Diritto alla salute
Zamagni: «La sanità ha bisogno di un pensiero pensante»
Come insegna l'umanizzazione della medicina, ci vuole un nuovo paradigma che non guardi solo alla malattia ma alla persona nel suo complesso, con il suo dolore e la sua sofferenza, e vada verso una convergenza di cura e prendersi cura. Ne abbiamo parlato con Stefano Zamagni, economista dell'Università di Bologna

«La trasformazione che ci aspetta? Non è affatto un’accelerazione in cui si mantenga invariata la direzione di marcia. Serve cambiare sentiero. Ci troviamo, infatti, di fronte a un bivio e dobbiamo attrezzarci per ragionare e capire che il nostro modello di sanità è ormai obsoleto e superato perché è un modello per il quale non esiste il malato ma la malattia, cui attualmente vanno tutte le attenzioni». Stefano Zamagni, professore emerito di economia politica dell’Università di Bologna ed esperto del mondo dell’economia civile e del non profit, è intervenuto a una giornata di studio e riflessione sul concetto di tempo in cure palliative pediatriche, organizzata a Milano da Vidas in occasione della quarta edizione del Giro d’Italia delle Cure palliative pediatriche.
Nel richiamarsi alla medicina umanistica, conosciuta anche come umanizzazione della medicina, Zamagni sottolinea che «esiste una persona, un ammalato, che è portatrice di malattia. Dal punto di vista pratico, le implicazioni di questa prospettiva sono chiare e concrete: nel modello attuale, che vede la malattia, mi limito alla cura, nel secondo caso devo prendermi cura dell’altro. Il prendersi cura introduce un’altra categoria, che non è quella del dolore ma della sofferenza, legata alla situazione di abbandono avvertita da chi si trova a vivere una certa condizione. Dopotutto, se ci pensiamo bene, oggi esiste il diritto alla cura e non all’essere presi in cura».
Se ci pensiamo bene, oggi esiste il diritto alla cura e non all’essere presi in cura
Stefano Zamagni
L’urgenza di questo cambio di paradigma e della necessità di un serio progetto ragionato emerge anche dal volume fresco di stampa Pensare la sanità. Terapie per la sanità malata, curato da Zamagni insieme a Luca Antonini, professore ordinario in diritto costituzionale dell’Università di Padova e giudice della Corte costituzionale, di cui è attualmente vicepresidente. Così come la nascita del sistema sanitario nazionale con il suo universalismo, che ha spazzato via l’ingiusto sistema delle mutue, è frutto di un pensiero forte e chiaro, in particolare della ministra Tina Anselmi, così un’analoga spinta servirebbe in un momento altrettanto difficile come quello attuale, eredità di anni di tagli ininterrotti alla sanità, «silenzioso processo di smantellamento». Cosa occorre oggi? Continua Zamagni: «Per troppo tempo, in Italia, siamo andati avanti con la logica del cambiamento e “del fare” e vediamo i risultati. Perché non si è pensato abbastanza forte. Serve un pensiero pensante».
Qui, entra in gioco su più fronti il ruolo del volontariato. Da un lato, ritornando alla differenza tra dolore e sofferenza, riflette Zamagni, «nei confronti del dolore abbiamo la medicina palliativa e la terapia antalgica, mentre non c’è medicinale o medicamento che possa alleviare la sofferenza, che si allenta con la compagnia, con l’esserci, con la relazione. Quindi, capite l’importanza del mondo del volontariato in senso ampio, che è fondamentale se vogliamo andare nella direzione della medicina umanistica e, quindi, di una convergenza tra la cura e il prendersi cura. I volontari sono generosi, hanno un cuore grande, nonostante siano stati trattati come la ruota di scorta poiché i volontari non si fanno pagare e sono quindi buoni per risparmiare sui conti. Guardando alla motivazione umana, si agisce per perseguire degli interessi, per adempiere ai propri doveri o per amore. I volontari sono mossi dall’amore».
I volontari non possono accontentarsi solo della co-progettazione, ma devono entrare nella cabina di regia assieme agli altri, devono poter esprimersi, sulla base di quello che già fanno, sia sull’organizzazione dei servizi sia sull’indicazione delle priorità e degli obiettivi specifici
Stefano Zamagni
Dall’altro, il Terzo settore è chiamato a costruire. «Se decidiamo di andare nella direzione della medicina umanistica, allora coloro i quali si dedicano al prendersi cura devono intervenire nel momento della cosiddetta co-programmazione e co-progettazione, come stabilisce la sentenza 131 della Corte Costituzionale del 26 giugno 2020. I volontari non possono accontentarsi solo della co-progettazione, ma devono entrare nella cabina di regia assieme agli altri, devono poter esprimersi, proprio sulla base di quello che già fanno, sia sull’organizzazione dei servizi sia sull’indicazione delle priorità e degli obiettivi specifici». Infine, conclude Zamagni, è necessario «rivedere quegli articoli del codice del terzo settore che specificamente riguardano le associazioni di volontariato, cui oggi si impongono regole di tipo fiscale amministrativo che sono troppo pesanti, buone per chi produce beni e merci».
Foto di Rémi Walle Su Unsplash
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