Osimo, si prendono cura di circa 230 casi. Assistere un sordo-cieco costa in media 290 mila lire al giorno, un costo che i fondi pubblici coprono solo al 60 per cento. Al resto deve pensare la Lega, con i contributi dei sostenitori e le iniziative di ?fund raising?. Ogni degente richiede la forza lavoro di due dipendenti e mezzo. «Una cosa deve essere chiara», prosegue Bartoli, «riformare lo Stato sociale non può significare abbandonare gli handicappati gravi solo perché sono pochi e costano molto». Col non profit servizio di qualità A Bologna, una ricerca ha dimostrato che con il coinvolgimento del volontariato, il servizio di assistenza domiciliare per anziani, a parità di costi, è migliorato, in termini qualitativi e di bacino d?utenza, di oltre il 20 per cento. E l?Auser Filo d?argento, l?associazione nata sei anni fa dal sindacato pensionati della Cgil, che oggi può contare su più di 100 sedi in tutta Italia, punta forte proprio sull?assistenza domiciliare integrata, con i volontari che affiancano medici e operatori delle Aziende sanitarie locali. «Per le persone anziane non basta l?assistenza sanitaria», sostiene il vice presidente nazionale Antonio Mazzetti, «spesso hanno bisogno di compagnia, di un aiuto nelle cose quotidiane. E in questo campo noi e le altre associazioni possiamo fare molto. Certo è importante che lo Stato ci venga incontro, favorendo l?ospedalizzazione domiciliare, e rafforzando i servizi sociali in tutte quelle regioni, principalmente al Sud, dove l?idea di poter assistere un anziano a casa sua rappresenta un autentico miraggio». Assistenza & previdenza Distinguere. Ma prima spiegare Gli incontri tecnici di questi giorni tra governo e sindacati sono serviti a separare l?assistenza dalla previdenza. In pratica, l?accordo di massima raggiunto da Cgil, Cisl e Uil e dal sottosegretario al Tesoro Laura Pennacchi porterà a spostare alcune voci di spesa dal bilancio dell?Inps al bilancio generale dello Stato. Il che vuol dire che, invece che con i contributi versati da lavoratori e datori di lavoro, queste spese saranno coperte con soldi pubblici derivanti dal comune prelievo fiscale. Ed è in effetti questo il criterio che distingue le due voci. È assistenziale ogni prestazione che viene erogata a favore dei non abbienti e che non è coperta dal versamento di appositi contributi: assegno di accompagno, pensioni di invalidità civile, assistenza domiciliare, sussidi per la povertà, asili nido. Rientrano invece nella voce previdenza tutte quelle prestazioni, le pensioni innanzitutto, per le quali i lavoratori versano quote agli enti preposti (come l?Inps). La qualificazione sotto l?una o l?altra voce non è sempre agevole: la pensione di reversibilità, che si paga al coniuge superstite del lavoratore defunto, è assistenza o previdenza? Per questo la legge 88 dell?87 ha istituito presso l?Inps la ?Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali?, finanziata dallo Stato. Vi rientrano prestazioni svariate, come per esempio alcune pensioni sociali e gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati. Tale legge, peraltro, non è ancora stata completamente applicata.


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