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La virtuosa normalità delle famiglie di Triuggio che invitano a cena richiedenti asilo

Il piccolo Comune nel cuore della Brianza ospita oggi 47 persone fuggite da Pakistan, Bangladesh, Iraq, Mali e altri Stati africani. Di fronte a cronache di diffidenza e atti ostili, uno dei tanti - molto meno chiassiosi - esempi positivi. "Nessuna eccezionalità, fin dall'inizio la conoscenza diretta ha permesso di superare ogni difficoltà. E l'apporto del Tavolo locale di volontariato sociale è risultato fondamentale", spiega l'assessore alle Politiche sociali, la 32enne Chiara Borgonovo

di Daniele Biella

In 17 case di Triuggio, 8mila anime in provincia di Monza e Brianza, è quasi tutto pronto per la cena speciale di sabato sera: l’invitato che non t’aspetti è una persona arrivata in Italia dopo esser fuggita dal proprio Paese che ora sta aspettando di sapere se potrà rimanere regolarmente o meno sul territorio nazionale. Un richiedente asilo, insomma, una figura di cui fino a pochi anni fa quasi nessuno parlava ma che oggi è spesso in primo piano nei discorsi delle persone al bar come nei servizi d’apertura dei telegiornali.

Nella cittadina brianzola sono attualmente 47 le persone ospitate – 41 presenti da vari mesi, 6 arrivati negli ultimi giorni quasi direttamente dallo sbarco in Sicilia – nel caso specifico maschi provenienti da Bangladesh, Pakistan, Iraq, Mali e altri Stati dell’Africa subsahariana e di età compresa tra 18 e 35 anni. Per un gruppo di loro la sistemazione, da dicembre 2015, è la Villa del Sacro Cuore, di proprietà della Diocesi, affittata al consorzio gestore, Rti Bonvena, per altri man mano si sono aperte le porte di appartamenti in centro o nelle varie frazioni di Triuggio, sempre in affitto. “Nessun evento eclatante, la cena di sabato 14 maggio è un ulteriore passo che conferma quanto stia procedendo bene l’integrazione di questi ragazzi con la collettività: fin dall’arrivo dei primi quattro richiedenti asilo, nel luglio 2015, non ci sono mai stati problemi”, sottolinea l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Triuggio, Chiara Borgonovo, 32enne psicologa con all’attivo unanno di esperienza di servizio civile all’estero come Casco Bianco in Kosovo.

Nessuna critica, nessun segno di diffidenza o intolleranza da parte della popolazione locale, come avvenuto invece in vari altri Comuni, in particolare del Nord Italia? “No. Fin da subito il Tavolo del volontariato sociale locale, laico e religioso, si è attivato per garantire la massima collaborazione in ogni senso, e questo ha fatto sì che in breve tempo la conoscenza diretta dei nuovi arrivati rendesse infondata ogni possibile preoccupazione”, spiega Borgonovo. La stessa cena di sabato 14 è stata promossa dal Tavolo, di cui fanno parte Acli, Caritas, Aido, il Gruppo d’acquisto solidale cittadino, più la stessa Rti Bonvena. “L’invito che era previsto per un massimo di 20 famiglie ma rimane comunque aperto, se qualche famiglia volesse aggiungersi all’ultimo può mettersi in contatto con noi via e-mail”.

È virtuosa la pacatezza, o meglio la normalità con cui questa iniziativa – che segue altri momenti comuni, come l’aperitivo di presentazione dei richiedenti asilo alla comunità durante i mercatini di Natale, e le tante attività di volontariato condivise, l’ultima dei quali l’imbiancatura dei locali della Caritas – viene portata avanti: senza clamori, con un approccio pratico e solidale che può rappresentare una buona prassi da seguire, così come lo è, tra le altre, quella del vicino Comune di Agrate Brianza. “Se c’è la collaborazione di tutti, cittadinanza, operatori coinvolti, richiedenti asilo, si va avanti con forza e superando ogni difficoltà. Certo è che alla fine del percorso di richiesta d’asilo, una volta ottenuto lo status di rifugiato o meno, ogni singola situazione subirà un cambiamento”, indica Borgonovo, “ma se fin dall’inizio il percorso di accoglienza si basa su una buona qualità, la speranza è che si trovino strade significative per il futuro di queste persone”.


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